Che la Russia avesse da tempo intrapreso un percorso per rafforzare la sua presenza in Africa era cosa nota. Dal 2014 con l’inizio delle sanzioni dell’Ue nei confronti della Russia, il paese di Vladimir Putin ha firmato 19 accordi di cooperazione militare con i Paesi dell’Africa sub-sahariana. Tuttavia l’intesa appena firmata dal ministro della Difesa russo, Sergey Shoygu, e il ministro della Difesa maliano, Ibrahim Dahirou Dembele, apre nuovi scenari che mettono in gioco anche la Francia, fortemente presente su territorio maliano. Il negoziato prevede che la Russia rifornisca di armamenti il Mali e al contempo ne addestri unità da combattimento terrestre da rendere operative nella lotta al terrorismo. Lotta già intrapresa nel 2013 dai vessilli francesi del governo di François Hollande e tutt’ora in corso.
Sono dunque tre i principali attori sulla scena: Mali, Francia e Russia. Ma come si è arrivati all’ingerenza delle due superpotenze nel contesto economico e politico del Mali?
L’inizio della crisi
Lo scioglimento delle colonie francesi negli anni ’60 sotto il governo di Charles de Gaulle generò nell’immediato un’instabilità politica fra i paesi dell’Africa Occidentale, Equatoriale e del Maghreb. Eppure, i rapporti economici e politici fra Parigi e le ex colonie non si interruppero mai del tutto. A tal proposito venne creata una figura predisposta alla gestione delle ex colonie: si tratta del Segretario generale della Francia per gli affari africani e malgasci. Jacques Foccart alias Monsieur Afrique, ricoprì questa carica dal 1960 al 1974.
Tutt’oggi la Francia ha un interesse fortissimo nel mantenere la stabilità politica nel Sahel, nella Repubblica Centrafricana e in Mali così da poter continuare ad avere accesso alle risorse del territorio (in particolare uranio e petrolio), fornire alle multinazionali francesi condizioni di lavoro pacifiche e continuare ad essere una superpotenza nello scacchiere geopolitico globale.
L’indipendenza dalla Francia, significò per il Mali l’inizio di una serie di turbamenti che ancora oggi persistono. All’indomani dell’indipendenza, l’irredentismo dei tuareg dell’Azawad (Nord del Mali), sfociò in una continua instabilità politica che si tradusse negli anni in movimenti politici di protesta confluiti in seguito nel Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad (Mnla). La situazione peggiorò nel 2011 con la guerra civile libica: molti tuareg che avevano combattuto come mercenari a servizio di Muhammar Gheddafi rientrarono in patria con un grande quantitativo di armamenti e si allearono con il Mnla. In seguito, il governo di Amadou Toumani Touré venne destituito con un colpo di stato dalle forze militari e Dioncounda Traoré fu nominato dalla giunta militare presidente a interim.
L’intervento francese
Contestualmente alla crisi di Bamako, il Mnla prese il controllo delle principali città della zona e grazie all’ausilio di gruppi islamici radicali come Anṣār al-Dīn, il 6 aprile 2012 dichiarò l’Azawad indipendente. Ed è in questo momento che viene storicamente spiegato l’interventismo francese: i gruppi Anṣār al-Dīn (movimento islamista tuareg), al-Qaeda nel Maghreb islamico e il Movimento per l’Unicità e il Jihad nell’Africa Occidentale riuscirono a prendere il controllo del neo-governo azawadiano estromettendo del tutto il Mnla. Nonostante la supremazia militare del Mnla, i gruppi islamisti subentrarono alla guida dell’Azawad grazie a importanti sponsor finanziari.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite approvò nel dicembre 2012 una risoluzione per la liberazione del Nord del Mali. La risoluzione Onu spianò la strada alla Francia, che suffragata dalla Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas), diede il via all’operazione Serval il cui fine era quello di sostenere il governo maliano. L’azione francese si plasmò in un contesto interventista che aveva precedentemente raccolto adesioni da parte del Benin, del Niger e dell’allora presidente dell’Ecowas, Benin Yayi Boni.
