Giancarlo Giorgetti è in piena attività in questo ultimo scampolo di 2020. L’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Conte I e responsabile delle relazioni internazionali della Lega si sta muovendo per tessere le fila delle future strategie europee ed internazionali del Carroccio.
Finita l’esperienza di governo con il Movimento Cinque Stelle, passata l’euforia per il trionfo elettorale alle Europee 2019 e attestatasi in Europa una situazione politica consolidatasi sull’asse di governo tra popolari e socialisti esteso a verdi e liberali, la Lega all’opposizione a Roma e relegata ai margini in Europa nel contesto del gruppo Identità e Democrazia ha iniziato una lunga “traversata del deserto” che l’ampliamento forzoso del periodo di esclusione dall’esecutivo legato all’emergenza pandemica ha reso ancora più complessa. A complicare ulteriormente le cose è sopraggiunta la sconfitta elettorale di Donald Trump, che ha privato il segretario leghista Matteo Salvini del suo maggiore punto di riferimento internazionale. Ma il Carroccio resta comunque il partito forte del primato nei sondaggi elettorali in Italia, la prima formazione della coalizione di centro-destra maggioritaria nelle intenzioni di voto, e una forza di governo che sul territorio è ago della bilancia in tutte le giunte regionali di centro-destra.
Le prospettive per un ritorno al potere nei prossimi anni ci sono tutte. Ma Giorgetti ritiene che queste non possano fare a meno di conciliarsi con una strategia più accorta sul fronte della diplomazia e dei legami del partito col fronte euro-atlantico. Per l’ex sindaco di Cazzago Brabbia e onorevole di lungo corso della Lega, di cui è ritenuto lo stratega, è iniziata una fase di tessitura di ampli e approfonditi rapporti internazionali.
La Lega filo-Usa di Giorgetti
La prima scelta di Giorgetti è stata la convinta e a tratti ostentata riproposizione di dichiarazioni volte ad avallare la fedeltà atlantica della Lega indipendentemente dal colore politico dell’inquilino della Casa Bianca.
“Sappiamo che da parte della nuova Amministrazione ci sarà maggiore curiosità nel capire chi potrà governare in Italia nei prossimi anni. Sarà un bene, non abbiamo nulla da temere, anzi”, ha ribadito a novembre Giorgetti, intervistato da Repubblica. Ben capendo che l’era Biden non sarà certamente un passaggio facile per il premier Conte, che della legittimazione di Trump come interlocutore affidabile ha sempre fatto vanto. E che da tempo gli Usa stavano passando a ricercare in Italia il dialogo a tutto campo con i loro referenti classici istituzionali: nel Partito Democratico, ad esempio, gli attuali ministri Lorenzo Guerini e Vincenzo Amendola, nel Carroccio, invece, il direttore del Copasir Raffaele Volpi e lo stesso Giorgetti. Che frequentatori dei salotti del potere di Roma accreditano come ospite frequente e sempre ben accetto dell’ambasciatore Usa Lewis Eisenberg.
Da Marine Le Pen a Angela Merkel?
Ma la svolta più complessa è quella che Giorgetti ha in mente per la Lega in Europa. A un anno e mezzo dalle elezioni europee, appare chiaro che il disegno di Salvini di fare da spina nel fianco all’Europa di Bruxelles costituendo il gruppo Id assieme al Rassemblement National di Marine Le Pen, a Alternative fur Deutschland e a un gruppo di formazioni che si estende dai Veri Finlandesi al Partito della Libertà Austriaco è risultato sconfitto in partenza.
Salvini non è stato in grado di creare quella “Lega delle Leghe” alleandosi con partiti ben radicati al governo dei propri Paesi come gli ungheresi di Fidesz, il partito di Viktor Orban, o i conservatori polacchi del PiS. L’assalto sovranista all’Europa sotto la guida del Carroccio è stato organizzato goffamente, e non a caso Orban ha preferito restare nelle schiere del Partito popolare europeo e il PiS cercare l’appoggio strategico, nella destra italiana, di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia nel partito europeo Ecr. Esclusa la Lega dall’esecutivo italiano nel settembre 2019, Id è rimasta l’unica formazione europea senza partiti coinvolti nel governo di uno dei maggiori Paesi dell’Europa per peso politico e demografico (Germania, Francia, Spagna, Italia, Olanda, Polonia). E questo ha portato a una sostanziale irrilevanza del suo gruppo a Strasburgo.
