Il premier Benjamin Netanyahu non demorde e continua ad affermare che il primo luglio Israele procederà con l’annessione della Valle del Giordano, relegando i circa 65mila palestinesi che vivono nell’area in apposite enclavi. A questi ultimi infatti non verrà concessa la cittadinanza israeliana, come diversi analisti avevano anticipato. Il tema dell’annessione degli insediamenti e della stessa Valle del Giordano era stato al centro di tutta la lunga campagna elettorale del leader del Likud, che da gennaio del 2020 ha potuto contare anche sul Piano di pace americano. L’Accordo del secolo infatti prevede l’estensione territoriale di Israele, la creazione di uno Stato palestinese senza continuità territoriale e il non riconoscimento del diritto al ritorno dei palestinesi sancito dalla Risoluzione 194 delle Nazioni Unite. Se a inizio anno Netanyahu sembrava entusiasta del Piano di pace americano, che avvallava per l’appunto i suoi desideri espansionistici, l’atteggiamento del premier ha subito di recente un importante mutamento.
Netanyahu rigetta il Piano di pace Usa
In un’intervista rilasciata alcuni giorni fa al quotidiano Israel HaYom, il premier ha ribadito la sua opposizione alla creazione di uno Stato palestinese, reclamando il diritto a espandere ulteriormente il territorio israeliano fino a ricreare lo Stato ebraico descritto dalla Bibbia. A dover fare delle rinunce, quindi, dovrebbero essere solo i palestinesi, a cui verrebbe negato non solo il diritto a fare ritorno alle proprie terre, ma anche quello ad avere un proprio Stato. Il premier quindi ha bocciato categoricamente una parte importante dell’Accordo di pace americano, voltando così le spalle all’unico alleato su cui fino ad oggi ha potuto contare. Gli Stati Uniti infatti sono l’unica potenza internazionale a sostenere apertamente il desiderio espansionistico di Netanyahu, ma il premier sembra deciso ad andare per la sua strada senza tener conto nemmeno del tanto atteso Accordo del Secolo. In una seconda intervista a Makor Rishon, il leader del Likud ha infatti ribadito che nessuno Stato palestinese vedrà mai la luce in Medio Oriente finché lui sarà alla guida di Israele, ma non è finita qui. Bibi si è anche scagliato contro la clausola dell’Accordo di pace che prevede il congelamento della costruzione di nuovi insediamenti in Cisgiordania per un periodo di quattro anni.
L’importanza dei coloni
La recente opposizione di Netanyahu contro alcune parti fondamentali del Piano di pace – per non dire all’Accordo stesso nel suo complesso – fa in realtà eco alle preoccupazioni manifestate nelle settimane passate da alcuni leader dei coloni. A dispetto di quello che in molti si aspettavano, gli abitanti degli insediamenti israeliani sono stati tra i primi a non essere d’accordo con il Piano di pace americano dopo un’iniziale manifestazione di appoggio all’Accordo made in Us. Come spiegato da al-Monitor, che ha intervistato diversi leader delle colonie presenti in Cisgiordania, questa particolare fetta della popolazione israeliana non sarebbe d’accordo non solo con la creazione di un qualsivoglia Stato palestinese, ma nemmeno con il riconoscimento del diritto dei palestinesi ad avere una propria organizzazione statale. Come spiegato per esempio da Shlomo Ne’eman, capo della comunità di Gush Etzion, è per loro impossibile accettare che gli insediamenti israeliani siano collegati tra di loro solo tramite delle strade che passano per il territorio di un futuro Stato palestinese. L’unica via percorribile quindi sarebbe quella della totale annessione da parte di Israele della Cisgiordania e la creazione della Eretz Israel di biblica memoria.
Come detto, il premier Netanyahu non ha tardato a farsi portavoce delle preoccupazioni e dei desideri dei coloni, che da anni rappresentano una parte importante dell’elettorato del Likud. Con le sue ultime dichiarazioni il premier ha quindi scelto di schierarsi apertamente dalla parte dei coloni, arrivano persino a voltare le spalle al suo unico alleato – Donald Trump – che avrebbe tanto voluto presentarsi alle elezioni americane di novembre come il pacificatore del Medio Oriente.