Il villaggio di Panmunjom, nella zona “demilitarizzata” tra le due Coree, avrà presto gli occhi del mondo puntati addosso. Sarà qui, nella Peace House della parte sudcoreana di quest’area, che si riuniranno, infatti, per la prima volta dopo due anni le delegazioni di Pyongyang e Seul. Un incontro fondamentale, che arriva dopo l’escalation missilistica e nucleare di Kim Jong-un, le esercitazioni militari tra Usa e Corea del Sud, le sanzioni dell’Onu e l’incessante lavoro diplomatico delle cancellerie di mezzo mondo, con Cina e Russia in prima linea per fermare le tensioni crescenti. Ma adesso, qualcosa è cambiato. Dicono per i Giochi invernali di Pyeongchang, ma molto più verosimilmente perché si sa da entrambe le parti che è stato raggiunto il limite prima che la corda si spezzi. E a Panmunjom ora si attende l’arrivo delle due delegazioni con curiosità, attesa ma anche con un certo scetticismo, derivante da decenni di armistizio, minacce, tensioni e promesse non mantenute. Fu qui che venne firmato l’armistizio che pose fine alla guerra fra le due Coree (il tavolo, a cavallo del confine, è ancora oggi visibile e visitabile) ed è nei suoi pressi che sorge la Joint Security Area, l’unica zona del confine fra i due Stati in cui i militari dei Paesi si trovano faccia a faccia e che, per metonimia, viene anche chiamata a sua volta direttamente Panmunjom.
La storia di questo villaggio abbandonato e divenuto nel tempo una delle più curiose e affollate attrazioni turistiche della Corea è un po’ l’emblema delle difficili relazioni fra Seul e Pyongyang. Il “Truce Village” può essere visitato sia dalla Corea del Nord che dalla Corea del Sud, ed è un anello di congiunzione unico e del tutto sui generis fra due Stati. Sospeso nel tempo e circondato da due eserciti pronti alla guerra, è possibile vedere migliaia di turisti che si fanno fotografare con i soldati al confine, visitare i luoghi dell’armistizio, e, come riportato da Isaac Stone Fish dell’Asia Society per Public Radio International, anche il turismo è totalmente diverso se si proviene dal Sud e dal Nord. Per chi arriva dalla Corea del Sud, c’è un modulo da firmare in cui viene segnalato che si sta entrando in una zona pericolosa, con possibili incidenti e si chiede di evitare ogni tipo di atteggiamento provocante (anche nel vestiario) verso i soldati nordcoreani. Cose che invece, paradossalmente, non avvengono nel fronte settentrionale, dove al contrario, come riportato, c’è una più la volontà di inviare un messaggio per cui sono i soldati sudcoreani a volere i due popoli divisi.
Nonostante la zona sia denominata “demilitarizzata”, essa è in realtà la zona probabilmente più militarizzata dell’intero globo terrestre. La Demilitarized Zone, istituita di comune accordo fra Cina, Corea e Onu nel 1953 è una striscia di terra di terra larga quattro chilometri e che si estendere per 248 chilometri lungo il confine. Secondo alcuni studi, sembra che vi siano più di un milione di mine sepolte a cavallo del confine e sono decine di migliaia i soldati che ogni giorno stanziano lungo la linea aspettando un passo falso del nemico dall’altra parte di quell’area, tra fili spinati, posti di blocco, bunker e blindati e carri armati che circolano lungo il confine. Perché quello che non va mai dimenticato, è che fra Corea del Sud e Corea del Nord c’è un armistizio, ma non c’è la pace. La guerra è sospesa in una sorta di perenne pausa dovuta al fatto che il mondo si è impegnato affinché non si ripetesse la guerra. Vestigia della Guerra Fredda che oggi, con il mondo che si appresta a entrare nell’era multipolare, continuano tuttavia ad essere ben presenti e difficilmente sradicabili dal loro contesto. I due Paesi sono ormai abituati a questo sistema di confine, intere generazioni hanno vissuto con l’idea che dall’altra parte vi fosse il nemico, e pur non essendo radicato un sentimento di avversità acceso fra le due popolazioni, oggi difficilmente i due governo sognerebbero la riunificazione: perché vorrebbe dire la sconfitta di uno o dell’altro sistema. Ma a questo realismo, corre parallela anche una flebile speranza. Non a caso, in questo vertice di domani i due governi parleranno di possibili progetti di ricongiungimenti di famiglie divise da decenni.