Nuove clamorose rivelazioni sulle origini del Russiagate. Ieri il direttore della National Intelligence, John Ratcliffe, ha inviato una lettera al presidente della Commissione Giustizia del Senato, Lindsey Graham, in merito ai nuovi documenti di intelligence declassificati, secondo i quali Hillary Clinton, allora candidata democratica alla presidenza, approvò personalmente uno sforzo “per suscitare uno scandalo contro il candidato alla presidenza degli Stati Uniti Donald Trump legandolo a Vladimir Putin e all’hackeraggio dei russi del Comitato nazionale democratico”. Secondo i suoi appunti scritti a mano, l’ex direttore della Cia John Brennan avrebbe successivamente informato il presidente Obama e altri alti funzionari della sicurezza nazionale del piano della candidata dem, inclusa la “presunta approvazione da parte di Hillary Clinton, il 26 luglio 2016, di una proposta di uno dei suoi consiglieri di politica estera, per denigrare Trump scatenando uno scandalo che denunciasse interferenze da parte dei servizi di sicurezza russi”.
Obama e Biden sapevano
Come spiega Ratcliffe nella lettera inviata a Graham, il 7 settembre 2016, i funzionari dell’intelligence Usa avrebbero chiesto di avviare un’indagine al direttore dell’Fbi James Comey e al vicedirettore del controspionaggio Peter Strzok “in merito all’approvazione da parte del candidato alla presidenza degli Stati Uniti Hillary Clinton di un piano riguardante il candidato alla presidenza Donald Trump e hacker russi che interferivano nelle elezioni Usa, come mezzo per distrarre il pubblico dal suo uso di un server di posta privato”. Come nota Federico Punzi su Atlantico Quotidiano, queste rivelazioni, qualora venissero confermate, dimostrerebbero che il direttore dell’Fbi Comey e il direttore della Cia Brennan, il team dell’indagine Crossfire Hurricane, ma anche il presidente Obama e probabilmente il vice Biden, sapevano fin dall’inizio che il Russiagate, la presunta collusione Trump-Russia, poteva essere una bufala fabbricata dalla Campagna Clinton per danneggiare il suo avversario.
Il dossier Steele
Come nota The Federalist, lo scandalo del Russiagate si basava in gran parte su un dossier redatto da Christopher Steele. I documenti declassificati dal direttore dell’intelligence nazionale John Ratcliffe all’inizio di giugno e consegnati ai senatori Gop Chuck Grassley e Ron Johnson dimostrano che all’inizio del 2017 la comunitĂ d’intelligence e i principali funzionari dell’amministrazione Obama sapevano che ilo screditato dossier sulla presunta collusione fra la Campagna di Trump e la Russia, realizzato dall’ex spia britannica Christopher Steele e finanziato da Fusion Gps, Washington Free Beacon, dalla Campagna di Hillary Clinton e dal Comitato nazionale democratico, non era attendibile. Ratcliffe ha diffuso l’allegato di due pagine, aggiunto alle conclusioni di gennaio 2017 di Fbi, Cia e della National Security Agency sulla presunta collusione russa dove è scritto nero su bianco che le informazioni fornite da Steele al bureau erano confermate “in maniera limitata”.
C’è poi un filo diretto che collega l’inchiesta sulle origini del Russiagate a Roma. Come ricordava La Stampa lo scorso febbraio, proprio a Roma, il 3 ottobre 2016, si era svolto un incontro segreto e cruciale tra gli investigatori dell’Fbi e il loro informatore britannico Steele, autore del famoso rapporto sulle presunte relazioni pericolose fra Trump e il Cremlino. Steele, ricorda La Stampa, dopo la carriera nell’intelligence, aveva successivamente fondato una sua agenzia investigativa, la Orbis, e in tale veste aveva conosciuto Michael Gaeta, assistente legale presso l’ambasciata degli Stati Uniti a Roma. Una volta avviata l’inchiesta “Crossfire Hurricane”, l’Fbi aveva riaperto il canale con Steele attraverso Gaeta. Quindi il 3 ottobre del 2016 Gaeta aveva invitato l’ex agente dei servizi segreti a Roma, offrendogli 15mila dollari per scambiare informazioni con tre agenti impegnati nell’indagine su Trump. La conversazione in un luogo segreto era durata circa tre ore, e Steele se era offerto anche di mettere l’Fbi in contatto col manager dell’hotel di San Pietroburgo che aveva visto Trump con le prostitute. Il tutto è contenuto nel rapporto su “Crossfire Hurricane” che l’Inspector General del dipartimento alla Giustizia Michael Horowitz ha pubblicato il 9 dicembre scorso, dalla pagina 108 alla pagina 115, e ancora a pagina 386.