Si ha notizia di insediamenti umani in questa porzione della Libia già dal sesto secolo avanti Cristo, con i fenici provenienti dalla città di Tiro che già allora notarono una peculiarità che contraddistinguerà questo centro per i secoli e millenni a venire: a Sabrata infatti, vi era allora l’unico porto naturale di quella regione oggi nota come Tripolitania, era dunque lì che si decise all’epoca di fondare una nuova ed importante città sulle coste del Mediterraneo. Questo territorio, tra alti e bassi, tra conquiste romane ed invasioni berbere, ha resistito fino ai giorni nostri ed ancora oggi, nel bene e nel male, deve la sua popolarità e la sua importanza nel contesto tripolitano proprio al suo porto; è da qui che partono molti dei barconi che vengono poi trasportati fino alle coste italiane, è in questa città che hanno fatto fortuna, specie dalla caduta di Gheddafi, quelle milizie che hanno preso in mano la gestione della tratta di esseri umani. E’ per questo motivo che, in questi giorni, suscita scalpore e timore la notizia dell’inizio di scontri interni a Sabrata, il cui controllo adesso è conteso tra bande e tribù rivali.
Chi si contende il potere a Sabrata
Come in tutti i luoghi della Libia, anche nella città portuale a metà strada tra il confine tunisino e Tripoli esistono tribù e milizie locali che hanno da sempre avuto una gran presa nel controllo del territorio ed il cui potere è aumentato dopo la caduta di Gheddafi; nel caso di Sabrata, la milizia più importante appare essere quella di Anas al Dabbashi, facente capo all’omonima famiglia la quale dal 2011 in poi ha intessuto trame tanto con altri miliziani quanto con il governo ufficiale di turno per prendere le redini di tutti gli affari della città portuale. Sarebbero loro, secondo le recenti inchieste portate avanti dalla Reuters e dalla Associated Press, ad aver gestito in questi anni il flusso di migranti: contatti con scafisti, agganci con i gruppi di trafficanti di esseri umani presenti nel Sahel, al pari di rapporti molto stretti con esponenti di spicco della malavita delle città circostanti; sarebbe stata la presenza dei Dabbashi a garantire quella tranquillità che ha fatto del porto di Sabrata il vero hub da cui sono partiti gran parte delle migliaia di migranti giunti dal deserto e poi raccolti dalle navi nel canale di Sicilia.
Non solo immigrazione, ma anche interessi in altri campi ed in altri affari poco limpidi della regione, al pari di una vera e propria scalata al potere politico la quale ha coinciso con le necessità di Tripoli e del governo voluto dall’ONU di Al Serraj di assicurarsi il controllo o, quanto meno, l’appoggio della più potente milizia locale in una delle città costiere più vitali della Tripolitania; è infatti in questo frangente che è entrata in gioco la fantomatica ‘Brigata 48’, citata dalle inchieste sopra esposte e che in questi giorni hanno fatto discutere anche nel nostro paese per via della questione immigrazione: tale brigata è sorta nel 2016 nell’ambito del progetto di difesa delle rotte del commercio del petrolio e soprattutto il vicino compound di Mellitah, terminal energetico vitale per la Libia, così come per l’Italia e gestito dalla società locale National Oil Corporation grazie ad una collaborazione sorta con l’ENI nel 2004. All’interno della Brigata 48, oltre che ad ex poliziotti ed ex membri dell’esercito, sono entrati anche i miliziani di Anas al Dabbashi; in tal modo, la tribù ha iniziato ad espandere in modo più incisivo il controllo a Sabrata ed a presentarsi agli occhi di Tripoli come l’unico interlocutore politico affidabile dell’intera zona.
