L’amministrazione Trump aveva ripetutamente espresso la propria contrarietà circa il prolungamento del Nord Stream, il sistema di gasdotti inaugurato nel 2011 su iniziativa russo-tedesca, ma al cui sviluppo han partecipato anche compagnie francesi e olandesi, per aumentare i flussi di gas russo in entrata nel Vecchio Continente via Berlino.
La Germania aveva deciso di proseguire ugualmente i lavori nella speranza che le minacce restassero tali, una parte scenica del repertorio muscolarista della Casa Bianca, anche perché il paese ha seguito con totale acquiescenza ogni punto dell’agenda estera statunitense, dal Venezuela all’Iran fino a considerare, più recentemente, anche di aderire al fronte anti-Huawei nonostante gli ottimi rapporti da anni detenuti con la Cina.
Gli sforzi di Berlino si sono rivelati inutili: Trump ha firmato l’ordine che consente di sanzionare le società coinvolte nella costruzione del Nord Stream 2, spingendo la compagnia con l’appalto più sostanzioso, la Allseas, a sospendere i lavori a tempo indefinito per il pericolo di incorrere in maxi-multe e altre rappresaglie passibili di causare facilmente bancarotta.
La Germania ha accusato la mossa dell’amministrazione Trump di rappresentare una grave interferenza nei propri affari interni, ma è altamente probabile che alla rabbia faccia seguito l’accettazione, perché dal secondo dopoguerra il paese è costretto in una condizione di “egemonia a metà” che inibisce la classe politica dal possedere qualsiasi ambizione di grandezza.
Questo stato di auto-castrazione è stato sfruttato sapientemente dagli Stati Uniti che, a partire dalla loro ascesa in qualità di potenza protettrice dell’Europa, stanno perseguendo un obiettivo vitale ai fini del controllo sull’Eurasia: impedire la rinascita di un’egemonia tedesca con l’orizzonte ad Oriente, evitando che si concretizzi l’incubo mackinderiano di un asse Berlino-Mosca.
Il pensiero di Mackinder
Nel 1904 il geografo e professore inglese Sir Halford Mackinder delineava una strategia per il mantenimento dell’egemonia globale britannica in un lavoro inviato alla Regia Società Geografica di Londra, intitolato “The Geographical Pivot of History“. Secondo Mackinder, la rivoluzione dei trasporti su rotaia avrebbe reso meno importante il dominio dei mari che nei secoli precedenti aveva consentito all’impero britannico di estendersi in ogni continente e conseguire un primato indiscusso in termini di ricchezza e potere su ogni altra potenza esistente.
Non soltanto la tecnologia ferroviaria avrebbe permesso di ridurre le tempistiche di trasporto delle merci, accelerando l’integrazione dei mercati di Europa e Asia, ma anche delle persone e, quindi, degli eserciti. Inoltre, l’impero britannico, inebriato e stordito dallo splendido isolamento, stava colpevolmente sottovalutando l’ascesa di una nuova, grande potenza nel cuore d’Europa, la Germania, e l’espansione di un’altra nel cosiddetto “cuore della Terra” (Heartland), il centro della massa asiatica, la Russia.
La Germania era destinata all’egemonia per ragioni culturali ed organizzative, come l’elevata laboriosità, l’efficienza produttiva, il padroneggiamento delle scienze, le specificità del sistema industriale, lo spirito d’inventiva, e l’attitudine militaresca e votata alla sopravvivenza ereditata dall’epoca prussiana; la Russia esercitava invece il controllo sull’area più vasta e ricca di risorse naturali del pianeta ma non aveva a disposizione i mezzi necessari per sfruttarla e svilupparla. Se i due imperi avessero compreso i benefici di un’alleanza, le relazioni internazionali sarebbero mutate profondamente a detrimento dell’Inghilterra e l’intera Eurasia sarebbe caduta sotto la loro influenza.
Mackinder era certo che, se la corona avesse seguito i suoi consigli, l’Eurasia avrebbe continuato ad essere dominata dall’anarchia e che non sarebbe emersa nessuna grande potenza, od alleanza, transcontinentale capace di rivaleggiare con Londra. Le linee guida del geopolitico erano sostanzialmente le seguenti: creare degli stati-cuscinetto in Europa e in Asia con cui esercitare pressione lungo i confini delle principali potenze ostili, mantenere una presenza lungo il Rimland, ossia le coste dell’Asia, utilizzare la diplomazia per evitare un eccessivo avvicinamento fra Mosca e Berlino.
Una strategia seguita alla lettera
All’indomani della seconda guerra mondiale, il pensiero di Mackinder fu recuperato, aggiornato ed approfondito dagli Stati Uniti, emersi come nuova potenza egemone della civiltà occidentale e impegnati nella nascente guerra fredda con l’Unione Sovietica. Il primo atto fu la spartizione della Germania, che nei piani iniziali avrebbe dovuto essere divisa in quattro, avvenuta in accordo con Mosca.
