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Non finiscono le difficoltà per Deutsche Bank, che ha iniziato il 2019 sulla falsariga di un tormentato 2018. L’annus horribilis per l’istituto di Francoforte aveva portato con sé un crollo delle azioni del 50%, la riduzione della capitalizzazione a meno di 15 miliardi di dollari, lo scandalo di riciclaggio Danske Bank e le incertezze sulla tenuta degli strumenti derivati detenuti da Deutsche Bank, mentre il 2019 si è aperto con una prima azione della vigilanza bancaria dell’Unione europea e con una nuova iniziativa da parte degli Stati Uniti, dopo che la Fed aveva già bocciato la sua filiale locale nell’estate scorsa.

E proprio da Danske Bank è partita la traccia che ha spinto la Fed a nuove indagini e Elizabeth Warren, la battagliera senatrice democratica – candidata alle primarie di Usa 2020 – a chiedere alla Commissione bancaria del Senato di avviare un’ inchiesta.  Il primo gruppo bancario della Germania afferma che non ci sono “indagini formali in atto”, ma che ha “ricevuto richieste di informazioni da autorità giudiziarie e di regolamentazione di diversi Paesi”, tra cui quelle statunitensi.

Come sottolinea La Stampa, “la Federal Reserve sta esaminando una serie di transazioni miliardarie compiute da Deutsche Bank con una finanziaria danese in quello che, secondo alcuni, potrebbe essere uno dei più clamorosi casi di riciclaggio di denaro sporco che si siano mai visti. L indagine della Banca centrale, attualmente alle fasi iniziali, vuole accertare se la divisione Usa di Deutsche Bank abbia opportunamente monitorato i flussi di denaro giunti negli Stati Uniti dalla filiale estone di Danske Bank”.

Questo pare non essere successo, riporta  Bloomberg citando fonti anonime, probabilmente insider. Del resto, Howard Wilkinson, “gola profonda” del caso Danske Bank, ha già ammesso i suoi sospetti circa il fatto che i 230 miliardi di dollari transitati dalla filiale estone dell’istituto in cui ha lavorato a lungo potessero essere stati in larga parte deviati per fini criminosi. Un whistle-blower di Danske Bank, continua Bloomberg, ha del resto già sottolineato la centralità di Deutsche Bank U.S. nella conduzione di questi affari.

Christian Sewing, il nuovo Ceo di Deutsche Bank chiamato a guidare l’istituto nella fase più delicata della sua storia, ha imposto un’inchiesta interna per capire le dinamiche verificatesi negli anni precedenti nel rapporto con Danske Bank. Questo ennesimo scandalo non aiuta né alla reputazione dell’istituto né ai suoi affari, dato che a partire dalla Grande Crisi Deutsche Bank ha visto una quantità immensa di risorse, di poco inferiore ai 20 miliardi di dollari, assorbita da spese per cause legali, multe o arbitrati di vario genere. Una quota che appare destinata a lievitare.

E non è da sottovalutare nemmeno la tempistica con cui gli Stati Uniti hanno agito contro la principale banca tedesca. L’inchiesta si sovrappone simmetricamente con una fase di profonda difficoltà dei rapporti transatlantici e della relazione economica tedesco-americana. Donald Trump corteggia l’auto tedesca, ma la sua amministrazione non vede di buon occhio Deutsche Bank e le attività finanziarie tedesche, così slegate dal tessuto produttivo americano ma potenziale fattore di crisi per la questione dei derivati. Martellare su Deutsche Bank significa portare ad estreme conseguenze queste frizioni. Del resto, alle sue difficoltà Deutsche Bank ha ampiamente contribuito con gli atteggiamenti tenuti negli anni scorsi: e se fosse confermata la voce del contributo massiccio al riciclaggio di Danske Bank, non avrebbe alcuna scusante a suo favore.

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