L’Iran è al lavoro per rafforzare la sua presenza in Iraq. Già parte attiva nella vita militare e politica del Paese, ora desidera espandersi anche a livello culturale ed economico. I nuovi obiettivi di lungo periodo iraniani sono emersi in occasione della visita di Stato del presidente iraniano, Hassan Rouhani, in Iraq, la prima effettuata in questa veste ufficiale nel Paese confinante.
Negli anni di Saddam Hussein, l’Iran rappresentava un rifugio sicuro per gli sciiti perseguitati dal governo. Dopo il 2003, Teheran ha migliorato i rapporti con Baghdad, soprattutto in seguito all’instaurazione di un governo sciita in Iraq. Negli ultimi anni, i due Paesi hanno ulteriormente potenziato le loro relazioni in molti ambiti, in particolare in quello militare e della difesa. Il prossimo passo riguarda la stipula di accordi nei settori del commercio e dell’economia.
Dall’esercito alla politica
Nel tentativo di arginare lo Stato islamico, Teheran non solo è intervenuto in Siria a fianco del presidente Bashar al Assad subito dopo lo scoppio della guerra civile, ma ha anche dato supporto al governo iracheno. A partire dalla seconda metà del 2014, l’Iran ha fornito aiuti militari e consulenti tecnici a Baghdad al fine di contrastare l’avanzata dell’organizzazione terroristica. Seppure in maniera non ufficiale, Teheran avrebbe inviato anche le sue truppe nel Paese vicino.
Sicuramente finanziata e addestrata dall’Iran è la cosiddetta “Unità di mobilitazione popolare”, un’organizzazione para-statale, composta principalmente da musulmani sciiti e, in piccola parte, da sunniti, cristiani e yazidi. L’organizzazione, formatasi nel giugno 2014, in seguito all’emissione di una fatwa dell’ayatollah iracheno Ali Al-Sistani, ha combattuto strenuamente al fianco dell’esercito iracheno e dei peshmerga curdi contro lo Stato islamico.
L’importanza assunta dal gruppo è stata ufficializzata lo scorso anno, quando l’allora primo ministro iracheno, Haider Al-Abadi, ha formalizzato l’inclusione dell’Unità di mobilitazione popolare all’interno delle forze di sicurezza del Paese, garantendo ai suoi soldati gli stessi diritti dei membri dell’esercito nazionale.
Non solo: al momento esistono più di 20 diversi gruppi paramilitari, tutti legati all’Unità di mobilitazione popolare e all’Iran, seppure con diversi gradi di profondità. Alcuni di questi sono considerati completamente dipendenti da Teheran, al punto da essere fuori dal controllo di Baghdad.
Significativa è anche la nascita di partiti legati all’Unità di Mobilitazione popolare irachena (Pmf), la maggior parte dei quali legati a Teheran, e la nomina di Adil Abdul-Mahdi Al-Muntafiki a ministro dell’Interno iracheno, a seguito delle elezioni parlamentari del maggio 2018. Due fatti che indicano nell’Iran il vero vincitore delle ultime elezioni parlamentari irachene, al di là del supporto militare fornito in questi anni.
La strategia economica
Ad oggi, ciò che gli resta è rafforzare i rapporti economici e commerciali con l’Iraq. Poco prima della visita di Rouhani, l’ambasciatore iraniano in Iraq, Iraj Masjedi, ha dichiarato che Teheran “considera l’Iraq la prima destinazione per i beni iraniani” e auspica di divenirne “uno dei principali partner, sorpassando anche Turchia e Cina”.
I due Paesi hanno già legami economici stretti, essendo l’Iraq uno dei fornitori di gas naturale, prodotti derivati dal petrolio nonché circa il 20 per cento del fabbisogno elettrico dell’Iran. L’ambizioso progetto per il futuro è, tuttavia, quello di incrementare il commercio tra i due partner, passando da 12 a 20 miliardi di dollari annui.
Su questo sfondo va letta l’organizzazione di 40 fiere in Iraq in un solo anno, i progetti di espansione della ferrovia che congiunge la città iraniana di Kermanshah a quella irachena di Basra e la semplificazione delle procedure di rilascio dei visti per affari tra i due Paesi.
Come aggirare le sanzioni Usa
Quella iraniana è una strategia commerciale dettata anche dalle difficoltà causate dall’imposizione di nuove sanzioni da parte degli Stati Uniti. Isolato dal mercato internazionale, Teheran si volge ai partner regionali, sfruttando l’indebolimento della sua moneta per attrarre gli operatori economici locali.
Puntare sul mercato iraniano non è una scelta facile per l’Iraq, che rischia di sentirsi stretto tra Teheran e Washington, le cui risorse militari e ricognitive sono peraltro ancora necessarie al Paese.
Il problema sembrerebbe però temporaneamente rimandato, grazie all’esenzione concessa a Baghdad proprio dagli Stati Uniti. Complice la situazione di emergenza in cui versa l’Iraq, nei giorni scorsi, gli Stati Uniti hanno consentito al Paese di continuare ad acquistare energia elettrica e gas naturale dall’Iran per un periodo di 90 giorni.
Sembra improbabile che i tempi siano così stretti, considerando la forte dipendenza di Baghdad da Teheran in ambito energetico, per sostituire la quale servirebbero “almeno due anni”, stando alle dichiarazioni irachene. Anche perché l’Iraq ha già firmato, all’inizio di febbraio, un contratto di un annoper l’importazione di energia elettrica dall’Iran.