La vittoria di Andrzej Duda alle recenti presidenziali avrebbe dovuto permettere a Diritto e Giustizia (PiS) di consolidare l’egemonia politico-culturale instaurata lentamente in Polonia a partire dal 2015, ma una serie di eventi stanno minando il successo del piano di rinascita nazionale sognato da Jaroslaw Kaczynski: prima lo scoppio della questione arcobaleno, che ha rapidamente assunto connotati violenti e sta venendo sfruttata dall’Unione Europea per mettere sotto pressione l’esecutivo via minacce di sanzioni e privazione di fondi comunitari, e infine lo sfaldamento della coalizione di governo, avvenuto la mattina del 18 settembre.
La legge della discordia
Il 18 settembre, verso ora di pranzo, la dirigenza di PiS ha comunicato che la coalizione di governo denominata “Destra Unita” (Zjednoczona Prawica), attiva dal 2015 e formata da PiS, Polonia Solidale e Accordo, può essere considerata “inesistente” e che a breve, lunedì 21, inizieranno le consultazioni interne per decidere il destino dell’esecutivo: rimpasto che conduca ad un governo di minoranza o ritorno alle urne.
L’annuncio giunge al termine di una vivace battaglia parlamentare che, stranamente, ha unito PiS e i partiti di opposizione ma che ha diviso, e infine fratturato, l’alleanza di governo. La sera antecedente all’apparente fine dell’esperienza di Destra Unita nella camera bassa del Parlamento (Sejm) si era conclusa la votazione su un progetto di legge fortemente voluto da Kaczynski, il padrino della destra conservatrice polacca, mirante a migliorare le condizioni di vita degli animali nel Paese. Dei 460 presenti, 356 hanno votato a favore: una cifra ragguardevole.
Il testo, che ha superato la prima fase preliminare anche grazie ai voti di Piattaforma Civica e Alleanza della sinistra democratica, è basato su cinque punti: divieto di allevare animali per la produzione di pellicce, restrizioni sull’utilizzo degli animali a scopo di intrattenimento (ad esempio nei circhi), limitazioni per i produttori-esportatori di carne halal e kosher, misure per il miglioramento delle condizioni di vita di cani e gatti nei rifugi pubblici e nelle mura domestiche, strumenti di supporto per gli enti appartenenti alla galassia animalista ed ecologista.
La bontà del testo ha convinto i partiti dell’opposizione a sposare la battaglia animalista di Kaczynski ma si è rivelata letale per la tenuta dell’esecutivo, perché i parlamentari di Polonia Solidale hanno votato contro su indicazione del loro massimo esponente, il ministro della giustizia Zbigniew Ziobro. Lo stesso PiS si è diviso: il ministro dell’agricoltura Krzysztof Ardanowski ha votato contro, riuscendo a convincere anche alcuni membri di partito.
La battaglia per le aree rurali
Dietro l’apparente caduta dell’alleanza di governo non si nasconde una semplice divergenza di visioni concernente i diritti degli animali, in gioco vi è l’egemonia sulle aree rurali, tradizionale bacino di voti per PiS e, più in generale, per i partiti della destra conservatrice e del sindacalismo agrario. Non sorprende, quindi, che i principali detrattori della nuova legislazione, ovvero Polonia Solidale, Confederazione e il Partito Popolare, appartengano e rispondano proprio all’elettorato rurale.
Ed è precisamente dalle aree rurali che è partito il moto di protesta che ha scosso l’esecutivo, galvanizzato e alimentato dal malcontento di due influenti gruppi di pressione: uno legato agli allevamenti per pellicce e l’altro legato agli allevamenti kosher.
La prima lobby è il riflesso di un’industria-chiave per l’economia nazionale che riunisce circa 550 aziende e fattura 1 miliardo e 600 milioni di euro l’anno dalla macellazione di circa 5 milioni e 200mila animali, soprattutto visoni e volpi. Nel complesso, l’industria delle pellicce di Varsavia è la terza al mondo per dimensioni, dietro soltanto a quelle di Pechino e Copenaghen.
La seconda lobby è meno visibile, ma non per questo meno influente, e gode anch’essa di una ramificazione transcontinentale, essendo la prima rifornitrice di carne kosher per le comunità ebraiche del Vecchio Continente e di Israele. Il progetto di legge voluto da Kaczynski arrecherebbe dei danni gravissimi ai produttori-esportatori di carne kosher, sia perché imporrebbe maggiori restrizioni a livello domestico sia perché ne vieterebbe l’esportazione.
Il malcontento dei due gruppi di pressione, che rappresentano due dei principali motori della realtà rurale polacca, ha preso forma il 16, il giorno precedente la votazione, quando l’Associazione polacca dei produttori di carne ha inscenato una protesta a Varsavia dinanzi la sede di PiS, accusando Kaczynski di “aver tradito la campagna”.
Cosa potrebbe succedere?
La svolta animalista ed ecologista di PiS potrebbe essere utile nel breve periodo, in quanto funzionale a stemperare la tensione con i protagonisti dell’opposizione, ma nel medio e lungo termine gli effetti potrebbero essere devastanti; la legge della cosiddetta “Polonia A e B” è nota e viene riconfermata di elezione in elezione: le città sono il bacino di riferimento di centristi e sinistra, le campagne sono appannaggio quasi esclusivo della destra.
Lo scenario più plausibile – a meno di svolte, ripensamenti e/o future leggi che vadano ad ammortizzare le perdite che subirebbero le due lobby – è un’emorragia di consensi da PiS in direzione di tutte quelle forze politiche conservatrici che si stanno opponendo a questa legge.
Inoltre, non è da escludere che Piattaforma Civica, rivale per antonomasia di PiS, abbia sposato la battaglia di Kaczynski per ragioni di calcolo politico, ossia che abbia previsto lo scoppio di una crisi intestina al mondo della destra sfruttabile per rivitalizzare il fronte dell’opposizione, che dalla battaglia sui diritti degli animali uscirà indubbiamente più coeso e rafforzato rispetto ai suoi avversari.