Parlando con La Stampa il leader della Lega Matteo Salvini, in qualità anche di ex ministro dell’Interno, ha attaccato l’attuale titolare del Viminale, Luciana Lamorgese. Ma, al tempo stesso, ha specificato un dettaglio non secondario: “Non sto parlando del ministero dell’Interno che è una macchina perfettamente funzionante – ha sottolineato – ma del ministro”. Tra i vari dicasteri, quello dell’Interno è forse quello dove i tecnici sono più sotto pressione. Un po’ per il ruolo rivestito e un po’ per le responsabilità portate avanti.
Forse proprio per questo quando si punta il dito contro il ministro di turno, si tende sempre a salvare dal calderone la struttura ministeriale. Nel biennio 2018-2019 è accaduto anche a parti invertite, quando il titolare era Matteo Salvini. Alla luce dei due allarmi principali che al momento coinvolgono l’Italia, ossia quello legato all’immigrazione e quello riguardante il terrorismo, nel mondo politico ci si chiede fino a che punto arrivano le responsabilità, in positivo e in negativo, della “macchina” del Viminale.
Il lavoro su sbarchi e allarme terrorismo
Partendo dall’emergenza immigrazione, l’apporto del Viminale in merito attualmente è molto importante. Se da un lato i numeri dicono che dal 2020, anno di inizio della pandemia, gli sbarchi sono in continuo aumento, dall’altro è innegabile che la struttura del ministero dell’Interno ha consentito fino ad oggi una gestione oculata del fenomeno. Dall’aprile del 2020, da quando cioè all’atavica emergenza immigrazione si è sovrapposta quella sanitaria, gli sforzi fatti dal Viminale sono stati importanti. Migliaia di poliziotti da allora ogni giorno consentono il soccorso, il trasferimento e l’assistenza dei migranti che arrivano. Così come nelle stanze del ministero e nelle sedi periferiche da più di un anno si lavora per valutare in che modo evitare che la pressione migratoria possa sfuggire di mano.
Vale per l’immigrazione, così come per l’allerta sulla sicurezza. Sul punto nei giorni scorsi è tornato anche il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero de Raho: “L’Italia è un Paese a rischio – ha dichiarato in audizione al comitato parlamentare Schengen il procuratore – ma certo è un rischio limitato dalla grande attenzione che le forze di polizia mettono su soggetti che potrebbero portare avanti attività di terrorismo”. Le minacce al nostro Paese in questa estate 2021 sono molto più dirette che in passato. Roma ha ospitato a fine giugno l’incontro della coalizione internazionale anti Isis, circostanza che ha messo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio nel mirino dei jihadisti. Per questo al Viminale vengono monitorati i principali sospettati, almeno 8 tra i foreign fighters secondo i dati rilasciati dallo stesso procuratore de Raho. Un’attività costante che al momento è servita a coprire l’Italia dai principali timori.
L’indirizzo politico
La guida del ministero è comunque ovviamente affidata alla politica. Anche se il ministro in carica attualmente è un tecnico, visto che Luciana Lamorgese ha una lunga esperienza come prefetto, ad ogni modo le attività del Viminale rispondono a un preciso indirizzo politico. Circostanza ben riscontrabile soprattutto sul fronte migratorio. L’altalena dei numeri sugli sbarchi dipende più dalle strategie messe in campo da un determinato governo che dall’attività costante dei tecnici del ministero. Non a caso l’immigrazione è uno dei principali temi di dibattito politico, da cui spesso il lavoro del Viminale resta fuori. Oggi è possibile affermare che buona parte dei problemi su questo argomento hanno una natura politica. L’Italia infatti è costretta ad affrontare il fenomeno spesso senza alcuna solidarietà a livello europeo, con norme comunitarie, quali tra tutte quelle del trattato di Dublino, risalenti a 30 anni fa e non adeguate all’attuale contesto.
Roma inoltre negli ultimi anni ha faticato e non poco nello stringere accordi con i Paesi da cui si origina il flusso migratorio. Dunque anche la macchina dei rimpatri non è mai entrata a pieno regime, elemento che ha fatto crescere il numero degli irregolari presenti all’interno del nostro territorio. Ci sono poi altre contingenze politiche, quali ad esempio quelle riguardanti il dossier libico e l’instabilità dell’area mediterranea. Altri elementi che mettono a dura prova la gestione dell’immigrazione. Esistono quindi difficoltà ascrivibili più al registro politico, a prescindere dal colore dei governi in sella, che a quello tecnico. Le dichiarazioni di Salvini, al pari di quelle di altri esponenti di maggioranza e opposizione in passato, ne sono un’ulteriore testimonianza. Comunque vada, la parte tecnica del Viminale può contare su un forte apparato spesso esentato dall’entrare nel calderone delle polemiche politiche.