Il 16 febbraio nella Repubblica Federale della Nigeria si terranno le elezioni presidenziali, seguite il 2 marzo da quelle per il rinnovo di gran parte dei governatori. Un voto estremamente importante non solo per quel che riguarda il futuro del paese più popoloso d’Africa ma anche per le dinamiche geopolitiche ed economiche dell’intero continente africano.
Primo fattore da prendere in analisi per comprendere l’importanza di questo voto è il fatto che Abuja è la principale economia del continente ed è il motore dell Comunità Economica degli stati dell’Africa Occidentale. Secondo fattore: le persone aventi diritto al voto sono oltre 80 milioni.
La Nigeria oggi infatti conta 200milioni d’abitanti e nel 2050 le previsioni dicono che diventerà il terzo paese più popoloso al mondo dopo Cina e India. E se a questi dati che dimostrano da soli come la prossima tornata elettorale sia di rilevanza globale, si somma il fatto che, tra le sfide del futuro presidente nigeriano ci sarà la lotta al terrorismo di Boko Haram, il rilancio dell’economia (secondo l’economista Jim O’neill la Nigeria diventerà un colosso economico a livello globale insieme a Messico Indonesia e Turchia, il così detto Mint,) e il rafforzamento della democrazia di quello che è uno dei Paesi leader del continente africano, ecco quindi che è facile capire perché è estremamente rilevante conoscere quanto sta avvenendo in queste ore in Africa occidentale.
Sabato si sfideranno l’attuale Presidente Muhammadu Buhari e Atiku Abubakar, ex vicepresidene durante il governo di Olusegun Obasanjo. Innanzitutto chi sono i due pretendenti alla carica più importante del Paese?
Muhammadu Buhari, come già detto, è l’attuale presidente in carica, guida dell’APC (All progressive Congress) e vincitore delle elezioni del 2015 con il 53.9% dei voti. Oggi ha 76 anni, ex generale, è musulmano di etnia fulani e la sua campagna elettorale che lo portò a vincere contro Goodluck Joanathan fu incentrata su tre punti: lotta alla corruzione, rilancio dell’economia e annientamento della setta jihadista Boko Haram. Come sono andate le cose durante il suo mandato? Non proprio come Buhari le aveva preventivate.
Per quel che riguarda la corruzione: in questi anni Buhari ha rafforzato la sua fama di ”incorruttibile” e non è mai stato coinvolto in scandali legati al nepotismo o alla corruzione e durante il suo mandato la Commissione per i crimini economici e finanziari ha avviato una serie di indagini di rilievo. L’economia. In questo campo, luci e ombre. Da un lato va riconosciuto il fatto che l’esecutivo di Buhari ha cercato di incoraggiare e promuovere investimenti nel settore agricolo e nelle infrastrutture ma la disoccupazione, l’inflazione e la recessione economica, legata al crollo del costo del greggio, non danno pace alla nazione. Infine c’è il capitolo Boko Haram che nonostante gli sforzi del presidente non è stato sconfitto anzi, nell’ultimo mese, ha riportato considerevoli vittorie. Comunque, in merito alla lotta contro il gruppo jihadista l’impegno di Buhari è stato evidente.
Buhari non è stato il Presidente del cambiamento che i media avevano descritto e che la popolazione si aspettava. ”Baba goslow”, ”il papà va piano” l’avevano ribattezzato i nigeriani giudicandolo troppo rigido, austero, intransigente e anche ”troppo vecchio”, e a dimostrarlo è il fatto che la sua popolarità è in caduta libera tra quei nigeriani che hanno meno di 25 anni.
Lo sfidante Atiku Abubakar, 72 anni, ha un percorso professionale diverso. Anche lui del nord, leader del PDP (People’s Democratic Party) dello stato di Adamawa, di etnia fulani e musulmano come Buhari è fondamentalmente un businessman. Non è alla sua prima esperienza politica essendo stato il vice-presidente di Obasanjo dal ’99 al 2007, ma ciò che caratterizza la sua figura più che il ruolo amministrativo che ha rivestito è il suo curriculum professionale.