Ma nella città non esiste soltanto Al Dabbashi: in primo luogo, vi sono altri clan che contendono il ruolo di principale milizia alla tribù sopra citata, a partire dagli Elgul i quali controllano parte del centro di Sabrata, ma soprattutto proprio in questo territorio vi è la sede della cabina di regia libica contro la presenza dell’ISIS, sorta nella primavera del 2016 quando il califfato, proprio grazie ad uno dei principali membri degli Al Dabbashi, ha iniziato a mettere piede in Tripolitania. Un mix di clan rivali e presenze ritenute ostili che, prima o poi, erano destinati a far scoppiare la tensione per il controllo di Sabrata; è quindi bastato un pick up, guidato da un membro degli Al Dabbashi, lanciato a grande velocità contro un checkpoint della cabina di regia anti ISIS per dare il via agli scontri lo scorso 17 settembre. Come riferisce AgenziaNova, le strade di Sabrata sono presidiate dai mezzi delle varie fazioni ed i palazzi controllati da cecchini e uomini armati: si contano già diverse vittime sia tra i miliziani che tra i civili.
Il ruolo di Anas Al Dabbashi nel contrasto all’immigrazione
Secondo il reportage dell’Associated Press, il governo di Tripoli avrebbe stornato i fondi provenienti da Roma e Bruxelles per il contrasto alle partenze dei barconi proprio alla Brigata 48 e quindi, di riflesso, agli uomini di Anas Al Dabbashi; se per i giornalisti dell’agenzia di stampa l’Italia era a conoscenza di questo flusso di denaro verso la milizia di Sabrata ed avrebbe addirittura avuto diretti rapporti con i suoi miliziani, tale circostanza però è stata smentita dalla Farnesina nei giorni immediatamente successivi alla pubblicazione dell’inchiesta. Pur tuttavia, sarebbe proprio la Brigata 48 a gestire il controllo delle coste e ad impedire ai barconi di partire; in poche parole, coloro che fino al mese scorso organizzavano il traffico di esseri umani, adesso sono riusciti a farsi accreditare come unica forza in grado di bloccare le partenze agli occhi del governo di Tripoli, il quale avrebbe dato loro carta bianca (e soldi) per non fare andare in Europa i migranti. Adesso però il quadro sembra essere nuovamente cambiato: dalla Libia si è tornati a partire e proprio in coincidenza con l’inizio degli scontri a Sabrata.
La lotta a Sabrata facilita le partenze dei barconi
I numeri di agosto e di inizio settembre parlano chiaro: sia rispetto ai mesi precedenti che allo stesso periodo del 2016, vi è stato un netto calo di arrivo di migranti dalla Libia in Sicilia e nel resto d’Italia. Ma già il 15 settembre, navi ONG e navi militari hanno effettuato quindici interventi su altrettanti barconi nel cuore del Mediterraneo; la nuova inversione di tendenza quindi, ha iniziato ad essere ben evidente con forze dell’ordine nuovamente sotto pressione nei porti della Sicilia orientale. Che le partenze dalla Libia siano riprese proprio con l’inizio delle nuove ostilità a Sabrata, non sembra essere frutto del caso e questo per almeno tre ragioni: in primis, la battaglia per il controllo della città distoglie forze alla Brigata 48 che dunque non può più concentrarsi esclusivamente sul contrasto alle partenze dei barconi; in secondo luogo, le milizie avversarie agli Anas Al Dabbashi potrebbero intraprendere azioni di boicottaggio dell’accordo tra Tripoli e la Brigata 48, organizzando o favorendo di proposito nuovi viaggi della speranza; infine, le organizzazioni criminali sub Sahariane potrebbero anche puntare su altri porti della Tripolitania alternativi a Sabrata per continuare con il proprio malaffare operato sulla pelle di migliaia di africani.
Fidarsi, direttamente od indirettamente, di milizie che fino a poche settimane fa imperavano nella gestione dei flussi di migranti non pone soltanto un grave problema etico; senza un piano d’azione che preveda la stabilizzazione del panorama libico ed un programma d’interventi a più ampio raggio nel paese nordafricano, dall’ex colonia si continuerà a partire ed i fondi, messi sul piatto da Roma e Bruxelles, fungeranno come meri momentanei palliativi volti soltanto a frenare provvisoriamente il fenomeno ma non ad arginarlo nel lungo periodo.