La Polonia è la principale quinta colonna degli Stati Uniti nel Vecchio Continente e il motivo è piuttosto semplice: esercita una rilevante e crescente influenza culturale (ma anche economica e politica) sui paesi baltici, sull’Ucraina e nell’alleanza Visegrad, è geostrategicamente localizzata fra Berlino e Mosca, e soprattutto, per ragioni storiche ha una lunga e sedimentata tradizione di russofobia.
Adesso, però, l’ex presidente e leader della rivoluzione anticomunista, Lech Walesa, che è anche uno dei più aspri detrattori del partito al governo, Diritto e Giustizia (PiS), sta tentando di sfruttare la propria popolarità, che è ancora elevatissima, per tentare una nuova rivoluzione, questa volta diplomatica, che ponga fine al gelo che divide Varsavia e Mosca.
Le dichiarazioni senza precedenti
Recentemente Walesa ha accettato di parlare ai microfoni di Sputnik, uno dei principali media russi, spiegando l’importanza rivestita dalla risoluzione delle questioni insolute, soprattutto relative al passato, nel percorso verso la normalizzazione dei rapporti bilaterali. Per chi non lo conoscesse, Walesa è stato presidente della Polonia dal 1990 al 1995, ma, soprattutto, è colui che per quasi un decennio ha guidato la lotta anticomunista del sindacato Solidarność, spalleggiato dall’iconico duo Ronald Reagan-Giovanni Paolo II, rendendo possibile la caduta della dittatura nel 1989, che a sua volta generò un effetto domino nell’intero patto di Varsavia, accelerando il collasso dell’Unione Sovietica.
PiS, che ha fatto della russofobia uno dei suoi principali cavalli di battaglia, trasformando in poco tempo la Polonia nel bastione dell’Alleanza Atlantica nell’Europa centro-orientale, è attualmente impegnato in un duro braccio di ferro con il governo russo per quanto concerne la narrazione degli eventi della seconda guerra mondiale e dell’immediato dopoguerra. Walesa, nel corso dell’intervista, ha tentato di far comprendere alla parte russa il principale problema, che non è la liberazione dal nazismo ma ciò che è avvenuto dopo, ossia l’imposizione forzata del comunismo.
Per i polacchi, ma anche per gli ungheresi, i rumeni, e gli altri popoli dell’Europa orientale e balcanica, la liberazione ha quindi assunto un altro significato, completamente negativo, poiché ad essa non ha fatto seguito il prevalere della volontà popolare, ma l’inglobamento coatto, violento, nell’orbita sovietica. Ed è proprio questo punto che sta legittimando la “guerra della storia” in corso e che Walesa intende risolvere, attraverso dei gruppi di lavoro, attualmente in fase di formazione.
Le relazioni bilaterali russo-polacche sono in una fase di gelo, ma hanno registrato altri picchi bruschi nel passato recente, ad esempio all’indomani del disastro aereo di Smolensk del 10 aprile 2010, durante il quale morì quasi l’intera squadra presidenziale. Sebbene le indagini abbiano escluso l’ipotesi del complotto, un terzo dei polacchi crede alla tesi dell’attentato russo, e una parte della destra ha alimentato la popolarizzazione di tale accusa anche perché a morire, fra gli altri, fu il presidente Lech Aleksander Kaczyński, fratello gemello di Jaroslaw, l’eminenza grigia di PiS.
Ma secondo Walesa, l’ascia di guerra va sepolta, le diatribe risolte definitivamente, perché: “Occorre semplicemente che le nostre relazioni siano buone. Dico sempre: se due combattono, il terzo ne trae beneficio. E nelle nostre relazioni attuali stiamo perdendo tutto, sia in Russia che in Polonia. E ne sta beneficiando un terzo […] Da Danzica e da Varsavia è sempre più vicina Mosca che Washington. Quindi siamo legati dal destino, Dio ha deciso così”.
Si tratta di parole molto forti, anche perché gli Stati Uniti hanno patrocinato la causa anticomunista di Walesa, ma sembra evidente che l’ex rivoluzionario sperasse in un futuro diverso per la Polonia, in una vera liberazione. Invece, nel 1989 come nel 1945, alla liberazione ha fatto seguito una nuova sottomissione, e Varsavia, da un’eventuale guerra aperta contro Mosca, non avrebbe nulla da guadagnare.
Tornando sull’argomento, questa volta per Ria Novosti, Walesa ha annunciato che “farà il possibile” per partecipare al 75esimo anniversario della Giornata della Vittoria, il 9 maggio. La giornata della vittoria, che è spesso identificata esclusivamente nelle grandi parate militari che ivi hanno luogo, in realtà è molto di più, è una delle date più importanti per la nazione russa, essendo un momento di commemorazione, di ricordo storico, e di unità nazionale, in cui i reduci della guerra patriottica sfilano per le strade in uniforme, mentre i figli e i nipoti dei soldati che combatterono contro i nazisti sfilano con le foto dei loro nonni e bisnonni-eroi. La partecipazione di Walesa all’evento assume, oggi, una rilevanza incredibilmente alta, alla luce del boicottaggio da parte dei leader europei e statunitensi negli ultimi anni.