Il programma di denazificazione implementato da Washington nella Germania Ovest proseguì il lavoro iniziato con la frammentazione territoriale, ponendo le basi per la condanna della Germania ad essere un’egemonia imperfetta, a metà. Nonostante i tentativi di annichilimento culturale e la perdita di una porzione significativa geografica, la Germania Ovest iniziò rapidamente una lunga corsa che entro gli anni ’70 l’avrebbe portata a ri-diventare la prima potenza economica del Vecchio Continente, riconfermando la teoria di Mackinder sulla sua propensione egemonica naturale.
Nel post-riunificazione, il cancelliere Gerhard Schröder tentò di porre fine alla maledizione dell’egemonia imperfetta e al complesso del “gigante economico, nano politico”, consolidando l’asse con la Francia e, soprattutto, guidando l’avvicinamento dell’Unione Europea alla Russia. Fu proprio lui a promuovere l’idea di basare la sicurezza energetica europea sul gas russo, disponibile nella quantità desiderata, rapidamente consegnabile, economico, e a gettare le fondamenta del Nord Stream.
Il cancellierato di Angela Merkel è stato molto differente da quello del predecessore, con un focus largamente incentrato sulle questioni economiche ed interne all’Ue e dalle ambizioni di emancipazione dalla sfera d’influenza americana notevolmente ridotte. Ciononostante, la strada verso uno scenario mackinderiano tracciata da Schröder, ha convinto gli Stati Uniti a cambiare linea politica nei confronti della Germania e a non concedere più alcun spazio di manovra.
La presidenza Obama per prima aveva spinto Berlino a diventare capofila del regime sanzionatorio legato alla crisi ucraina, spingendo i lavori per il Nord Stream 2 ad un primo stallo, forte dell’impatto esercitato sul paese dallo scandalo Dieselgate e dal processo avviato alla Monsanto. Con l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca sono aumentate le pressioni affinché il neo-contenimento antirusso continuasse ed è stata consolidata l’agenda antitedesca, alimentando l’ondata euroscettica per destabilizzare il continente e colpire l’agenda Merkel.
Se con Bush Jr e Obama il focus strategico di Washington era stato il mondo islamico, per via della guerra al terrore, da Trump l’attenzione è stata spostata in Asia, diretta soprattutto sulla Cina, dove è stato inaugurato il “nuovo grande gioco“. Colpendo Pechino e la nuova via della seta, si attaccano simultaneamente anche Berlino e Mosca, che sono profondamente legate all’economia cinese quanto interessate ad un’Eurasia sviluppata ed emancipata dall’anarchia controllata da Washington.
L’ombra di Brzezinski
Nel quadro del nuovo grande gioco, però, il ruolo di Mackinder si esaurisce mentre entra in scena Zbigniew Brzezinski, colui che ha rivisitato le teorie dell’autore inglese per elaborare una strategia per l’Asia negli anni 2000, sintetizzata ne “La grande scacchiera“. Lo stratega polacco aveva sottolineato, in particolare, l’importanza di esercitare pressione sul Rimland e sugli stati-cuscinetto esistenti nelle sfere d’influenza dei principali aspiranti egemoni eurasiatici. Così gli Stati Uniti hanno aumentato la loro presenza militare nel mar cinese meridionale, nell’oceano indiano e nel golfo persico, e disturbato Germania, Russia e Cina stringendo i rapporti con i paesi loro vicini.
L’alleanza Visegrad e i paesi baltici hanno formato un vero e proprio cordone sanitario che svolge una funzione al tempo stesso antirussa, perché bastione della Nato, ed antitedesca, perché cuore pulsante dell’euroscetticismo. Non è una coincidenza che il presidente francese Emmanuel Macron, che di recente ha avviato un ripensamento strategico alla ricerca del disgelo con il Cremlino e sogna una Ue autonoma da Washington, prema per un esercito europeo e stia ricorrendo sempre più spesso ad una politica del bastone e della carota con i paesi dell’ex patto di Varsavia, che sono dipendenti economicamente dai fondi strutturali di Bruxelles, nella consapevolezza che rappresentano una quinta colonna inibitrice per ogni strategia globale europea.
Finché la Germania continuerà a vivere nel complesso dell’egemone a metà, gli Stati Uniti riusciranno ad imporle e farle accettare passivamente ogni diktat e rappresaglia, impedendole di guidare l’orizzonte dell’Europa verso l’Asia, dove alla paura mackinderiana di un’alleanza con la Russia si è aggiunto anche il timore brzezinskiano della Cina.
Ad oltre un secolo di distanza, la teoria sul cuore della Terra continua ad essere valida ed il destino delle relazioni internazionali in mano alla Germania, perché: “Chi comanda l’Europa orientale controlla il cuore della Terra, chi controlla il cuore della Terra comanda l’isola-mondo, chi controlla l’isola-mondo comanda il mondo“.