L’atmosfera a Mosca e dintorni continua a riscaldarsi in vista dell’election day del prossimo 18 settembre. Qualche giorno fa è sul Financial Times è apparso un articolo nel quale si prospettavano i nuovi scenari politici russi all’indomani delle consultazioni elettorali che prevedono, tra gli altri livelli istituzionali, il rinnovo dei componenti della Duma di Stato. In virtù di questa prospettiva, c’è quindi chi azzarda la possibilità che Vladimir Putin, spinto dalla traballante situazione politica globale e delle precarie relazioni con l’Occidente, possa decidere per un rimpasto nel governo centrale, che prevedrebbe come primo degli epurati l’attuale Primo Ministro, Dmitry Anatolevich Medvedev.Per approfondire: È sempre colpa di Putin. Punto e bastaNell’opinione pubblica russa, infatti, l’attuale Capo dell’esecutivo nonché cosiddetto delfino di Putin, continuerebbe a perdere consensi tra la popolazione, in seguito ad alcune delle sue infelici uscite nei confronti di alcune categorie di persone, legate alle riforme socio-economiche operate dal governo da lui presieduto, spesso giudicate impopolari e insufficienti. Pochi mesi fa l’economista e politologo russo Mikhail Delyagin ha lanciato sul sito Change.org una petizione (ad oggi sottoscritta da diverse decine di migliaia di persone) rivolta al Presidente russo affinché rimuova dal suo incarico il Primo Ministro e alcuni dei suoi ministri di governo, vista l’inefficienza di quest’ultimo. Pochi giorni fa è stata attribuita una dichiarazione a Medvedev secondo la quale avrebbe invogliato gli insegnanti insoddisfatti della loro retribuzione a tentare la strada di un business privato, sostenendo che le riforme sociali del lavoro e delle pensioni non avessero budget per essere sostenute. Nonostante il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, neghi qualunque tipo di ingaggio a questa teoria da parte dell’amministrazione presidenziale, il Financial Times fa già il nome del potenziale sostituto del Segretario del Partito Russia Unita: Alexey Kudrin, già Ministro delle Finanze durante i primi due mandati presidenziali di Putin, sarebbe l’uomo più accreditato a ricoprire la carica di Primo Ministro dopo le elezioni del 18 settembre. Già diversi mesi fa il quotidiano russo Vedomosti faceva notare il ritorno di Kudrin come consigliere economico di Putin, paventando addirittura una potenziale investitura per le elezioni presidenziali del 2018, per ora potrebbe accontentarsi di accomodarsi sul secondo scranno del Paese.Per approfondire: Perché la Clinton odia PutinLa figura dell’economista risulterebbe anche gradita all’Occidente, vista la bontà delle riforme economiche attuate da Kudrin nel periodo a cavallo della crisi globale del 2008. L’imminenza delle elezioni presidenziali americane, infatti, potrebbe produrre degli effetti di risonanza nell’approccio delle relazioni bilaterali di Washington con gli altri Paesi, la Russia in primis. Sebbene l’elezione di Hillary Clinton non avrebbe un impatto particolarmente incisivo su un ripensamento dei reciproci rapporti (potenzialmente peggiorabili), l’elezione di Donald Trump potrebbe creare le condizioni ideali per ripartire su un discorso di appeasement tra le due potenze. Questo scenario di rimpasto ha coinvolto anche lo staff dell’amministrazione presidenziale e alti funzionari all’interno dei governi locali, da Kaliningrad a Yaroslavl, anche e soprattutto in vista delle elezioni presidenziali del 2018, che vogliono un Putin volenteroso di giungere alle prossime consultazioni con una posizione solida e di ripresa soprattutto in virtù del forte impatto negativo che la crisi economica in Russia ha prodotto in seguito all’applicazione delle sanzioni occidentali e al crollo del prezzo del petrolio nell’ultimo semestre del 2014. Sebbene in politica estera la posizione del Presidente Putin sembrerebbe largamente avallata dall’opinione pubblica, la situazione interna, da sempre stigmatizzata dalla corruzione a vari livelli anche nelle istituzioni, potrebbe rappresentare un cavallo di Troia da neutralizzare nel minor tempo possibile. L’epurazione di Sergey Dubik, dal 2005 capo della Commissione anti-corruzione e del Capo del servizio doganale Andrey Belyaninov per un caso di corruzione legato all’oligarca di Pietroburgo Dmitry Mikhalchenko contribuiscono a rafforzare le ipotesi di rinnovamento paventate, sebbene il Cremlino insista nel denotare che non vi sia plausibilità nell’affermare che tali cambiamenti possano occorrere in virtù di un accomodamento della posizione russa rispetto alle richieste occidentali.
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