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Il governo della Polonia donerà 10 milioni di dollari per la costruzione di mille moduli abitativi per i rifugiati siriani in Libano. L’annuncio è stato dato dall’ufficio del premier Mateusz Morawiecki dopo la sua visita ufficiale in Libano e l’incontro con l’omologo libanese, Saad Hariri. In una dichiarazione rilasciata martedì scorso, il primo ministro polacco ha annunciato la donazione affermando che lo scopo di questa misura è che i rifugiati possano stabilirsi in un luogo vicino al loro paese di origine, in modo tale che il loro ritorno a casa sia, in futuro, più facile. Una scelta lungimirante che dimostra anche intelligenza, dal momento che più possibilità hanno i rifugiati di vivere vicino al loro Paese, meno sono le chance che intraprendano le rotte migratorie per essere strappati dalle loro terre d’origine. In questo modo, non solo l’Europa riceve meno immigrati, obiettivo primario dell’agenda politica polacca e del gruppo Visegrad, ma aiuta realmente le popolazioni locali non obbligandole a dover fuggire e cercare una vita migliore dopo aver lasciato il Paese devastato dalla guerra.

Il primo ministro polacco ha preso questa decisione dopo il suo viaggio in Libano. Un viaggio in cui Morawiecki ha anche fatto visita a una scuola e un ospedale per i rifugiati situati nella parte settentrionale del Paese dei cedri, dove il capo di governo ha voluto vedere con i suoi occhi gli enormi sforzi compiuti da Beirut per l’accoglienza dei profughi e dove ha potuto osservare la difficile situazione in cui vivono i siriani scappati dalla guerra. Il Libano accoglie, in questo momento, circa un milione di rifugiati e da tempo chiede aiuto alla comunità internazionale per un sostegno economico e concreto nel mantenimento di questo fiume di persone che hanno valicato il confine. E la Polonia ha risposto.

In un’epoca in cui la Polonia viene dipinta come un Paese sprofondato nel baratro dell’odio e della xenofobia, la notizia potrebbe fare scalpore. Ma è invece il simbolo che un certo tipo di politica di sicurezza più ferrea in Occidente non indica affatto un sentimento di odio nei confronti del resto del mondo. Al contrario, la scelta di aiutare realmente gli Stati che accolgono i rifugiati e dare la possibilità a quelle persone disperate di vivere vicino al loro territorio e fornire gli aiuti necessari per potere, in futuro, tornare a casa, è un metodo molto più utile e realmente benefico rispetto a quello di aprire le porte dei Paesi europei lasciando che vivano senza alcuna garanzia e perdendo, molto spesso, la loro dignità di persone. 

Come è noto, il governo conservatore della Polonia ha respinto da subito il piano dell’Unione europea per redistribuire, in tutti gli Stati membri, i rifugiati e gli immigrati giunti in Europa soprattutto nel biennio 2014-2015. L’allora primo ministro polacco, Beata Szydlo, si scagliò contro le scelte di Bruxelles paventando una sorta di battaglia di civiltà nei confronti dell’islam, considerato come nemico dell’identità europea. Ma questa visione polacca, oggi, deve anche letta in un’ottica diversa, soprattutto grazie all’opera del premier Morawiecki. Tra accogliere tutti i profughi, lasciando che intraprendano viaggi terrificanti, finiscano nelle mani di circuiti criminali e vivano totalmente alienati dal contesto sociale e territoriali di cui si sentono realmente parte, la Polonia lancia una sifda e lo fa concretamente: aiutare i profughi nel fare in modo che non lascino le loro terre. Una sorta di traduzione politica e concreta di quel famoso discorso di Bendetto XVI sul “diritto a non emigrare“.

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