Giorgetti vuole invertire questo trend e ha già individuato un partner ideale con cui dialogare: l’Unione Cristiano-Democratica di Angela Merkel, partito di governo in Germania intenta a una complicata ricerca dell’erede della Cancelliera che, con grande probabilità, sarà il leader del governo che uscirà dalle elezioni del 2021. Nelle scorse settimane, parlando a La Stampa, il politico varesino ha sottolineato che la Lega deve ricordarsi il fatto che n Europa la Germania è un punto di riferimento e in Germania il punto di riferimento è l’Unione tra la Cdu e la sua sorella bavarese, la Csu. “Noi”, ha aggiunto, “siamo il primo partito politico italiano e abbiamo il dovere di parlare con chi oggi e in futuro governerà la Germania influenzando l’Europa. È banale realpolitik”.
Come la Lega punta la Germania
Questo dialogo è stato intrapreso con viva forza da Giorgetti. Che non potrà certamente vedersi negato il sostegno dai referenti locali della Lega nelle regioni del Nord. Lombardia, Veneto e Friuli Venezia-Giulia sono governati da esponenti di una Lega che, soprattutto nel caso del “borgomastro” veneto Luca Zaia, non ha mai fatto mistero di guardare con attenzione ai legami politici con l’asse renano e centro-europeo in virtù dei solidi rapporti economici e commerciali instaurati con la Germania e i suoi Paesi satelliti.
Anche uno degli storici che ha maggiormente approfondito la storia del Carroccio, Matteo Luca Andriola, nel suo saggio La Nuova Destra in Europa non si è dimenticato di sottolineare come la Cdu/Csu fosse il modello partitico che Roberto Maroni aveva in mente per la Lega dopo la fine dell’esperienza di leadership di Umberto Bossi. Giorgetti, come Maroni, è figlio di una vecchia Lega fortemente radicata nei feudi del Nord, i cui interessi e le cui mentalità conosce molto bene. Impostando di conseguenza l’azione politica.
A ottobre, ha ricordato la corrispondente da Berlino di Repubblica Tonia Mastrobuoni, Giorgetti si è recato a Berlino “accompagnato da Paolo Alli (Alternativa popolare)”, fino al 2018 presidente dell’Assemblea Parlamentare della Nato, “per incontrare alcuni esponenti dei conservatori tedeschi e in particolare Marian Wendt, giovane presidente della Commissione Petizioni al Bundestag, da sempre attivissimo nei rapporti tra Roma e Berlino”. Con Wendt il politico lombardo ha impostato un dialogo a tutto campo volto a rafforzare la sinergia e lo studio comune dei problemi dell’Eurozona, che l’ex sottosegretario spera di condensare in un documento comune funzionale a promuovere suggerimenti e analisi di lungo periodo per la ripresa dell’Eurozona.
Una svolta “ordoliberista”, dunque, che porterebbe Giorgetti e i vertici della Cdu a discutere da vicino di temi di interesse comune: riduzione delle imposte in Italia in cambio di politiche funzionali all’abbattimento del debito (che Giorgetti osteggia) e varo di strategie comuni per il rilancio dell’economia nell’ottica di una grande attenzione ai bisogni delle piccole e medie imprese, motore del capitalismo manifatturiero tedesco e italiano, da sempre strettamente interrelati. Parleremmo di una svolta per le priorità del Carroccio perorata da tempo da diversi intellettuali italiani come Giulio Sapelli. Termine ultimo di questo percorso potrebbe essere addirittura l’ingresso della Lega nel Ppe, per quanto Wendt da tempo getti acqua sul fuoco parlando di un processo ancora lungo.
Giorgetti perora un progetto di lungo periodo temendo che in caso di pronto ritorno alle urne e di crollo del governo giallorosso la Lega si trovi alla testa di un esecutivo destinato a governare sulle macerie del flop dei giallorossi. Ma la sua strategia autonoma non potrà non creare una dialettica interna tra le diverse anime della Lega che, come Andriola ha ben sottolineato nel suo saggio, contengono anche componenti ben più interventiste in economia e fazioni fortemente euro-scettiche e antitedesche. Uno sviluppo politico in continuo divenire, dunque. Che non mancherà di creare dinamiche nuove nel contesto dei rapporti tra la Lega e Fratelli d’Italia, dimostratosi da tempo più maturo del Carroccio nel coltivare alleanze internazionali. Presupposto necessario per governare sul lungo termine il Paese senza scottarsi.