Inizialmente l’azione militare francese si limitò a raid aerei con bombardamenti verso punti strategici. La Francia non fu lasciata sola: la Commissione europea stanziò 22 milioni di euro per il Mali e moltissimi Paesi europei parteciparono all’operazione fornendo supporto aereo. Le istanze di indipendenza dell’etnia tuareg non avevano più ragione d’essere e la guerra fra Parigi e i gruppi radicali islamici assunse i contorni di una copia sbiadita del conflitto siriano.
Ma i gruppi islamici del Mali non disponevano di un modello sistematico e strutturato come quello di al Baghdadi,né della sua forza comunicativa. Infatti, bastarono pochi mesi perché l’esercito francese riuscisse a riprendere i territori di Gao e Timbuctu. Ad aprile 2014 l’operazione Serval si concluse. Nell’agosto dello stesso anno venne dato il via all’Operazione Barkhane volta a combattere le forze islamiste del Sahel. Commentando l’operazione, Francois Hollande dichiarò che “Era il dovere della Francia, dovevamo esserci”.
Rapporti economici fra Francia e Mali
Seppur è vero che l’intervento francese in Mali non è strettamente legato alle relazioni economiche fra i due Paesi, è comunque certo che il rapporto economico è vivo e in continua progressione. Secondo una nota del Senato francese di luglio 2019, ad oggi in Mali sono presenti 28 filiali di multinazionali francesi che impiegano 2700 dipendenti. Tra le imprese presenti si annoverano Total, Bnp-Paribas e Laborex. Sono, invece, 36 le aziende con a capo digerenti francesi e il cui fatturato raggiunge 13 miliardi di franchi Cfa. Secondo il Ministero degli Affari Esteri francese, la Francia è il secondo fornitore del Mali. Nel 2018 le esportazioni francesi in Mali hanno raggiunto 341 milioni di euro.
L’export maliano (oro e cotone) verso la Francia ha raggiunto i 9 milioni di euro registrando un decremento del 2% tra gli anni 2014/2018. Mentre la Francia rappresenta il 4° partner commerciale del Mali, quest’ultimo è solo il 92° per la Francia. Molti hanno ritenuto l’intervento militare in Mali come una risorta epifania della ‘Francafrique’, ossia quel rapporto di interdipendenza tra la Francia e le sue ex colonie costruito su fortissime ingerenze politiche ed economiche nei Paesi africani. Vladimir Putin non ha fatto segreto del suo scetticismo circa l’azione militare francese in Mali. Il settimanale Jeune Afrique riferisce a ottobre 2016 di una conversazione ufficiale avvenuta nel 2013 tra Francois Hollande e Vladimir Putin. Il Cremlino accusa il Presidente francese di essere intervenuto in Mali a difesa dei musulmani data la consistente fetta di quest’ultimi in Francia (5%-10%). Lo stesso tipo di intervento, a detta di Putin, non è stato attuato nella guerra civile siriana.
La Russia dal canto suo non si è chiamata fuori dal conflitto in Siria e nemmeno dalla corsa all’Africa. Nel 2014 partono le sanzioni dell’Europa verso la Russia a causa della annessione della Crimea. E’ a quel punto che il Cremlino cerca nuovi partner commerciali affidando la missione a Yevgeny Prigozhin, uomo d’affari di San Pietroburgo e chef personale di Putin. Secondo Robert Mueller, Prigozhin è l’uomo che ha finanziato la campagna elettorale sui social media di Donald Trump.
La Russia in Mali
Il Wagner Group, un’organizzazione paramilitare russa che ha assoldato contractors per la guerra in Ucraina e in Siria, è stata più volte collegata a Prigozhin. Secondo i Servizi di Sicurezza ucraini, il Wagner Group era affiliato ad una società di fondi d’investimento comuni impegnata nell’estrazione di diamanti, uranio e oro nella Repubblica Centrafricana: la M-Finance LLC Security Service di Yevgeny Prigozhin. La presenza russa nella Repubblica Centrafricana è stata siglata da un accordo di cooperazione militare firmato a giugno 2018 a seguito del colpo del stato del 2013. La Russia intrattiene forti relazioni anche con altri paesi africani mantenendo la stessa formula di supporto paramilitare e di addestramento di unità da combattimento in cambio delle concessioni per le estrazioni minerarie e lo sfruttamento delle risorse territoriali.
