L’espansione in Cisgiordania è “istigazione alla violenza”, aveva già decretato il Quartetto – Ue, Usa, Russia e Onu – in un rapporto redatto ad inizio mese. A pochi giorni dalla scomunica internazionale arriva però la cocente delusione: Benjamin Netanyahu sceglie la linea dura disponendo l’ampliamento degli insediamenti nei territori occupati.Per approfondire: I nuovi rapporti tra Germania e IsraeleSecondo Ban Ki-Moon, l’annunciato progetto di costruzione di nuovi insediamenti – nonostante i ripetuti avvisi della comunità internazionale e la recente diffida del Quartetto – solleva “domande legittime” circa gli intenti con cui nel lungo periodo Israele punterebbe ad annettere la West Bank. Il segretario generale della Nazioni Unite ha ricordato che “gli insediamenti sono illegali secondo il diritto internazionale” e ha chiesto al governo israeliano di “ripensare alle sue decisioni nell’interesse della pace”.Il portavoce del Dipartimento di Stato, John Kirby, ha definito il piano di Netanyahu come “l’ultimo passo di quello che sembra essere un processo sistematico di espropri, espansioni di insediamento, e legalizzazioni di avamposti”.“La decisione di Israele di procedere con diverse centinaia di insediamenti a Gerusalemme Est e in Cisgiordania minaccia la vitalità della soluzione fra i due Stati e chiama in causa l’impegno di Israele per un accorto negoziato con i palestinesi”, ha fatto sapere anche il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna guidato da Federica Mogherini.Per approfondire: Turchia e Israele, mai davvero nemiciIl progetto con cui Tel Aviv sfida gli orientamenti della comunità internazionale, svela il quotidiano Haaretz, consiste nell’ampliamento dell’insediamento di Maale Audmin, con 560 case, e di quelli di Ramot, Har Homa e Gilo con altre 240, per un totale di 800 nuove costruzioni.Il governo israeliano non muoverà un passo indietro. La scelta, fanno sapere da Tel-Aviv, nasce da ragioni di sicurezza, in seguito all’escalation dei casi di violenza della scorsa settimana, e non verrà ridiscussa.Ma, secondo fonti vicine ad Haaretz, si tratterebbe della risposta alla recente costruzione di 600 abitazioni nel quartiere palestinese di Beit Safafa, a Gerusalemme, e al congelamento dell’insediamento ebraico di Givat Hamatos.
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