È una guerra che ha provocato oltre 400mila morti quella scoppiata nel 2013 in Sud Sudan tra le forze armate di etnia dinka, fedeli al presidente Salva Kiir, e quelle di etnia nuer, che appoggiano l’ex vicepresidente, Riek Machar. Ma le centinaia di migliaia di vittime, i morti per la fame e le malattie, l’esodo, e neppure la fragile pace raggiunta due mesi fa, sono serviti a fermare l’orrore che continua a scuotere il Paese, diviso dagli scontri interetnici.

Sarebbero almeno 125, infatti, secondo le denunce di Medici Senza Frontiere e delle Nazioni Unite, le donne stuprate da un gruppo di uomini armati nel nord del Paese. Tra loro ci sarebbero  bambine con meno di dieci anni, anziane e donne in stato di gravidanza. Violenze sessuali, torture e percosse si sarebbero susseguite per almeno dieci giorni, secondo quanto riferisce l’organizzazione non governativa, nella città di Bentiu, nel Northern Liech State.

Centinaia di donne hanno raccontato di essere state frustate e picchiate con dei bastoni e con il calcio dei fucili. “Negli ultimi 12 giorni, più di 150 donne e ragazze hanno ricevuto assistenza dopo aver subito violenza sessuale”, hanno confermato il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e coordinatore Unicef, Mark Lowcock, e la direttrice generale del Fondo delle Nazioni unite per la popolazione, Natalia Kanem, indicando degli “uomini in uniforme” come autori delle aggressioni.

Le violenze sono state condannate dal rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite nel Paese. “Chiediamo alle autorità competenti di denunciare pubblicamente gli attacchi e assicurare che tutti i responsabili di questo crimine vengano processati”, si legge nella dichiarazione dei responsabili delle organizzazioni dell’Onu, che hanno chiesto alle parti in conflitto di “rispettare i loro obblighi secondo il diritto internazionale umanitario e porre fine agli attacchi contro i civili”.

Quella degli stupri è una vera e propria piaga che affligge il Paese: soltanto nella prima metà del 2018 sono state 2.300 le donne che hanno fatto ricorso ai servizi di assistenza per la violenza di genere. Oltre il 20% dei casi denunciati riguardava vittime minorenni. Si tratta, oltretutto, di stime al ribasso, visto che questo tipo di abusi raramente vengono denunciati.

“Siamo uno Stato per il quale il rispetto dei diritti umani e delle donne è in cima alla lista”, ha replicato il ministro dell’Informazione Lam Tungwar, mettendo in dubbio la denuncia delle organizzazioni internazionali. Tungwar, citato dal quotidiano britannico Independent, ha assicurato che gli autori delle violenze di Bentiu saranno assicurati alla giustizia, ma fatto sapere di “non concordare” con le ricostruzioni circolate nei giorni scorsi.

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