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Il presidente del Consiglio italiano è stato deciso a Biarritz? È questo il dubbio che può sorgere unendo tutti i puntini del percorso dell’ultima crisi di governo,m arrivata mentre il premier Giuseppe Conte era impegnato nella riunione del G7 in Francia. Riunito insieme ai grandi della Terra, il capo del governo italiano (dimissionario) ha ricevuto numerosi endorsement da parte dei leader arrivati nella cittadina francese. Ma è soprattutto su tre personalità che bisogna puntare gli occhi: Donald Trump, Emmanuel Macron e Angela Merkel.

La leader tedesca è da sempre interessata alla possibilità che in Italia vi sia un governo fedele alla linea di Bruxelles. L’Unione europea quale moltiplicatore di potenza di Germania (e Franca) è un tratto caratteristico dei governi di Berlino, che considerano da sempre l’Ue quale la struttura attraverso cui costruire la propria potenza regionale. La cancelliera, leader del Partito popolare europeo e soprattutto a capo della superpotenza europea per eccellenza, ha fatto capire in maniera netta di non volere un governo spostato eccessivamente verso l’Atlantico o verso la Russia o un esecutivo che non garantiva l’appartenenza cieca ai vincoli europei. E non è un caso che il retroscena di Repubblica di alcuni giorni fa abbia portato alla luce una telefonata della stessa Merkel a un esponente di alto livello del Partito democratico in cui si chiedeva a gran voce un governo di matrice progressista con l’esclusione dei sovranisti. E con Conte premier.

Dello stesso avviso, il presidente francese Emmanuel Macron. Il capo dell’Eliseo, considerato un rivale strategico del governo giallo-verde, vede nella nascita di un esecutivo rosso-giallo uno strumento di tutela degli interessi francesi, dal momento che il Pd ha storicamente ottimi rapporti con l’establishment di Parigi e non ha mai negato la volontà di fermare l’innalzamento dei toni tra Palazzo Chigi e il governo francese. Durante l’esperienza di governo Lega-Movimentano Cinque Stelle, più volte Italia e Francia hanno avuto scontri molto accesi su diversi fronti. Dall’immigrazione agli interessi strategici in Libia fino agli affari industriali, Parigi e Roma si sono viste su fronti contrapposti. E l’asse di Matteo Salvini con Marine Le Pen così come la (ormai conclusa) alleanza tra M5S e gilet gialli avevano manifestato una vera e propria conflittualità tra i due Paesi. In mezzo, Quirinale e Patito democratico, che invece hanno sempre rappresentato i ponti tra i due lati delle Alpi. E l’idea che l’Italia potesse passare da un governo avverso a un governo fondamentalmente in linea con l’Europa a trazione franco-tedesca non può non piacere a Macron ,intenzionato da molto te po a ergersi quale guida dell’Europa in un momento di indebolimento dell’industria tedesca e di fisiologica perdita di leadership della cancelliera tedesca. Amica sì, ma non alleata a tal punto da non pensare a un cambio della guardia nella leadership dell’Unione europea.

Infine, Donald Trump. Il tweet del presidente americano con cui è stato espresso l’augurio di vedere ancora Conte presidente del Consiglio è stato interpretato come un endorsement di Trump al governo composto da Movimento 5 Stelle e Pd. Ma la questione è fondamentalmente diversa. Trump, come suggerito anche da personalità vicine alla sua cerchia, non ha espresso un endorsement verso il governo con il Pd, ma, come spiegato su questa testata, un augurio personale nei confronti del premier Conte. Un premier amico che ha sempre fatto capire di avere interesse a mantenere un ottimo rapporto con gli Stati Uniti anche in chiave di apertura alla Russia nel G7, oltre che nel mostrare piena appartenenza all’asse atlantico e condivisione di certi obiettivi strategici americani. Obiettivi di cui fa parte anche l’Europa e il grande fronte del Mediterraneo allargato, dove gli Stati Uniti vogliono risolvere alcune crisi. la prima delle quali è proprio quella dell’Iran.

L’Iran è stato al centro del dibattito di Biarritz. E Trump si gioca tutto sulla risoluzione dell’escalation del Golfo Persico. Ma per farlo gli serve l’Europa, e l’Europa significa Francia e Germania. Soprattutto la prima, visto che Macron ha già fatto capire di poter giocare un ruolo di primaria importanza nella definizione dello scontro tra Teheran e Washington. I due presidente hanno parlato a lungo (e da soli) a margine del G7 francese. E quel cinguettio di Trump nei confronti di Conte può essere letto anche come la conclusione, o meglio, la certificazione di un patto. L’amministrazione repubblicana, almeno per il momento, non si metterà contro un esecutivo guidato da un “amico”. E questo, probabilmente, è un conto da pagare per avere Francia e Germania dalla propria parte nelle trattative con l’Iran: il vero scoglio per il governo americano. Uno scoglio che, unito alla guerra dei dazi con la Cina, sarà il vero snodo strategico dei prossimi mesi del governo guidato da The Donald.

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