Negli ultimi giorni è accaduto un fatto abbastanza insolito nel Senato degli Stati Uniti: sette membri del Partito Democratico hanno scritto una lettera al presidente Trump chiedendo azioni contro il presidente della Repubblica democratica del Congo. “Se l’accordo di San Silvestro non viene rispettato alla lettera e nel suo spirito, gli Stati Uniti devono adottare sanzioni contro Joseph Kabila”, questo si legge nella missiva inviata al presidente e rilanciato da alcuni organi di stampa americani. Il cosiddetto “accordo di San Silvestro” è l’accordo politico siglato lo scorso anno a Kinshasa tra il partito di maggioranza e i partiti di opposizione con cui è stato prevista la convocazione di elezioni generali nel Paese entro il 31 dicembre 2017. Un accordo fondamentale per la stabilità del Paese e per la sua democrazia, dal momento che si è giunti a un tale risultato dopo che il mandato del presidente Joseph Kabila, scaduto formalmente il 19 dicembre 2016, è stato prorogato per motivi contingenti e non accenna a terminare nel tempo stabilito.

Che la repubblica democratica del Congo sia oggetto di attenzione da parte degli Stati Uniti non è una novità. Il mese scorso, in occasione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Donald Trump si era detto “profondamente preoccupato per le violenze nel paese” riferendosi direttamente alla delegazione congolese. Finora, la Casa Bianca non non è entrata nel dettaglio, e non sembra aver risposto alla lettere dei senatori democratici che chiedono azioni contro Kinshasa. Probabilmente, il presidente Usa sta aspettando che la donna forte della politica estera americana muova i suoi primi passi, e cioè Nikki Haley. La potente delegata Usa alle Nazioni Unite è attesa a Kinshasa il 21 ottobre, e in quel caso, quasi sicuramente, ci saranno novità sul fronte delle relazioni bilaterali tra Stati Uniti e repubblica democratica del Congo.

Sul perché gli Stati Uniti s’interessino così tanto della democrazia congolese, ci viene in aiuto una delle riviste più importanti che trattano di politica internazionale e di politica estera degli Stati Uniti, Foreign Affairs, la cui pubblicazione è curata dal Council on Foreign Relations. Stando a quanto rilevato dalla rivista nordamericana, il problema principale del governo di Kinshasa non sono certamente i metodi più o meno democratici. Di questo interessa poco a qualsiasi potenza mondiale. L’interesse degli Stati Uniti è, invece, tutto indirizzato verso le enormi quantità di minerali, preziosi e rari, che possiede il Paese africano. Secondo quanto rivelato dalla rivista Usa, che cita fonti del ministero della Difesa di Washington, la repubblica democratica del Congo possiede uno dei più grandi giacimenti al mondo di cobalto. La regione del Katanga sembra che possegga il 50 o addirittura il 60 per cento di tutte le riserve mondiali, oltre che uno die più grandi giacimenti di rame. Il Pentagono ha identificato cobalto e rame come “minerali strategici e critici”, perché sono fondamentali nella produzione di aerei militari, dei sistemi di guida dei missili e per altre importanti componenti hardware dell’aeronautica militare. Secondo il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, il cobalto è un materiale fondamentale. Non solo perché è alla base della costruzione dei nuovi motori a reazione, sia a livello civile che militare, ma anche perché è molto difficile da sostituire a causa della sua elevata resistenza al calore. A questa importanza per la sicurezza nazionale, si aggiunge inoltre la crescita esponenziale della domanda di cobalto negli ultimi anni, che viene richiesto da tutti i produttori mondiali di aerei civili e militari nonché dagli Stati interessati a possedere la capacità di produrlo.

A questi dati si aggiunge poi la sfida della Cina, che sta da anni investendo nei Paesi africani rendendo di fatto il continente il proprio cortile di casa. Gli Stati Uniti sono perfettamente consapevoli che più la Cina acquisisce potere in Africa, più il gap tecnologico e di materie prime diminuisce. E non è solo la corsa alle risorse minerarie e petrolifere del continente a preoccupare gli Stati Uniti. La Cina, grazie ai contratti conclusi con i Paesi africani, sta creando una rete geopolitica molto fitta in tutto il continente africano e sta costruendo una serie di basi militari che non solo tutelano questi interessi ma anche, ingenerale, i traffici commerciali. Questo chiaramente preoccupa le multinazionali occidentali e, in particolare, statunitensi, che si vedono l’Africa inesorabilmente strappata dalla propria sfera d’influenza e scivolare, non troppo lentamente, nelle mani della Cina.   

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