Nel pieno delle tensioni tra il governo italiano e l’Unione europea sulla manovra economica e delle discussioni tra Movimento Cinque Stelle e Lega sulle future politiche dell’esecutivo, il Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio ha trovato tempo per una nuova, importante visita in Cina dove dal 5 al 10 novembre è in corso di svolgimento la prima edizione della China International Import Expo di Shanghai.

Grande operazione economica e di soft power per ribadire la natura inclusiva della “Nuova Via della Seta” e rafforzare il peso di Pechino come potenza-guida del fronte favorevole al libero scambio, la fiera di Shangai ha attratto 3mila aziende da 130 Paesi favorevoli ad espandersi su un mercato che, parola del Presidente Xi Jinping, in futuro potrebbe essere per loro sempre più appetibile: dal palco di Shangai Xi ha annunciato, infatti, che la Cina è pronta ad aumentare le sue importazioni annue di 40 miliardi di dollari, 30 di beni e 10 di servizi.

Di Maio promuove il business italiano in Cina

Per un Paese manifatturiero ed esportatore come l’Italia questa può essere un’occasione importante, che l’esecutivo di M5S e Lega vuole intercettare anche grazie al lavoro di una Task Force del Mise guidato da Di Maio, dedicata ai rapporti sino-italiani, guidata dal sottosegretario Michele Geraci.

“Non a caso”, scrive Formiche, “la presenza italiana all’Expo sarà nutrita e si articolerà in un padiglione nazionale curato dall’Istituto per il Commercio estero – spazio che si configura come il secondo più ampio tra quelli del Vecchio continente dopo quello tedesco – e su altre quattro esposizioni di settore, destinate a eccellenze italiane come agroalimentare, moda, alta tecnologia e non solo”.

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 Ansaldo, Fca, Fincantieri, Leonardo, Cnh Industrial, De Longhi, Bracco e Ferretti sono solo alcuni dei campioni nazionali attratti dall’esposizione con cui la Cina vuole celebrare sé stessa e le sue nuove prospettive economiche. Oltre a Di Maio, è atteso anche il Ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio che tra le altre cose inaugurerà il padiglione di Vinitaly International alla Hong Kong Wine & Spirits Fair. Ma proprio il vicepremier, in ogni caso, sarà titolare della missione più delicata: contribuire a inquadrare il ruolo dell’Italia nel contesto della Belt and Road Initiative (Bri).

La visita di Di Maio e l’impegno italiano nella Bri

Come segnala Repubblica” un mese fa, quando venne per la prima volta in Cina alla Fiera di Chengdu, Di Maio disse che l’Italia era pronta a firmare già a Shanghai il memorandum sulla Via della Seta, accodandosi al grande progetto infrastrutturale di Xi. Invece non se ne farà nulla, sul tavolo restano accordi bilaterali tra aziende e in campo agricolo. Secondo molti osservatori una firma italiana sul documento avrebbe irritato non poco l’Europa, sempre più critica verso la Cina“.

La mancata presenza di Geraci in Cina al fianco di Di Maio segnala come il momento di un possibile assenso di Roma al memorandum è rinviato, per ora, al 2019. Il capo della Task Force del Mise ha le idee chiare sull’agenda italiana per la Cina (“stiamo cercando di rafforzare il sistema Italia in modo che presenti agli occhi della Cina come un Paese unito”) ed è certo che i termini finali di un accordo con il governo di Xi Jinping verrebbero conclusi solo in caso di sua presenza sul campo.

Le implicazioni securitarie

L’apertura del governo gialloverde a una maggiore cooperazione con Pechino e a un crescente flusso di investimenti che possa mettere in condizioni favorevoli la posizione geoeconomica dell’Italia sull’asse euroasiatico rappresenta sicuramente una notizia positiva e, fatto che è doveroso sottolineare, non rappresenta certo un cambio di tendenza rispetto a quanto impostato, negli anni scorsi, dai governi Renzi e Gentiloni.

Il tema dei porti è tra i più importanti per quanto concerne il posizionamento italiano sulla Bri, ma vi sono ovviamente da tenere in considerazione anche possibili implicazioni securitarie legate ai dilemmi dell’Unione Europea circa le iniziative cinesi e, soprattutto, i potenziali rischi legati a un dissenso di Washington per le mosse italiane.

Per il Generale Carlo Jean, “l’Italia non è in condizione di incidere sugli effetti politici della contrapposizione tra Stati Uniti e Cina, come potrebbe invece fare un attore più influente come la Germania. Sta piuttosto cercando di ottenere i massimi vantaggi possibili dalla Bri, che prevede l’espansione commerciale e geopolitica cinese attraverso la realizzazione di corridoi di trasporto via terra e via mare in tutta la massa continentale eurasiatica”, mentre per l’accademico Giulio Sapelli l’Italia starebbe improvvidamente aprendo alla Cina il controllo delle reti di comunicazione 5G e altri potenziali asset strategici, fatto che indebolirebbe notevolmente la nostra possibilità di azione in campo tecnologico.

La visita di Di Maio, dunque, non rappresenta una semplice missione commerciale, ma la manifestazione concreta di una relazione attiva e complessa, in cui l’Italia deve saper agire al meglio cercando di sfruttare la sua posizione di “ponte” tra Occidente e Oriente ma mediando, al tempo stesso, con dettami strategici e logiche di campo non indifferenti.