L’omicidio di Aziz Asbar, lo scienziato siriano ucciso con l’esplosione della sua macchina a Masyaf, ha da subito attratto l’attenzione dei media. E in molti, immediatamente, hanno puntato il dito contro Israele. Troppi gli indizi a favore della tesi per cui dietro l’uccisione di Asbar vi fosse il Mossad.
L’importanza dello scienziato siriano, così come l’importanza del centro di ricerca che dirigeva, già bombardato da Israele, sono stati individuati subito come motivi per credere che i servizi israeliani avessero agito nell’ombra per eliminare un avversario scomodo. Perché questo era Asbar, soprattutto per i suoi legami con il programma missilistico iraniano.
Israele, come sempre, non ha smentito le accuse rivolte nei suoi confronti. È una politica che lo Stato ebraico segue da tempo. Lo fa per evitare di dare certezze ai nemici, ma anche per dare all’esterno un’immagine di potenza. Gli altri Paesi e le altre agenzie di intelligence devono credere che il Mossad possa arrivare ovunque vogliono, per colpire qualunque nemico.
Perché la morte di Asbar è solo l’ultimo di una serie di episodi controversi di cui sono stati incolpati i servizi segreti di Israele. E, come ricorda Al Monitor, questa uccisione ha ricordato due omicidi di cui era stato accusato il Mossad: l’assassinio del capo di stato maggiore di Hezbollah Imad Mugniyah, avvenuto a Damasco nel febbraio 2008; e l’omicidio del generale siriano Mohammed Suleiman nella sua villa a Tartous, nell’agosto dello stesso anno.
L’uccisione di Mugniyah
L’uccisione di Mugniyah è considerata ancora oggi uno degli attacchi più audaci del Mossad. Noto come “l’uomo senza volto”, il leader di Hezbollah, considerato uno dei fondatori del movimento libanese, ha vissuto per decenni senza che il mondo ne conoscesse l’identità. Di lui si aveva soltanto una foto del 1985, dopodiché pochissimi hanno avuto modo di conoscere il suo volto.
Mugnyah dormiva ogni notte in un posto diverso, proprio perché sapeva che Israele e Stati Uniti lo avessero messo nel mirino. Una caccia senza interruzione terminata nel 2008, quando la sua automobile è esplosa nel centro di Damasco. Un assassinio complesso. Aver trovato il luogo in cui dormiva, individuato l’automobile e inserito un congegno esplosivo al suo interno (o secondo un’altra ipotesi un’autobomba vicino alla macchina del leader libanese), non furono azioni di un servizio qualsiasi. E proprio per questo tutti accusarono il Mossad.
I servizi israeliani negarono il coinvolgimento, ma il Dipartimento di Stato americano rilasciò una dichiarazione molto sibillina: “senza di lui, il mondo è un posto migliore”, questo fu il commento di Sean McCormack, allora portavoce del Dipartimento Usa.
L’omicidio di Suleiman
L’assassinio di Muhammad Suleiman, invece, ha colpito direttamente il governo di Damasco. Secondo i media, il generale siriano, uno dei più stretti collaboratori di Bashar al-Assad, è stato freddato da un cecchino con un colpo alle testa e uno al collo mentre cenava nella sua villa al mare, a Tartous.
Anche in questo caso, l’importanza dell’uomo ucciso, unita alla precisione dell’operazione, fecero immediatamente pensare al Mossad. Alcune fonti parlano di Suleiman come il principale consigliere per la sicurezza del presidente. Altre fonti ritengono fosse il collegamento delle forze armate siriane con Hezbollah. Poi, nel 2010, Wikileaks ha pubblicato un cablogramma della National security agency che definiva Suleiman il “consigliere presidenziale per l’approvvigionamento di armi e per le armi strategiche”.
Infine, un’indagine pubblicata da The Intercept, grazie alle confessioni di Edward Snowden, ha riferito che l’agenzia d’intelligence americana aveva intercettato le comunicazioni israeliane che confermavano che l’omicidio fosse opera dei servizi dello Stato ebraico. Lo si può leggere nei documenti pubblicati dallo stesso sito americano.Il motivo della morte era da ricercare nel fatto che Suleiman fosse uno dei personaggi di spicco del programma nucleare siriano.
E non a caso, un anno prima, Israele bombardò con un’operazione clandestina il reattore di Deir Ezzor. Proprio per questo motivo, in molti vedono la morte di Asbar come una perfetta ripetizione di quella morte, avvenuta 10 anni fa a Tartous.
