Benjamin Netanyahu e George Soros. Una rivalità, quella tra il Primo ministro israeliano e il magnate nato in una famiglia di ebrei ungheresi, testimoniata anche dalla recente presa di posizione ufficiale del governo di Tel Aviv rispetto alla campagna mediatica che il premier ungherese Viktor Orbàn ha lanciato contro il miliardario «filantropo», tacciata di antisemitismo dalla comunità ebraica di Ungheria. Da settimane, infatti, Budapest è tappezzata di manifesti che ritraggono il volto sorridente dello speculatore. Accanto alla sua fotografia, campeggia una scritta eloquente: «Il 99% degli ungheresi rifiuta l’immigrazione illegale. Non lasciamo a Soros l’ultima risata».
Sebbene l’ambasciatore israeliano Yossi Amrani abbia criticato l’iniziativa del governo ungherese, sostenendo che «evoca ricordi tristi, ma semina anche odio e paura», Israele non ha preso le difese del presidente della «Open Society Foundations». Anzi. «In nessun modo – si legge in una nota ufficiale – la dichiarazione dell’ambasciatore ha l’obiettivo di delegittimare la critica contro George Soros, che mina l’operato dei governi democraticamente eletti di Israele attraverso il finanziamento di organizzazioni che diffamano lo Stato ebraico, cercando di negare il suo diritto a difendersi».
Perché Benjamin Netanyahu non sopporta George Soros
«Netanyahu si sente il leader del popolo ebraico, ma ci sono alcuni ebrei che è decisamente poco entusiasta di rappresentare. E Soros probabilmente è in quella lista» – osserva Allison Kaplan Sommer su Haaretz, autorevole quotidiano israeliano fondato nel 1919. «Uno dei motivi per cui Netanyahu è restio a criticare Orbàn è che comprende la volontà di Budapest di colpire le Ong di Soros. Il governo israeliano, infatti, è spesso stato oggetto delle campagne per i diritti umani sponsorizzate dall’illustre magnate e dal suo network. Nel 2013, l’NGO Monitor, ente no-profit di Gerusalemme filo-governativa e di stampo conservatore, ha pubblicato una relazione in cui le ong di Soros vengono tacciate di «accrescere le tensioni in una regione già tormentata».
Soros e la sfida a Israele
Nell’agosto 2016, in alcune e-mail interne della Open Society Foundations rese pubbliche si esprimeva la volontà di mettere in atto una strategia per «sfidare le politiche razziste e antidemocratiche di Israele» nelle sedi internazionali. Soros, infatti, è un convinto sostenitore dell’organizzazione «J Street» nata allo scopo di contrastare l’influenza dell’Aipac (American Israel Public Affairs Committee), un gruppo di pressione americano noto per il forte sostegno allo Stato di Israele, considerato il più potente e influente gruppo d’interesse a Washington. Il magnate sostiene e finanzia importanti ong per i diritti umani come Human Rights Watch e Amnesty International – che criticano regolarmente la politica di Tel Aviv. Le organizzazioni supportate da George Soros sono state oggetto della legge sulle Ong promossa dal premier Netanyahu circa un anno fa: iniziativa volta a limitare l’attività delle ong e onlus che ricevono finanziamenti da parte di enti e governi stranieri.
L’incontro tra Netanyahu e Viktor Orbàn
Come riporta l’Ansa, il premier ungherese Viktor Orbàn ha definito un «errore» la collaborazione dell’Ungheria con i nazisti. Orbàn ha riferito al premier israeliano Benyamin Netanyahu, in visita a Budapest nella giornata di ieri, che l’Ungheria commise un grave errore perché non riuscì a proteggere la sua comunità ebraica. «Non deve accadere mai più. L’Ungheria proteggerà il suo popolo» – ha dichiarato il premier, cercando di mettere a tacere le accuse di antisemitismo rivolte contro il suo governo nelle ultime settimane, emerse proprio per via dei manifesti anti-Soros. Il fatto che il Primo ministro israeliano non abbia speso alcuna parola in difesa del finanziere è altamente indicativo dei cattivi rapporti tra i due e della considerazione che il governo d’Israele ha del presidente della Open Society Foundations.