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Ancora tensioni tra Israele e Palestina dopo l’abbattimento di alcune case palestinesi a Gerusalemme est e le recenti dichiarazioni di Mahmoud Abbas.

Sembra dunque allontanarsi ulteriormente la realizzazione del piano di pace del secolo, ideato dal genero di Trump Jared Kushner e sponsorizzato dalla Casa Bianca nei Paesi arabi lo scorso mese.

Le case palestinesi demolite a Gerusalemme est

Nella giornata di lunedì le forze israeliane hanno infatti proceduto alla demolizione di alcune abitazioni palestinesi nei pressi di Gerusalemme est. Secondo Tel Aviv tali edifici sarebbero sorti eccessivamente vicini al confine tra Gerusalemme est e Gerusalemme ovest e per questo non rispettosi degli accordi internazionali che regolano la ripartizione della città santa.

Da parte loro, i palestinesi che ivi abitavano hanno dichiarato di aver ricevuto regolare permesso di costruzione da parte dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) e hanno accusato Israele di voler invadere i territori della Cisgiordania. Così è arrivata la reazione delle autorità palestinesi.

La Palestina sospende gli accordi con Israele

Giovedì scorso il Presidente Mahmoud Abbas ha convocato d’urgenza una riunione del suo Governo a Ramallah, provvisoria capitale politica dell’Anp, per dichiarare la sospensione di tutti gli accordi con Israele. “Siamo giunti a un crocevia. La decisione importante che doveva essere presa è stata poi comunicata nella serata: l’Anp ha deciso in principio di sospendere tutti gli accordi sottoscritti con Israele”, così ha dichiarato il Presidente palestinese.

Si tratterebbe in particolare di accordi legati alla gestione della sicurezza del territorio che, nella Cisgiordania, viene in alcuni casi affidata a forze israeliane, mentre in altri a quelle palestinesi. Se realmente attuata non si tratterebbe quindi di una scelta dalle così gravi conseguenze, tuttavia potrebbe essere uno strumento per alimentare una strategia del tensione volta a rendere impraticabile il piano Kushner.

Secondo i palestinesi il piano di Kushner è una svendita

Come riportato su questo portale, durante il tour nei Paesi arabi di Jared Kushner fatto lo scorso giugno, l’Autorità palestinese aveva già espresso il suo parere negativo rispetto ad un accordo che agli occhi di Ramallah appare come una svendita del territorio. Il piano parla infatti di ingenti quantità di denaro americano che sarebbe messo a disposizione dei sauditi per costruire opere ed infrastrutture nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Il territorio verrebbe però unificato all’interno di un’unica entità statuale israeliana. Secondo i palestinesi si tratterebbe quindi di una svendita del loro territorio e per questo hanno finora rifiutato qualsiasi impegno nell’accordo.

Ad oggi però, con gli equilibri di forza presenti sul campo, non sembra esserci altra alternativa al piano Kushner. Senza più gli aiuti economici e militari di Stati come la Libia, l’Egitto, l’Iraq e la Siria, impegnati nei rispettivi fronti interni, l’Autorità nazionale palestinese svolge ormai un mero ruolo di rappresentanza formale, senza poter concretamente incidere sul processo di negoziazione tra Tel Aviv e Ramallah. L’Anp indebolito può solo significare maggior consenso palestinese verso Hamas, che tuttora controlla la Striscia di Gaza. Ecco che con le demolizioni israeliane da una parte e i missili di Hamas dall’altra può solo avere successo quella strategia della tensione i cui effetti continuano a ricadere sulla popolazione civile di entrambe le fazioni, senza rilevanti progressi sulle trattative di pace.

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