L’idea di un colpo di Stato che metta fuori gioco Vladimir Putin anima i dibattiti occidentali dall’inizio della guerra in Ucraina. Colpi di stato che nascerebbero da condizioni e prospettive molto diverse ma tutti uniti da un denominatore comune: il sistema putiniano si regge solo se la sua “operazione militare speciale” va a buon fine.

Gli scenari presi in considerazione da analisti e osservatori sono molteplici e sono cambiati anche a seconda dei tempi in cui sono stati prospettati.

Tutti gli scenari immaginati per un golpe

All’inizio del conflitto, quando il Cremlino era oggetto di una pioggia di sanzioni provenienti dall’Europa e dall’America, molti facevano leva sui portafogli degli oligarchi, anche di quelli fuggiti all’estero. L’equazione era che una volta che le sanzioni avrebbero inciso sugli imperi economici di personalità molto influenti nelle sfere russe e con una rete di interessi e contatti radicata in tutto il mondo, si sarebbe giunti a una forma di golpe interno. Successivamente, una volta passata la prima fase traumatica delle sanzioni per gli oligarchi, si è cercato di capire se sarebbe stato il popolo a chiedere la testa dello “zar” dopo le prime notizie di soldati caduti, feriti o imprigionati. E soprattutto dopo le restrizioni conseguenti sia alla censura che alla delicata situazione economica. Anche in questo caso si era riflettuto sull’ipotesi che una popolazione portata non certo allo stremo ma impoverita rispetto al passato, specialmente la classe media, avrebbe condotto una campagna di protesta fino al crollo della leadership di Putin. Ipotesi sostenuta anche dall’eventuale contributo di personalità influenti, oligarchi o “siloviki”, gli uomini più influenti del circuito di potere russo.

Si è poi ipotizzato che fosse proprio il cerchio magico di Putin a custodire l’eventuale successore in caso di sconfitta russa in guerra o di una inarrestabile situazione di crisi sociale ed economica. Qualcuno ha riflettuto sull’eventualità che uno delle cosiddette “colombe”, quelle più vicine alle istanze occidentali, avrebbe potuto reagire al disastro bellico e evitare il prolungamento del conflitto. Altri ancora, invece, l’esatto opposto: e cioè che uomini dello Stato profondo russo, a partire dai servizi, per evitare la sconfitta bellica possano scegliere di rimuovere silenziosamente lo “zar” imponendosi a Mosca.

Infine, ultima ipotesi, quella di un golpe dei militari. Alti funzionari della difesa che si sarebbero ritrovati a dover gestire una guerra disastrosa contro la loro volontà, esclusi dalle scelte più importanti operate dal presidente, e per questo ben lieti di bloccare le derive più intransigenti di Putin: come per esempio l’improbabile, ma purtroppo non impossibile decisione di lanciare un attacco nucleare. In questo senso, molti osservatori hanno interpretato le diverse “sparizioni” dei generali o la morte di qualcuno di essi in prima linea come una sorta di tentativo dello stesso capo del Cremlino di far fuori gli ufficiali più scomodi.

Come scritto in precedenza, la premessa che tutto questo accada è sempre la stessa: che Putin perda la guerra o che il conflitto sia talmente disastroso, a livello economico e di immagine, da sprigionare forze interne alla Russia a spodestare il presidente anche prima della fine della campagna militare ucraino. Scenario non impossibile, perché Putin si è giocato tutto con questa guerra e, come tutti i leader autocratici non può che essere legato a doppi filo alle sue vittorie e all’idea che l’opinione pubblica ha della leadership. Tuttavia, il rischio è che molto spesso quello su cui si riflette è un esempio di wishful thinking, cioè l’illusione che i propri desideri possano realizzarsi basandosi su indizi che in realtà sono tali solo perché si punta a un determinato obiettivo. In sostanza, il rischio di molte analisi è che si creda davvero il golpe come soluzione alla guerra e alla situazione di grave crisi che paralizza il mondo. E per questo si dà non per certo ma come probabile.

L’élite russa è debole, il nazionalismo no

La questione, in realtà, è molto più complessa. In parte ci aiuta un approfondimento di Foreign Policy, rivista che non può certo essere definita filorussa o filo-Putin, in cui si avverte come al momento “l’élite russa è diventata così preoccupata su come garantire la stabilità politica ed evitare le proteste che si è consolidata attorno a Putin come l’unico leader in grado di rafforzare il sistema politico e prevenire i disordini”. In sostanza, l’élite della Federazione non è affatto forte, ma anzi è debole, troppo legata al presidente, incapace di avere una presa sulla popolazione e, aggiungiamo, probabilmente anche preoccupata da come potrebbero reagire il capo dello Stato e gli apparati di intelligence in caso di movimenti sospetti degli oligarchi. Questo vale sia per i burocrati che per i grandi magnati dell’industria di Mosca.

Inoltre, spiega sempre Tatiana Stanovaya sulla rivista citata, l’umore della popolazione potrebbe non favorire affatto la fine della guerra, ma anzi alimentare un’escalation che diventerebbe il frutto più angosciante e perverso della propaganda del Cremlino e, dall’altro lato, dell’assedio mediatico e economico dell’Occidente per fermare l’invasione dell’Ucraina. Il che ci collega al fatto che non solo molti sono consapevoli che Putin è ancora il leader per gran parte della popolazione russa, ma anche che paradossalmente rappresenta anche l’unico freno a un nazionalismo crescente e che potrebbe dilagare in caso di fine drammatica della stagione di potere.

Gli Stati Uniti non sono così contenti

Uno scenario che è stato considerato anche da diversi esponenti dell’intelligence statunitense, al punto che lo stesso Joe Biden ha dovuto immediatamente cambiare atteggiamento non appena la Casa Bianca ha detto di ipotizzare una sorta di cambio di regime in Russia. Non solo questa eventualità è stata negata dal presidente, ma anzi i servizi segreti citati dai media hanno più volt emesso in guardia dal non dare per scontati gli esiti di un colpo di stato. Anche dopo le rivelazioni di Newsweek sulla presunta malattia di Putin e sulla sua leadership indebolita, la stessa fonte dell’intelligence ha segnalato che anche in caso di morte del presidente russo non bisognerebbe “stare tranquilli” per il caos che potrebbe esplodere dopo la notizia. L’ipotesi non è del tutto diversa per quella del golpe: per questo va considerato il fatto che non tutti a Washington potrebbero essere d’accordo con il sostegno a un eventuale colpo di mano per spodestare il leader russo.

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