Una visita annunciata che rischia di trasformarsi in un’altrettanto annunciata nuova fase di guerriglia. Si possono sintetizzare così le ultime ore vissute a Gerusalemme, dove il neo ministro per la sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, si è recato nella zona della spianata delle moschee. Un luogo simbolo della città, ma soprattutto uno dei più sacri per il mondo musulmano. Ogni singolo passo mosso da parte di esponenti politici israeliani all’interno del perimetro della spianata delle moschee, viene visto dai leader arabi e palestinesi come una grave provocazione. E ora si teme l’inizio di una nuova fase di scontri.
La valenza simbolica della spianata delle moschee
La spianata si trova in quella che per gli ebrei è la zona del Monte del Tempio, nel quartiere di Gerusalemme Est, ossia la parte storica della città che per i palestinesi un giorno dovrà diventare capitale del futuro Stato. Ma il luogo, prima di ogni rivendicazione politica, è soprattutto uno dei più importanti a livello religioso. Qui hanno sede la moschea di Al Aqsa, la cupola della catena e la cupola della roccia. L’importanza dell’area la si intuisce anche dal suo status politico. Dopo l’arrivo nel 1967 delle truppe israeliane, nell’ambito della guerra dei sei giorni, le autorità dello Stato ebraico hanno sottoscritto un accordo con il Regno di Giordania con il quale si conferisce ad Amman il controllo. La spianata è quindi una sorta di zona franca, distaccata o quasi dal resto di Gerusalemme Est che invece rimane sotto il controllo dell’esercito israeliano.
L’area però è sacra anche per gli ebrei, perché è proprio qui che sorgeva il grande tempio di Gerusalemme. Ed è sempre qui che sorge il muro del pianto, uno dei luoghi simbolo della città e dell’intero mondo ebraico. Per questo da sempre il Monte del Tempio è zona di incontro delle religioni monoteiste, ma anche di scontro, di rivalità e di rivendicazioni.
La passeggiata di Ben Gvir
Secondo il nuovo ministro della pubblica sicurezza israeliano, Itamar Ben Gvir, il Monte del Tempio “è il luogo più importante per il popolo di Israele, per cui manteniamo la libertà di movimento per musulmani e cristiani, ma anche gli ebrei salgono sul posto e chi minaccia va trattato con il pugno di ferro”. Lo ha dichiarato mentre accedeva nell’area della spianata delle moschee, così come riportato dal The Times Of Israel.
Non si è trattato di una mossa a sorpresa. Ben Gvir è leader del partito Potere Ebraico, giudicato estremista anche dal Likud, il partito di centrodestra guidato dal rientrante premier Benjamin Netanyahu. Quest’ultimo pochi giorni fa ha formato il suo sesto governo grazie al successo ottenuto nelle elezioni dello scorso novembre. Per formare una maggioranza però ha avuto bisogno proprio di Ben Gvir e del suo alleato all’interno della lista Sionismo Religioso, Bezalel Smotrich. I loro 14 deputati sono risultati decisivi per Netanyahu per arrivare a superare la soglia di 60 deputati nella nuova Knesset, il parlamento israeliano.
Ma all’interno di Israele, all’interno del suo stesso partito e anche dall’estero il neo premier era stato messo in guardia. Ben Gvir non solo ha più volte espresso, nel corso della sua carriera politica, posizioni estreme contro la popolazione araba israeliana e contro i palestinesi. Ma è stato, tra le altre cose, vicino a movimenti dichiarati fuori legge come quello del kahanismo. Nell’ultima campagna elettorale ha estratto una pistola, senza mai usarla, contro manifestanti palestinesi a Gerusalemme. E una volta nominato ministro, ha fatto capire chiaramente di voler accedere nella spianata delle moschee. Chiaro quindi che la sua figura quindi è in grado di mettere in difficoltà Netanyahu e di creare non pochi imbarazzi internazionali al suo governo. Ben Gvir potrebbe dimostrarsi come la classica mina vagante politica, capace di infiammare una situazione già molto tesa.
Perché si temono nuovi scontri
L’accesso di un ministro o di un importante esponente politico israeliano nella spianata è da sempre visto come un gesto provocatorio. E infatti condanne alla passeggiata di Ben Gvir sono già arrivate dai vertici dell’Anp, l’Autorità Nazionale Palestinese. Per Abu Mazen, presidente dell’Anp, è stata oltrepassata la linea rossa. Il premier palestinese, Mohammad Shtayyeh, ha invece parlato di vero e proprio raid da parte di Ben Gvir. Toni ancora più accesi sono arrivati da Hamas, il movimento islamista al governo nella Striscia di Gaza.
Condanne sono giunte da Amman, da dove Re Abdallah nei giorni scorsi aveva già parlato di “linea rossa” a proposito di un’eventuale passeggiata del leader dell’estrema destra israeliana. Critiche sono state mosse da diversi esponenti politici della Knesset: “È una deliberata provocazione che metterà in pericolo e costerà vite umane”, ha tuonato il capo dell’opposizione, Yair Lapid.
La mente di molti è tornata al 2000, quando l’allora capo del Likud, Ariel Sharon, ha compiuto lo stesso gesto di Ben Gvir entrando nella spianata delle moschee. Da quella passeggiata, è nata una rivolta sfociata poi nella seconda intifada, durata per quasi cinque anni e che ha lasciato sul campo centinaia di vittime da entrambe le parti. Sharon all’epoca non aveva ruoli governativi, essendo diventato premier soltanto l’anno dopo. Ben Gvir invece è entrato nell’area da ministro in carica. Per questo adesso in molti si aspettano una dura reazione da parte dei gruppi più integralisti palestinesi e nelle prossime ore il governo di Netanyahu potrebbe innalzare lo stato di allerta.
Le conseguenze a livello politico
Dagli Stati Uniti, prima delle elezioni, erano giunti specifici avvertimenti a Netanyahu: in caso di incarichi affidati a Ben Gvir, sarebbe stata presa in considerazione l’idea di non collaborare con il leader di Potere Ebraico. Ora che la prima provocazione è già arrivata, si aspettano le reazioni da Washington. Così come si cerca adesso di capire la posizione degli Emirati Arabi Uniti. Abu Dhabi dal 2020 in poi, tramite gli accordi di Abramo, hanno avviato un processo di normalizzazione dei rapporti con Israele. Ma prima del voto, il governo locale ha fatto sapere di riconsiderare la collaborazione con lo Stato ebraico in caso di provocazioni da parte di Ben Gvir.
Netanyahu potrebbe quindi pagare a caro prezzo la mossa del suo nuovo ministro per la sicurezza pubblica. In ballo c’è il posizionamento internazionale di Israele e i rapporti con i più importanti attori regionali. Il rischio, oltre a quello di nuovi scontri, è anche legato a un possibile isolamento di Israele.