Pace e armonia come fondamenta imprescindibili sulle quali costruire uno Stato votato allo sviluppo economico e alla continua ricerca del benessere dei cittadini. La ricetta adottata dal Kazakhstan ha funzionato alla grande, visto che il Paese si è trasformato, nel giro di un paio di decenni, da un anonimo Stato dell’Asia centrale ad hub commerciale strategico di livello globale. Ricordiamo che nel 1991, anno dell’indipendenza dall’Unione Sovietica, c’era l’enorme rischio che potessero esplodere violenti conflitti interetnici all’interno dell’allora società kazaka. A peggiore la situazione, c’era poi il fatto che la nazione post-sovietica aveva ereditato il quarto più grande arsenale nucleare del mondo.

Vari analisti ritenevano che ci fossero tutte le condizioni per il verificarsi di gravi tensioni sociali. Queste previsioni, come ha evidenziato Aiman Zhussupova , esperto dell’Istituto di economia e politica mondiale (IWEP) sotto la Fondazione Nursultan Nazarbayev (Kazakistan), non erano affatto infondate. Il motivo è presto detto: la popolazione del Kazakhstan era divisa da linee etniche e linguistiche. Basti pensare che nel 2011 la società kazaka era stata classificata dal ricercatore statunitense PhilipG. Roeder come “società particolarmente diversificata” nell’Indice di frazionalizzazione etnolinguistica.

La creazione dell’Assemblea del popolo del Kazakhstan

Ricapitolando, all’alba dell’indipendenza, il Kazakhstan non si era soltanto attraversato da pericolose divisioni etniche e linguistiche. Doveva fronteggiare pure la cosiddetta “teoria della sovrapposizione di linee di divisione”, secondo la quale le probabilità dello scoppio di un conflitto violento sarebbero aumentate a dismisura nel caso in cui una di queste linee di frattura – appunto quella etnica e sociale – si fossero sovrapposte l’una sull’altra. È in un simile scenario che, all’inizio degli anni ’90, il primo presidente del Kazakhstan, Nursultan Nazarbayev, delineò le idee chiave alla base della nuova nation building del Paese.

Tutto doveva ruotare attorno alla conservazione dell’armonia interetnica, alla diversità etnica e all’uguaglianza dei cittadini, indipendentemente dalle loro affiliazioni etniche e religiose. Per rafforzare il concetto di armonia interetnica, nel 1995 fu creata l’Assemblea del popolo del Kazakhstan, un’organizzazione unica della società civile in grado di riunire i rappresentanti di 130 gruppi etnici. Tale Assemblea si è poi sviluppata nel corso degli anni, tanto che la sua autorità è adesso riconosciuta internazionalmente. Sono state create diverse sue strutture pubbliche, tra cui consigli di pubblico accordo, consigli di mediazione, un club di giornalisti, un consiglio di esperti scientifici, un movimento giovanile e un’associazione di imprenditori. A partire dal 2007, la stessa Assemblea ha ricevuto il potere di delegare nove dei suoi rappresentanti alla Mazhilis, cioè la camera bassa del parlamento kazako.

Un esempio di caratura internazionale

Il Kazakhstan è riuscito là dove molti altri Paesi avevano fallito: ha creato, mantenuto e migliorato, anno dopo anno, l’armonia interetnica nazionale. Un traguardo del genere, unito al mantenimento della pace e dell’armonia, ha attirato l’interesse di organizzazioni internazionali e altri Stati. Il “modello kazako“, al netto delle specificità presenti in ogni singolo Stato sovrano, ha dimostrato la sua fattibilità ed è preso come spunto da molti attori globali. Nazioni Unite e OSCE hanno già elogiato il modello creato da Nazarbayev, sottolineandone le capacità di incoraggiare le relazioni interetniche basate sul rispetto reciproco, mentre il Consiglio europeo sulla tolleranza e la riconciliazione (ECTR) ricalca i ruoli della suddetta Assemblea. In quest’ultimo caso, stiamo parlando di una ONG fondata in Francia del 2008 per monitorare la tolleranza in Europa, ovvero di un’entità creata, seppur in un contesto diverso, per perseguire i medesimi obiettivi dell’Assemblea del popolo kazaka.

Al momento i kazaki rappresentano circa il 68,5% della popolazione del Kazakistan, mentre gli altri gruppi etnici costituiscono il 31,5%. Scendendo nel dettaglio, troviamo il 18.9% di russi, il 3.3% di uzbeki, l’1.5% di uiguri, l’1.4% di ucraini, l’1% di tedeschi, lo 0.6% di turchi, di azeri e di coreani, oltre a un 3.6% di “altri”.  Per quanto riguarda la coesistenza pacifica, ecco altri due dati interessanti: in Kazakhstan troviamo 3.738 associazioni religiose e 18 confessioni rappresentate. La politica delle relazioni interetniche e del rafforzamento della pace e dell’armonia è proseguita e sviluppata dall’attuale presidente del Paese, Kassym-Jomart Tokayev. Giusto per fare un esempio, nella pubblica amministrazione del Paese, autentico ponte tra l’Occidente e l’Oriente, non vengono utilizzati termini come “minoranza etnica” o “diaspora”. Nel frattempo il Kazakhstan, grazie al modus operandi del governo, è riuscito non solo a preservare, ma anche a rafforzare in modo significativo la sua stabilità socio-politica.