Le elezioni europee avrebbero dovuto, nel campo della politica olandese, rappresentare la prova della verità per Geert Wilders e il suo Partito per la Libertà (Pvv), la formazione di destra attiva in campo europeo a fianco della Lega e del Rassemblement National di Marine Le Pen. Dopo aver conosciuto le sue massime fortune elettorali nel 2010, quando superò il 15% alle elezioni politiche olandesi, sfiorò il milione e mezzo di voti e risultò determinante col suo appoggio esterno per il governo di Mark Rutte, il Pvv di Wilders ha infatti faticato a raggiungere risultati simili, superando il 13% solo nell’ultimo voto politico del 2017.
Le elezioni europee, in questo contesto, avrebbero dovuto rappresentare un’opportunità per Wilders e i suoi, mettendone alla prova le capacità di inserirsi nella fuga in avanti di numerosi partiti populisti e di destra nel contesto dei principali Paesi dell’Unione. Tuttavia, a poche settimane dal voto continentale gli sviluppi più recenti hanno cambiato le carte in tavola.
Baudet, un intellettuale contro Wilders
Al recente voto per il Senato dei Paesi Bassi, infatti, il Pvv è stato fortemente ridimensionato a destra dall’ascesa del Forum per la democrazia di Thierry Baudet, giovane leader che si richiama al padre storico della destra olandese, Pim Fortuyn, fondatore della lista omonima assassinato nel 2002, quattro anni prima della nascita del partito di Wilders. “Il Forum per la democrazia (Fvd) è un partito giovane, fondato appena nel 2016. E giovane è il suo leader, il 36enne Thierry Henry Philippe Baudet, discendente da una famiglia di esuli ugonotti. Baudet non è il leader populista tipico, voce ed espressione dell’uomo della strada (“Henk e Ingrid” nella declinazione olandese), come per esempio Wilders. Ricorda piuttosto Fortuyn per l’immagine di intellettuale un po’ snob che gli è già valsa il soprannome di “dandy della politica”, sottolinea Il Sole 24 Ore.
Tutti i limiti del Pvv
L’avvicinamento alle Europee porta al pettine tutti i nodi legati all’organizzazione politica della formazione di Wilders. Formazione che, in primo luogo, non è tecnicamente nemmeno un partito politico, dato che fa riferimento a un’associazione il cui unico membro è il leader stesso e, si può dire, coincide letteralmente con la sua figura. Inoltre, Wilders paga in prima persona la difficoltà incontrata nell’elaborare una piattaforma diversa dalla semplice contrapposizione all’immigrazione ed articolata su altri punti programmatici. Wilders su alcune tematiche è più vicino, per fare un paragone con una forza politica italiana, alle posizioni del partito radicale, come scritto in passato su questa testata: “agnostico, liberista convinto e ammiratore di Margaret Thatcher più che di un nazionalista alla Jörg Haider supporta, da sempre, i diritti gay e Lgbt. Diritti che, a suo dire, l’immigrazione proveniente dai paesi islamici metterebbe in serio pericolo”.
““I politici di quasi tutti i partiti stanno promuovendo la nostra islamizzazione. Quasi l’intero establishment, le università, le chiese, i media, i politici, vogliono metterci nei guai” – disse nel 2017. “Giorno dopo dopo giorno, da anni, stiamo subendo il decadimento dei nostri valori quali l’uguaglianza tra uomo e donna, la libertà di opinione e di parola, la tolleranza dell’omosessualità . Tutto questo è in grave pericolo”.
Baudet è più ortodosso di Wilders
In questo contesto, il volto nuovo della destra olandese appare più adatto ad essere accolto come membro del nuovo corso della destra euroscettica.
Sul piano politico, infatti, il Forum propugna l’uscita dall’Unione Europea e l’abolizione della contrapposizione con la Russia; chiede discontinuità in materia di approccio al multiculturalismo, come il Pvv, ma ha un più spiccato sguardo sull’economia, in cui alterna proposte di matrice liberista (come il taglio sulle imposte ai redditi superiori e una politica di privatizzazioni) a misure di rafforzamento del welfare (con esenzioni ai redditi inferiori e aumenti di determinati incentivi) che lo collocano a metà nella sua galassia europea di riferimento, quella conservatrice-riformista, tra i partiti più aperti al mercato (come gli Svedesi Democratici) e il conservatorismo statalista del PiS polacco.
La sfida elettorale in Olanda, dunque, sarà anche una battaglia tra populisti. E vista la posta in palio, sul lungo periodo solo uno tra Wilders e Baudet potrà prendere il sopravvento.