Da molte settimane, Al Jazeera è nell’occhio del ciclone perché accusata di fomentare il terrorismo e le violenze contro i governi. L’emittente qatariota, simbolo del soft power di Doha nel mondo arabo e non solo, è riuscita a costruire negli anni una rete d’informazione immensa che è entrata nelle case di milioni di persone e che ha collaborato nella creazione di un sistema mediatico utile alle politiche del Qatar e contro i nemici dell’emirato. Un potere immenso, talmente temuto dai suoi avversari che l’Arabia Saudita e i suoi alleati, tra le richieste per la fine del blocco al Qatar, hanno chiesto all’emirato di chiudere definitivamente la rete televisiva di Stato. Una richiesta che è stata respinta subito da Doha ma che dimostra, in modo cristallino, l’importanza del sistema mediatico creato da Al Jazeera nella sfida alla leadership del mondo arabo tra sauditi e qatarioti.

Le accuse di fomentare la violenza di piazza e la ribellione si pensava fossero soltanto del blocco saudita. E invece, nelle ultime ore, anche un altro Stato si è unito a quelli che chiedono a gran voce la chiusura del canale del Qatar: Israele. Poche ore fa, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu ha annunciato nel suo profilo ufficiale di Facebook che ha già richiesto alle autorità di polizia di chiudere le trasmissioni di Al Jazeera in Israele e nei territori occupati perché incitanti alla violenza durante i fatti di Al Aqsa. Ed ha anche dichiarato che, qualora le forze di polizia non riuscissero a chiuderlo, cercherà lui stesso, da primo ministro, la via legale per ordinare l’espulsione da Israele della rete televisiva del Qatar.





Al Jazeera è infatti stato uno dei media internazionali che più ha coperto le violenze che hanno riguardato la Spianata delle Moschee. Sin dal 14 luglio, giorno dell’inizio degli scontri, la televisione qatariota ha seguito passo dopo passo le violenze fra israeliani e palestinesi, ed ha in particolare puntato il dito sugli scontri avvenuti il 21 luglio, pubblicando un video di un poliziotto israeliano che prendeva a calci un palestinese inginocchiato a terra, mentre sembra pregare su un tappeto. Il video, ripreso anche dalla testata israeliana Haaretz, ha immediatamente fatto il giro del mondo ed è stato preso ad esempio da molti manifestanti palestinesi come ulteriore per attaccare gli israeliani. In quel video, il reporter di Al Jazeera dava per certa la violenza ingiustificata del poliziotto israeliano contro un fedele musulmano che stava pregando. Proprio da questo video è partita la campagna di una parte della politica israeliana, che si è detta preoccupata dalla potenza mediatica di Al Jazeera nell’infiammare le manifestazioni palestinesi.

Desta interesse la convergenza d’interessi fra Arabia Saudita e Israele anche per quanto riguarda un obiettivo che sembrava dovesse essere solo di Riad, e cioè Al Jazeera, ma dimostra, dall’altro lato, l’assoluta collaborazione tra Tel Aviv e Riad per quanto riguarda lo scacchiere mediorientale, in particolare riguardo al Qatar. Dall’inizio del blocco saudita nei confronti di Doha, il governo israeliano si è detto contento della scelta dei Saud, e fu proprio il ministro della Difesa israeliano a definire questa scelta come un evento che apriva “nuove opportunità nella lotta al terrorismo”. Una convergenza d’interessi che sicuramente passa anche dagli ottimi rapporti di Arabia Saudita e Israele con Washington, che ora, nella crisi palestinese, si trova a dover mediare fra le richieste di Tel Aviv di avere carta bianca sui territori palestinesi, e i desiderata di Riad di rispettare la causa palestinese – con in ballo i cento miliardi di dollari per il contratto sulle armi. Un esempio di questa difficile mediazione è dato dal problema dell’ambasciata statunitense in Israele, che Trump dichiarò di voler spostare a Gerusalemme perché la considerava capitale naturale dello Stato ebraico, e che poi ha ritrattato visto l’assegno da più di cento miliardi strappato alla potenza wahabita. Come sempre, è il nemico comune il collante migliore nelle scelte politiche del Medio Oriente. Al Jazeera docet.

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