Le elezioni federali tedesche dello scorso 26 settembre hanno sancito la conclusione dell’era Merkel. Dopo 16 anni trascorsi a guidare la Germania dalla plancia di comando, la Cancelliera ha fatto un passo indietro. L’Unione europea, gli Stati Uniti, la Cina, tutti i principali attori della geopolitica internazionale sono adesso in attesa di capire chi sarà l’erede di Angela Merkel e come la sua agenda politica influenzerà l’atteggiamento economico, commerciale e diplomatico di Berlino.

Molto dipenderà dall’esito dei lunghi e farraginosi accordi che prenderanno i partiti campioni del voto. ll Partito socialdemocratico tedesco (Spd) è stato il più votato nelle elezioni del Bundestag con il 25,7% delle preferenze, mentre l’Unione, formata da Unione cristiano-democratica (Cdu) e Unione cristiano-sociale (Csu), è arrivata seconda, crollando al minimo storico del 24,1%. La prossima alleanza tedesca, dunque, partorirà il nome che andrà a raccogliere la pesantissima eredità lasciata da Merkel.

Tra i temi più scottanti che il futuro Cancelliere tedesco dovrà gestire c’è senza dubbio il legame tra Germania e Cina, tanto producente – numeri alla mano – dal punto di vista economico, quanto ambiguo da quello politico. Se le grandi aziende tedesche hanno da sempre un rapporto idilliaco con la Repubblica Popolare, sia per vendere i loro prodotti in un mercato sconfinato che per produrre in loco a condizioni agevolate, è pur vero che Berlino ha dovuto mantenere un certo pragmatismo su dossier delicati come rispetto dei diritti umani e simili. Nell’era Merkel, in ogni caso, questo equilibrismo ha pagato e portato ai tedeschi frutti dolcissimi. In molti si chiedono che cosa succederà adesso: il prossimo Cancelliere cambierà strategia o ripercorrerà gli stessi passi di Merkel?

Incognita Cina

Dalla Cina non sono filtrate analisi di sorta. L’ambasciatore cinese in Germania, Wu Ken ha auspicato che i partiti politici tedeschi continuino la cooperazione con Pechino, indipendentemente dalla nuova coalizione di governo. “La cooperazione Cina-Germania ha apportato benefici ai rispettivi popoli”, ha detto Wu, esprimendo la speranza che le parti possano promuovere relazioni stabili e a lungo termine. Anche perché la Cina è un partner privilegiato della Germania, così come Berlino lo è per Pechino. Un paio di fatti emblematici. Nel 2016, per la prima volta, il Dragone è diventato il primo partner commerciale dei tedeschi, in una relazione consolidata mese dopo mese, anno dopo anno. Merkel ha invece visitato la Repubblica Popolare 12 volte, più di qualsiasi altro omologo occidentale.

La stessa Cancelliera si è più volte spesa in prima persona per promuovere la cooperazione economica sino-tedesca, senza però mai abbandonare gli alleati occidentali su temi sensibili, quali Hong Kong e diritti umani. E poi c’è l’ultimo atto, la parte più importante dell’eredità Merkel: l’accordo sugli investimenti, il Comprehensive Agreement on Investment l’accordo bilaterale sugli investimenti in discussione dal lontano 2013 (Cai). In attesa della fumata bianca, la Cancelliera ha spinto per l’ok, pensando all’Europa ma anche e soprattutto al bene della Germania. Già, perché sotto la Merkel la locomotiva d’Europa ha visto le esportazioni al di là della Muraglia quintuplicare. Nel 2020 è stata toccata la somma di 112 miliardi di dollari. Insomma, Merkel ha saputo coltivare relazioni pragmatiche con Pechino: che cosa succederà adesso?

Berlino, Pechino, l’Europa

La risposta alla domanda è una vera e propria incognita. O meglio: tutto dipenderà dalle alleanze che costituiranno il nuovo governo tedesco. Considerando, poi, che l’agenda di Berlino – praticamente in ogni campo – influenza gli altri governi europei e, in un certo senso, funge da bussola per orientarsi nel rapporto Bruxelles-Washington, in base alla nuova relazione tra Germania e Cina potrebbero mutare gli scenari globali della Guerra Fredda.

Abbiamo di fronte due possibili opzioni: 1) il successore di Merkel raffredda i contatti con Pechino riallineandosi maggiormente a Joe Biden; 2) tutto resta immutato. La sensazione è che il governo tedesco non sacrificherà mai i propri interessi commerciali in Cina per compiacere nessuno, neppure gli alleati più stretti. Allo stesso tempo, Berlino risponderà presente quando ci sarà da partecipare a proteste internazionali più o meno formali per richiamare Pechino su principi democratico-liberali.

Certo è che il giro d’affari che Berlino intrattiene con la Cina è troppo grande per poter essere sacrificato così facilmente. Le imprese tedesche, in primis quelle del settore automobilistico, dipendono ormai fortemente dal mercato cinese. Giusto per fare un esempio, Volkswagen ha annunciato l’intenzione di voler investire 2,1 miliardi di euro in Cina per sviluppare la propria attività nel settore dei veicoli elettrici, collaborando con due partner locali. Nel caso in cui la China Policy tedesca post Merkel dovesse strizzare l’occhio a Pechino, allora molto probabilmente anche altri Paesi europei – ognuno secondo le proprie capacità e posizioni – strizzeranno, più o meno in sordina, l’occhio al Dragone.