L’Europeo concluso domenica scorsa ha avuto una particolarità: è stato organizzato da ben 11 Paesi diversi in giro per il Vecchio Continente. É stato cioè il primo con il cosiddetto “formato itinerante” e, per fortuna, anche l’ultimo. Il lungo girovagare tra l’Europa non è stato poi così gradito dai tifosi e non soltanto perché in epoca di pandemia gli spostamenti sono risultati drammaticamente più difficili. Nel 2024 si tornerà a un formato classico e il torneo sarà ospitato dalla Germania, per il 2028 in lizza per l’assegnazione potrebbe esserci anche l’Italia spinta dal successo della nazionale. C’è però anche un risvolto positivo in tutto questo. Il formato itinerante ha dato l’opportunità a diversi Paesi che prima di oggi non avevano organizzato mai un grande torneo di mettersi in mostra. Vale per l’Ungheria e la Romania, così come per l’Azerbaijan. Per loro c’è stata l’opportunità, ben sfruttata, di fare di Euro 2020 un importante mezzo di Soft Power.
La capienza al 100% allo stadio di Budapest, una delle cartoline del torneo
Il 15 giugno il torneo itinerante ha fatto tappa in Ungheria. Qui al Puksas Arena, tempio calcistico di recente costruzione dedicato a uno dei più forti giocatori della storia, è scesa in campo la formazione di casa contro i campioni in carica del Portogallo. A livello sportivo, complice anche l’emozione dell’esordio, la nazionale ungherese ha patito un distacco di tre reti dai lusitani. Ma a livello politico al fischio d’inizio i magiari avevano già vinto un’altra loro partita, quella politica. Lo stadio di Budapest infatti è stato il primo ad ospitare il pubblico al 100% della capienza. Fino a quel momento le partite dell’Europeo si erano giocate in impianti aperti soltanto al 25% o al massimo al 50%. Il tutto ovviamente per far fronte alle normative anti Covid. Il governo ungherese, vista la situazione epidemiologica, ha deciso di non porre limiti particolari sulla capienza del Puksas Arena.
E così la sfida tra Ungheria e Portogallo ha rappresentato un vero spot a favore del ritorno alla normalità. Ma anche in uno spot per l’esecutivo di Viktor Orban, in quel momento nell’occhio del ciclone in Europa per via della criticata nuova legge Lgbt. Per il premier ungherese presentare uno stadio aperto senza vincoli e restrizioni ha significato mostrare un Paese al passo con la campagna vaccinale e contro l’emergenza coronavirus. Il “rischio calcolato” dell’Ungheria in mondovisione ha funzionato come vera arma per il suo Soft Power. Contribuendo così a dare un’immagine diversa da quella negativa dipinta, per meri motivi politici, in ambito europeo nelle ultime settimane.
Il “tour de force” di Baku, tra calcio e Formula Uno
Andando ancora più ad est, nel Caucaso l’Azerbaijan ha vissuto nel mese di giugno importanti eventi sportivi. Per la capitale Baku non è stato semplice. Nel giro di pochi giorni la città ha ospitato sia il gran premio di Formula Uno che alcune partite di Euro 2020. Appuntamenti su cui il governo ha speso molto in termini economici e di immagine. La corsa automobilistica è tornata sulle sponde del mar Caspio dopo un anno di assenza. La pista di Baku è infatti cittadina e nel primo anno di pandemia gli organizzatori hanno voluto evitare di allestire il circuito senza la certezza di poter ospitare il gran premio. In questo 2021 invece sono state le stesse autorità a spingere per confermare la gara. Anche perché a livello mondiale è stata l’occasione giusta di presentare l’Azerbaijan dopo la guerra del Nagorno Karabakh combattuta tra settembre e novembre del 2020. E così il 6 giugno le auto di Formula Uno sono tornare a sfrecciare e Baku ha potuto avere la sua prima ribalta internazionale dell’anno.
Spenti i motori, il 12 giugno invece sono stati accesi i riflettori all’interno dello Stadio Olimpico della capitale azerbaigiana. La sfida tra Galles e Svizzera è stata la prima nel Paese di un grande torneo. Poter ospitare alcuni match dell’Europeo per Baku non è stato semplice: la trasferta nel Caucaso è stata la più lunga per le squadre impegnate nella rassegna continentale, sotto il profilo logistico e della sicurezza sanitaria l’Azerbaijan ha dovuto lavorare molto. Alla fine però, secondo quanto indicato da Martin Kallen, Ceo di Uefa Events, tutto è andato per il meglio. Lo stesso Kallen ha scritto una lettera di ringraziamento al governo azerbaigiano per l’organizzazione, promuovendo quanto fatto dalla città di Baku. Per il Paese il ritorno di immagine è stato importante. E ora le autorità locali potrebbero pensare di portare a queste latitudini nuovi importanti eventi sportivi.
Proprio dallo stadio di Baku è partita un’iniziativa volta a salutare la vittoria degli Europei da parte della nazionale italiana. La struttura all’esterno è stata infatti illuminata con i colori della nostra bandiera, un maxi tricolore proiettato sulle facciate che per diverse ore ha fatto capolino nella notte azerbaigiana. Un’iniziativa salutata anche dall’ambasciatore di Baku a Roma, Mammad Ahmadzada: “Ecco un bellissimo omaggio dall’Azerbaigian al suo partner strategico italiano – si legge in un tweet del diplomatico – in occasione della grande vittoria della squadra azzurra ad Euro 2020. Lo stadio di Baku si è illuminato con il tricolore”.