Atiku Abubakar si è costruito un impero industriale iniziando la sua carriera come agente delle dogane sino a diventare un tycoon e detiene oggi quote in numerose imprese tra cui Intels, ed è presente inoltre nel settore del petrolio e del gas. Un impero che però non lo protegge dalle accuse di corruzione, compravendita di preferenze e conflitto d’interessi. E in un Paese che è considerato da Transparency International tra i più corrotti al mondo, sono degli attacchi che pesano notevolmente.
Durante la sua campagna Atiku, strenuo sostenitore di una politica liberale, ha promesso 3 milioni di posti di lavoro e di far uscire dalla povertà oltre 50 milioni di nigeriani. Il rilancio economico e la lotta alla disoccupazione sono il suo cavallo di battaglia. Ma ovviamente come per Buhari anche per lui la questione della sicurezza è un tema scottante e che pretende risposte da parte della popolazione.
La questione della violenza è una delle tematiche che influenzeranno il voto degli elettori. La Nigeria, sebbene non sia travolta da una guerra vera e propria però è percorsa da conflitti regionali. C’ è lo scontro con Boko Haram. La setta jihadista ha perso molte delle sue roccaforti negli ultimi anni ma dal 2018 c’è stata un riscossa delle bandiere nere. C’è la questione delle lotte tra agricoltori e pastori nella fascia centrale.
Un susseguirsi di attacchi per il controllo delle terre in quello che viene chiamato il ”belt” ha visto nell’ultimo anno un acuirsi degli scontri tra le due comunità che ha portato a oltre mille i morti. Poi c’è da ricordare anche la questione del Delta del Niger che non cessa di creare preoccupazioni ad Abuja ed è ritornata a farsi prepotente anche la rivendicazione degli indipendentisti del Biafra. Il tema sicurezza infiamma quindi queste elezioni insieme alla questione economica ma sarà assolutamente influente per l’esito finale anche il fattore del voto per preferenze su base regionale ed etnica.
In Nigeria le elezioni sono sempre state caratterizzate dalla sfida tra un candidato del nord e uno del sud. Questo perché il paese socialmente, etnicamente e confessionalmente è diviso tra un nord più popoloso e musulmano e un sud invece cristiano. Questa volta invece a sfidarsi sono due uomini del nord, molto diversi come curriculum e approccio alla politica, ma entrambi di fede musulmana e appartenenti ai gruppi etnici settentrionali.
Ecco quindi che un ruolo decisivo lo giocheranno i candidati alla vice presidenza: Buhari ha schierato come suo vice Yemi Osinbajo, 61 anni, uomo che gode di molto rispetto, figura competente e integra ed è molto apprezzato nel sud-est dove ha intrapreso molte azioni a livello di sicurezza e diversi interventi economici dal 2015 ad oggi. Qualità che appartengono anche all’altro candidato alla vicepresidenza Peter Obi, l’uomo di Akitu, ex governatore dello stato d’Anambra, economista e tecnocrate, cristiano e di etnia Igbo, ma questi ultimi due aspetti hanno fatto storcere il naso a molti.
Nel nord, nel 2015, Buhari aveva ottenuto voti a cascata arrivando ad ottenere sino il 90% delle preferenze in alcuni stati. Oggi come si comporterà però la regione nel momento che Buhari è sempre popolare ma l’altro candidato è anche lui del nord? E il sud invece? Riusciranno le due figure dei candidati alla vicepresidenza a far spostare l’ago della bilancia?
La partita è assolutamente aperta, la posta in palio è altissima e la paura che i giorni di voto possano essere accompagnati da scontri e violenze è concreta. In ogni caso l’augurio a livello internazionale è che, chiunque sia il vincitore, questi si impegni a portare avanti il processo di democratizzazione del Paese e di rilancio dell’economia. La Nigeria è la ”locomotiva” del continente e quindi il futuro percorso che intraprenderà la nazione avrà ripercussioni dirette, a livello economico, politico e di sicurezza, in tutta l’Africa e non solo. Se gli sviluppi saranno positivi gran parte del continente ne beneficerà, ma se dovessero essere negativi le conseguenze potrebbero essere drammatiche sia all’interno del Paese ma anche al di fuori dei confini.