Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha indicato i 12 punti della “strategia” degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran.

Un ultimatum più che delle richieste, ma soprattutto idee più che una strategia. Quell’elenco di domande rivolte all’Iran non può essere considerato una strategia realistica. E anche in America ne sono consapevoli. Definirla una strategia è infatti inesatto: al limite può essere definito un elenco di richieste dai tratti utopistici o, se realizzati, profondamente vessatori. 

Le dodici richieste draconiane, definite dall’amministrazione di Donald Trump come il primo step per il livello più alto di sanzioni mai imposte nei confronti dell’Iran, sono la semplice certificazione di un’assenza di strategia. E si capisce perché all’interno dell’Unione europea si continui a dire che, oltre all’accordo sul nucleare del 5+1, non ci sia alternativa. Perché in effetti, l’alternativa non l’hanno trovata nemmeno a Washington.

I 12 punti

La condizione principale dell’ultimatum imposto dagli Usa per evitare le sanzioni è rappresentata, ovviamente, dal “dismettere il programma nucleare, chiudere i reattori, interrompere l’arricchimento dell’uranio, consentire il totale accesso all’Agenzia internazionale per l’energia atomica in ogni parte del Paese e fornire un dettagliato e aggiornato resoconto del programma finora portato avanti”. 

Il problema, è che oltre al tema nucleare, Pompeo ha chiesto una serie di azioni ulteriori assolutamente non connesse al programma atomico. E che rappresentano richieste mirate non a colpire la politica dell’Iran su scala regionale.

Nelle richieste, ad esempio, si impone l’interruzione del programma missilistico. Richiesta che non era paventata nel 2015, cioè non appena tre anni fa. Inoltre si chiede al governo di Teheran di liberare tutti i prigionieri americani e dei Paesi alleati, detenuti “con false accuse”.

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E i punti successivi, dall’ottavo al 12esimo, nulla hanno a che vedere con il programma atomico. Sono obiettivi strategici in cui, sostanzialmente, si domanda all’Iran di smantellare sia presunti (e non provati) finanziamenti ad Al Qaeda e altri gruppi terroristici, sia di smantellare tutta l’impalcatura della strategia iraniana in Medio Oriente. La Casa Bianca chiede poi di “interrompere l’appoggio a Hezbollah, Hamas, la Jihad islamica palestinese”, ma anche agli Houti in Yemen, ai talebani in Afghanistan, così come di lasciare la Siria e di non interferire nel processo democratico in Iraq. Si domanda poi di smantellare le forze Quds dei Guardiani della Rivoluzione, oltre a un non precisata richiesta all’Iran di fermare ogni attività che destabilizzi il Medio Oriente e gli alleati regionali americani. 

Richieste impossibili da accogliere

I 12 punti di Pompeo sono richieste assolutamente inaccettabili per l’Iran. È evidente che quello che pone l’amministrazione americana non è un elenco di richieste da compromesso, ma “condizioni draconiane” che rappresentano il preludio per non accettare.

Se la logica è quella di fare in modo che Teheran non accetti, è evidente che l’obiettivo sia stato raggiunto. Qui non si sta domandando all’Iran di fare un passo indietro, ma di autodistruggere la propria proiezione strategica imponendo a un Paese di scardinare la sua politica estera

Come scrive il Washington Post, Trump sembra aver puntato sulla sua politica del ” escalate to de-escalate“, innalzare la tensione per poi raggiungere il massimo risultato possibile. Il problema è che questo tipo di politica vale per attori meno impegnativi e meno solidi. È un tipo di politica che, fino ad ora, non ha ottenuto risultati concreti neanche con la Corea del Nord, che è una realtà del tutto limitata rispetto all’Iran. E non sembra che possa sortire grandi effetti con Teheran.

Inoltre, non va dimenticato che l’Iran non è solo. Sono gli Stati Uniti ad aver avviato il loro isolamento con questa scelta di ritirarsi dall’accordo sul nucleare. E questo è importante per capire il gioco pericoloso che sta attuando l’amministrazione americana con il placet di Israele e Arabia Saudita. In questo modo, gli Usa non solo hanno consegnato definitivamente l’Iran alle superpotenze orientali e eurasiatiche, ma hanno anche creato una profonda frattura fra Washington e gli alleati europei.

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