A Raqqa non ci sarebbe stata nessuna battaglia all’ultimo sangue. L’ultima roccaforte dell’Isis, capitale dello Stato Islamico, vanto della retorica occidentale sulla “lotta al terrorismo islamista”, sarebbe stata liberata solo grazie ad un accordo segreto tra Stati Uniti e Isis che avrebbe consentito a migliaia di miliziani jihadisti di andarsene indisturbati sotto protezione americana.
La narrazione dei cruenti combattimenti e dei “corpo a corpo” tra le vie della città devastata, sarebbe stata solo un’invenzione per tenere lontani i giornalisti e non avere testimoni che documentassero l’evacuazione dei terroristi con la copertura Usa.
A rivelarlo alla Reuters è Talal Silo un ex comandante SDF, le Forze Democratiche Siriane, riparato in Turchia dopo aver disertato.
Il SDF è l’esercito multireligioso creato nel 2015 e composto da un fulcro di combattenti curdi del YPG ma anche da brigate arabo-sunnite e persino turkmene. E Silo è proprio un alto ufficiale turkmeno che per mesi ha avuto l’incarico di mantenere il collegamento tra SDF e media occidentali.
L’inchiesta BBC
L’esistenza di un accordo tra Stati Uniti e Isis per consentire ai capi islamisti e alle loro famiglie di andarsene indisturbati dalla città assediata, fu rivelato già nel Novembre scorso da un reportage della BBC, attraverso alcuni dei testimoni che avevano fatto parte del convoglio di oltre 6 km di lunghezza che aveva trasportato gli islamisti fino a a Deir ez-Zor allora sotto controllo di Daesh.
Lo “Sporco segreto di Raqqa” (dal titolo del reportage), avrebbe riguardato però solo qualche centinaio di combattenti dell’Isis.
Secondo il reportage, l’accordo “avrebbe portato alla fine dei combattimenti e risparmiato molte vite di soldati arabi e curdi che si opponevano all’Isis”. Quindi un motivo più che valido per evitare inutili carneficine considerando che l’epilogo era già scritto. Ma i giornalisti della BBC si sono chiesti se “consentire a molte centinaia di combattenti Isis di fuggire dalla città” e mettersi in salvo, non generasse “una minaccia per il mondo esterno”.
Ora si scopre che i jihadisti lasciati fuggire dagli Usa non sono qualche centinaio ma almeno 4000 e di questi solo 500 i civili disarmati.
Una manovra di Ankara?
I funzionari Usa hanno negato l’esistenza del patto e anche i capi militari SDF hanno smentito, affermando che le dichiarazioni di Silo sono state fatte sotto pressione della Turchia ostile all’esercito curdo ritenuto il braccio militare del PKK che Ankara considera organizzazione terroristica.
Certo è che le parole di un “disertore” vanno prese con le molle; ed è un dato di fatto che la Turchia di Erdogan stia assumendo in questi ultimi mesi, un ruolo regionale di aperto contrasto alle politiche di Washington in Medio Oriente: dalle accuse alla Cia di coinvolgimento nel fallito colpo di Stato del luglio del 2016, alla netta presa di posizione di Erdogan contro lo scelta di Trump e di Israele di spostare l’ambasciata Usa a Gerusalemme.
Come spesso avviene, la verità si confonde con la propaganda: e anche le ombre su Raqqa si inscrivono nel più grande gioco in atto per il controllo del Medio Oriente.
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