Secondo Mikhail Khodorkovsky, fondatore del centro di investigazioni Dossier Center, Mosca avrebbe un piano di riforme politiche ed economiche per il Sudan volte a mantenere Omar al-Bashir alla guida del Paese. La tensione tra Russia e Francia si è fatta evidente nel 2018, quando emissari di Prigozhin sono giunti a Comore, da sempre in contrasto con Parigi per via del suo controllo su Majotte, per sondare la possibilità di accendere un ostilità fra l’Hexagone e Comore. Secondo il Guardian, una serie di documenti fatti trapelare dagli uffici dei consulenti politici di Prighozin, svelerebbe il ‘Progetto Africano’ che Mosca avrebbe attuato per aumentare la sua influenza nel continente. In Madagascar, il supporto della Russia sarebbe stato determinante per la vittoria del nuovo presidente Andry Rajoelina, fatto prontamente smentito da Rajoelina stesso.
Nella strategia geopolitica russa ci sarebbe la volontà di ristabilire le relazioni collassate dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica. Sono molte le azioni intraprese da Mosca in questo senso come il tentativo di stabilire una base militare nel Gibuti, gesto che lo stato africano non ha permesso e dove è già presente una base francese. A differenza di Francia e Regno Unito, la Russia non deve fare i conti con i retaggi di un passato imperialista in Africa: ciò rende più fluido il processo di stipulazione di accordi e l’inserimento nel contesto geopolitico dei singoli paesi. E’ interessante capire quali saranno le prossime mosse di Macron ora che anche il Mali è entrato nella sfera di interesse del Cremlino, dopo la Repubblica Centrafricana e il Madagascar.
Il Mali si è detto felice di collaborare con la Russia nell’estrazione di minerali e nello sviluppo dell’industria mineraria. Il prossimo anno, la Russia e il Mali celebreranno i 60 anni dall’inizio delle relazioni diplomatiche fra i due paesi: proprio a tal proposito una serie di visite istituzionali sono intercorse negli ultimi dieci anni. In virtù della promozione di scambio culturale, studenti universitari maliani hanno frequentato programmi di studio in Russia. I rispettivi ministri per gli affari esteri si sono incontrati a Mosca il 10 giugno, due settimane prima di firmare l’intesa. Proprio il giorno in cui l’accordo è stato siglato a Army 2019, il Forum militare e tecnico internazionale che si tiene a Mosca, il Ministro della difesa russo, Sergey Shoygu, ha dichiarato che: “la solida esperienza costruita in questo periodo rappresenta una buona base per rafforzare i rapporti in numerosi ambiti.”
L’assetto attuale, di un paese conteso fra due superpotenze, potrebbe avere molteplici risvolti in futuro, fra cui anche quello di tensioni più evidenti. Se il Mali dovesse diventare di qui a poco tempo la nuova Siria, la presenza di forze paramilitari russe potrebbe avere risvolti positivi e probabilmente incentiverebbe la cooperazione fra Parigi e Mosca. Movimenti come il Gruppo per il sostegno all’Islam e ai musulmani (Jnim) e lo Stato islamico nel Grande Saharahanno iniziato ricoprire una area geografica maggiore che comprende anche il Burkina Faso, utilizzando il Mali come base stanziale per fluidificare la cooperazione con altri gruppi islamici presenti in Nigeria e in Libia. Il ministro dell’Interno nigerino, Mohamed Bozoum, ha recentemente affermato che: “Il Mali è la nuova frontiera dell’Isis e combattenti dello Stato Islamico sono già giunti su territorio maliano.” Se tutto ciò dovesse rivelarsi vero, la disputa tra Francia e Russia dovrà aspettare molto prima che veda una delle due primeggiare sull’altra.