Marine Le Pen attacca con maggiore forza Jean-Luc Mélenchon e Eric Zemmour a poche settimane dal voto per l’Assemblea Nazionale francese e ritiene improbabile che il suo Rassemblement National possa conquistare la maggioranza dei seggi. Dopo aver annunciato di non voler più partecipare alle future corse all’Eliseo dopo la partecipazione nel 2012 e le due sconfitte al ballottaggio, nel 2017 e 2022, contro Emmanuel Macron la leader sovranista ha infatti parlato a France Inter dei possibili risultati delle elezioni del prossimo giugno, dichiarando “prudenza” la parola d’ordine per i suoi.

Per la Le Pen, “il quinquennio” presidenziale “è stato progettato in modo che il presidente abbia una maggioranza” nell’organo legislativo e si dichiara convinta che “Macron avrà la maggioranza”. “I nostri elettori non sono nello stesso stato d’animo – dice – sono mobilitati per andare a votare. I francesi mi hanno scelto come prima opposizione a Emmanuel Macron. Quello che vorrei è che la democrazia possa darci le capacità, i poteri, dell’opposizione”. Ad esempio, “almeno 60 deputati”, il minimo per ricorrere alla Corte costituzionale. Ma la questione “non è tanto quanto deputati avremo noi”, quanto – secondo la leader del Rn – che democrazia ci sarà per la Francia”. La candidata sovranista, insomma, identifica la sinistra radicale di Mélenchon come un altro tipo di macronismo.

Per Le Pen Mélenchon mente ritenendo che la sua Nuova Unione Popolare Ecologica e Sociale possa sottrarre a Ensemble, la coalizione guidata da La Republique En Marche, il partito di Macron, la maggioranza. Quella di Mélenchon che aspira a fare il premier, affonda Le Pen “è una volgare menzogna, che non sta in piedi. Lui gioca a fare il buffone di corte. Si agita, recita la parte dell’insolente e si agita molto. Tutto questo per far dimenticare che ha fatto appello a votare per Macron e contribuito alla sua elezione”. Ad oggi i sondaggi non sembrano darle torto alle sue previsioni.

La coalizione che sostiene la maggioranza presidenziale è data infatti proiettata verso la maggioranza assoluta dopo il secondo turno. Un sondaggio Harris della scorsa settimana dà in previsione 300-350 seggi su 577 a Ensemble e tra i 105 e i 168 all’Unione Popolare, pur accreditata della maggioranza relativa dei voti al primo turno. Il Rassemblement è dato intento a un notevole recupero dopo aver vinto soli 8 seggi nel 2017, ma si posizionerebbe tra 52 e 80 seggi.

Ciononostante Mélenchon è dato in rimonta e non mira di certo alla maggioranza assoluta, ma a rosicchiare voti a Macron sino a far scendere Ensemble sotto i 288 seggi necessari per la maggioranza assoluta. Così facendo, Macron sarebbe costretto alla coabitazione con altre forze politiche e dovrebbe scegliere: o col centro-destra o col centro-sinistra. La deputata del Pas-de-Calais che corre per la rielezione ha, in tal senso, commentato la scelta di Elisabeth Borne come prossimo Primo ministro, definendola “un Macron bis”, perchè i due hanno “le stesse idee, la stessa visione fredda, amministrativa e tecnocratica” e ribadendo di “opporsi sin dal primo secondo alla politica che Borne porterà avanti”. Per Le Pen, dunque, la Borne rappresenta il tentativo di Macron di mantenersi trasversale tra centro-destra e centro-sinistra e di evitare lo sfondamento dell’Unione Popolare, che la leader sovranista ha attaccato la e perchè “non è una coalizione politica, è un sindacato di difesa di interessi personali”.

Duro anche il giudizio sul resto della destra radicale: Le Pen ha escluso nuovamente ogni possibile accordo con la Reconquete di Eric Zemmour, con cui “ci sono punti d’accordo sulla lotta contro l’immigrazione, sulla lotta contro l’insicurezza, che sono temi fondamentali”, ma con cui c’è distanza “sulla giustizia sociale“, perchè “i candidati di Zemmour voteranno per la pensione a 65 anni” proposta da Macron. Una grande differenza con la visione strategica della destra sociale francese che nel distacco dai principi liberali tradizionali vede un tratto di identificazione.

Le Pen cassa ogni ipotesi di alleanza con Zemmour sottolineando che “l’unione con lui è impossibile: non abbiamo la stessa visione strategica. Noi abbiamo una responsabilità storica: non lasciar cadere una parte dei francesi nelle mani dei ‘razzialistì, degli ‘indigenistì e dei ‘wokè, che spiegano all’operaio col salario minimo che l’oppressore è lui. Noi vogliamo unificare gli elettori del campo nazionale, i patrioti della gauche e la destra bonapartista. Zemmour lascia tutta una parte di questo elettorato a Mélenchon”. Una chiara definizione ideologica che mostra l’obiettivo di fondo della Le Pen: tenere mobilitato l’elettorato concentrandosi sulla necessità di presentarsi come l’unica opposizione possibile, depotenziare Mélenchon per aver campo libero nell’elettorato indeciso delle classi lavoratrici e traghettare la barca sovranista oltre il guado dell’attuale legislatura. Per lanciare poi il sempre più pronto giovane eurodeputato Jordan Bardella, che per la Le  Pen ha “tutte le qualità” per candidarsi alle presidenziali francesi. Il futuro della destra francese nasce già ora. Più contro l’ambizione di un doppio assalto a Macron da parte dei radicali che contro il presidente stesso: un Mélenchon forte scontenterebbe Le Pen quasi quanto un Macron forte sarebbe fumo negli occhi per il tribuno della sinistra. L’obiettivo del Rassemblement è poter essere la vera cassa di risonanza del contrasto al Presidente. E tale strategia passa, tutt’altro che paradossalmente, per una vittoria macroniana alle legislative.





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