L’omicidio di Mahmoud al-Mabhouh
Come scrivemmo su questa testata, di particolare importanza in questi ultimi anni è stato l’omicidio del Mahmoud al-Mabhouh, un alto funzionario di Hamas ucciso a Dubai. la sua morte, orchestrata direttamente da Parigi dai servizi segreti israeliani, è stata una delle operazioni più clamorose e forse anche meno riuscite da parte del Mossad.
La morte del dirigente palestinese, avvenuta per mano di sicari arrivati direttamente con un volo Air France dalla capitale francese a Dubai, è stata ripresa dalle telecamere di sicurezza del luogo dell’omicidio. In questo caso, la falla nel sistema è stata evidente. La polizia degli Emirati ha reso pubbliche le immagini dell’assassinio, di fatto facendo vedere a tutto il mondo un’operazione dei servizi israeliani.
La recente escalation di omicidi
A più di due anni dall’insediamento di Yossi Cohen come direttore del Mossad. E in questi due anni e mezzo, l’agenzia israeliana ha avuto un’impennata di questo tipo di operazioni. Dalla nomina di Choen per mano di Benjamin Netanyahu, il Mossad ha aumentato il numero degli omicidi mirati e sembra assolutamente intenzionata a non arretrare.
Una delle prime operazioni che si presume essere stata compiuta da Israele, è stata l’omicidio dell’ingegnere Mohamed Zoari. Fuggito dalla Tunisia, l’ingegnere, esperto di droni, si unì alle Brigate Ezzedin al-Qassam di Hamas. L’uomo venne freddato a Sfax da due assalitori che non lasciarono alcuna traccia, se non due passaporti bosniaci. Hamas incolpò subito il Mossad dell’omicidio. Israele, come sempre, non confermò né smentì, ma il ministro della Difesa Avigdor Lieberman commentò la smorte dell’esperto di droni di Hamas dicendo che “non avrebbe certo vinto il Nobel per la pace”.
A gennaio di quest’anno, un altro attentato sospetto. Questa volta, ad essere coinvolto nell’esplosione un altro nemico dello Stato di Israele: l’attivista di Hamas, Mohammed Hamdan. Come scrivemmo su questa testata, in quel caso l’attentato avvenne attraverso l’esplosione di una bomba al passaggio dell’automobile del dirigente palestinese nel centro di Sidone. L’uomo è sopravvissuto all’attentato. In molti pensarono che in realtà l’obiettivo non fosse lui, ma il fratello, Osama, uno dei più importanti funzionari di Hamas. Ma potrebbe essere anche stato un avvertimento per entrambi.
Ad aprile, un nuovo omicidio. A morire, questa volta, un ricercatore palestinese legato ad Hamas, Fadi Mohammad al-Batsh, ucciso a Kuala Lumpur, in Malesia, da due sicari in motocicletta. Secondo Al Monitor, il ricercatore stava lavorando al “Precision Project”, un presunto piano di creazione di un sistema balistico ideato da Hezbollah, Iran, Siria e Hamas.
L’Iran al centro delle attenzioni di Israele
Israele ha da molti anni un obiettivo: fare in modo che l’Iran non abbia più la capacità di possedere un’arma nucleare. Il programma nucleare iraniano è al centro dei pensieri di Netanyahu. E, come ha scritto la rivista americana Politico, il Mossad si era preso carico anche di un programma di eliminazione fisica di molti scienziati legati al programma atomico degli Ayatollah.
Adesso, significa semplicemente unire i puntini come un grande gioco di enigmistica. Tutti questi omicidi hanno effettivamente un denominatore comune. Tutti i morti erano persone che avrebbero sicuramente accresciuto le capacità militari degli avversari di Israele, nessuno escluso. Leader militari, ricercatori, ingegneri, chiunque era in grado di offrire un miglioramento sensibile alla potenza degli avversari dello Stato ebraico. E sono morti, tutti, in circostanze per cui si può credere che il Mossad abbia operato.
Chiaramente, come ogni operazione dei servizi che si rispetti, esse devono rimanere “anonime”. La firma non c’è su nessuna di queste uccisioni. Ma è interessante che questa escalation di omicidi sia in atto proprio quando Israele ha avuto l’ok degli Stati Uniti ad applicare il massimo livello di pressione sull’Iran così come il placet a una serie di azioni nei confronti di Hamas. Netanyahu e Cohen si sentono evidentemente molto più sicuri.