Un nuovo capitolo della saga giudiziaria di Donald Trump si apre quando ormai manca poco più di un anno alle grandi convention che incoroneranno i candidati alla Casa Bianca per il 2024. Questa volta l’indiscrezione giunge dal Washington Post, a proposito della regina di tutte le accuse a carico dell’ex presidente degli Stati Uniti: l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. I quattro capi di imputazione eventuali riguardano l’incitamento all’insurrezione, l’ostruzione di un atto ufficiale del Congresso, cospirazione contro il governo degli Stati Uniti, false dichiarazioni e pressioni sui testimoni affinché dichiarassero il falso su quanto accaduto quella sera.

La svolta nelle indagini

Secondo il quotidiano statunitense, le indagini affidate dal dipartimento della Giustizia al Consigliere speciale Jack Smith, sarebbero ad un punto di svolta e l’incriminazione sarebbe ormai imminente. A giustificare una prossima, probabile, incriminazione sarebbe un carico di nuove prove venute a galla negli ultimi mesi da lasciare “a bocca aperta”, sentenzia il Post. Nel corso dei mesi, in risposta alle quattro accuse principali, si sarebbero andati delineando tre capitoli probatori: nel primo si mette in evidenza “che Trump sapeva di aver perso le elezioni ma non voleva rinunciare al potere, quindi ha lavorato con i suoi avvocati su un’ampia varietà di schemi per cambiare il risultato.

Tali schemi includevano la creazione di certificati elettorali fraudolenti che sono stati presentati al Congresso”. A seguire, l’ex presidente avrebbe fatto pressioni sul suo secondo al comando, Mike Pence, al fine di impedire il regolare passaggio dei poteri, per la prima volta in tutta la storia costituzionale americana, costringendo i membri del Congresso alla fuga in un luogo sicuro, blindando la documentazione in fase di approvazione.

L’inchiesta sarebbe ad un punto di svolta anche da un punto di vista della paternità politica e “morale” di Trump nei confronti della stessa insurrezione: un aspetto molto delicato, a proposito del quale anche il solo rilievo di prove risultava complesso. Anche su questo punto le indagini concluderebbero che “sulla base di tutte le prove disponibili, della giurisprudenza e di precedenti storici analoghi, il sostegno combinato di Donald Trump agli insurrezionalisti e l’inerzia mentre l’insurrezione era in corso sembra più che superare il limite per sostenere le accuse”. A questo si aggiunge il non riconoscimento di alcun profilo di immunità presidenziale, tanto meno il ricorso alla buona fede del presidente, che invece incitava la folla da Twitter al grido di “Get smart Republicans. FIGHT!“, prima di essere costretto dalle circostanze, molte ore dopo, a più sani e morigerati consigli.

Dimostrare che Trump sapeva di aver perso: le testimonianze dei collaboratori

Sebbene la deposizione di Mike Pence resti segreta, ricorda il Washington Post, per Trump si starebbe davvero profilando l’ultima parola sulla tragica vicenda di due anni fa. Vi sarebbero ormai le prove fattuali dell’utilizzo di inganno, pressioni e violenza da parte del presidente e dei suoi sostenitori al fine di impedire il democratico passaggio dei poteri. Un teste d’eccellenza sarebbe anche il genero di The Donald, Jared Kushner, che sarebbe stato ascoltato da un gran giurì federale a Wahington lo scorso mese, secondo quando riportato dal New York Times.

L’obiettivo dei pubblici ministeri sarebbe infatti anche quello di dimostrare che Trump possa aver ammesso privatamente la sconfitta elettorale e che, dunque, la sua propaganda sulla presunta frode sarebbe stata costruita attorno ad un castello di menzogne. Kushner avrebbe confermato la buona fede del suocero, affermando di aver avuto l’impressione che quest’ultimo fosse genuinamente convinto che le elezioni sarebbero state “rubate”. Fra gli accoliti dell’ex presidente sarebbe stata ascoltata anche Alyssa Farah Griffin, direttrice della Comunicazione alla Casa Bianca, alla quale Trump avrebbe confidato “Can you believe I lost to Joe Biden?“. Questa frase, apparentemente banale, sarebbe un’ammissione della sconfitta, che renderebbe tutti gli eventi a seguire una elefantiaca macchina fraudolenta. Nell’indagare fra i contatti più stretti dell’ex presidente, è emersa, inoltre, la testimonianza di Tom Fitton, capo del gruppo conservatore Judicial Watch che sostiene che, essendo in comunicazione diretta con Trump già giorni prima delle elezioni del 2020, aveva compreso come questi avrebbe “dichiarato falsamente la vittoria la sera delle elezioni e chiesto lo stop al conteggio dei voti”. Questo aggiungerebbe perfino la premeditazione all’intero plot dei fatti di Capitol Hill.

La corsa verso le primarie prosegue

Nelle ultime ore, Trump starebbe cercando in più modi di agitare le acque attorno a sé al fine di edulcorare le possibili notizie sull’assalto al Campidoglio. Martedì scorso ha infatti chiesto che il processo sui documenti riservati ritrovati nella sua villa a Mar-a-Lago venga posticipato a dopo le elezioni presidenziali del 2024. In precedenza, erano state proposte due possibili date del processo (agosto e dicembre), ma gli avvocati dell’ex presidente continuano a respingere le due ipotesi, sostenendo che questo arrecherebbe grave danno alla campagna elettorale del loro assistito.

Nel frattempo, la sua corsa elettorale non si ferma, trovando ora nell’Iowa un nuovo nemico: in particolar modo nella persona della governatrice Kim Raynolds, rea di aver esplicitato troppi apprezzamenti a favore di Ron DeSantis, quando invece la tradizione vuole che l’Iowa-lo Stato che fornisce il la alle primarie-non opti per nessun endorsement. Ed è proprio in questo Stato che i due sfidanti nel Gop sperano di dare il primo segnale per la scalata verso la nomination: nonostante i suoi guai giudiziari, nei sondaggi Trump resta in testa alla corsa nel Gop, con quasi 30 punti sopra DeSantis e tutti gli altri candidati dati praticamente dati per spacciati.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.