Il tasso di disoccupazione dei neri statunitensi è sceso al 6,8%: il dato migliore che si ricordi a memoria d’uomo negli Usa. Una notizia che, come appare ormai scontato, viene riportata in maniera molto parziale o non riportata affatto: il presidente corrente, del resto, è l’odiatissimo Donald Trump. Nonostante lo scarto si sia ridotto anche con i lavoratori bianchi. Scrive, infatti, Italia Oggi: “Lo ha comunicato il Bureau of Labor, l’ Ufficio del lavoro americano che cominciò per la prima volta a tenere traccia di queste statistiche 45 anni fa, nel 1972. Naturalmente – specifica il quotidiano citato – il presidente Donald Trump ha twittato la sua soddisfazione: “La disoccupazione afro-americana è al punto più basso mai registrato nel nostro paese. La disoccupazione ispanica è scesa di un punto intero nell’ ultimo anno ed è vicino a raggiungere il minimo record. I dem non hanno fatto niente per voi oltre a prendervi il voto!”. L’eccezione più assidua ai positivi dati riguardanti l’occupazione degli States riguarda il fatto che il trend sia in corso dai tempi dell’amministrazione di Barack Obama. Vero, ma le statistiche pubblicate durante i mandati dei governi democratici escludevano spesso gli inoccupati cronici, cioè quelle persone che avevano sostanzialmente smesso di cercare un lavoro. Il “peso” specifico degli inoccupati, insomma, adesso è decisamente variato nelle tabelle che registrano il tanto chiacchierato 4,1: il tasso di disoccupazione complessivo più basso della storia americana dall’inizio della grande recessione.
Questa notizia, però, la leggerete difficilmente tra le pagine della “grande stampa”. Molti sostengono che sia tutta opera dei tassi bassi istituiti dalla Federal Reserve. Altri, più forzatamente, arrivano ad attribuire i meriti persino alle politiche di Barack Obama. Sta diventando francamente inspiegabile, data per buona l'”illuminazione” politica ascritta da molti ai dem, comprendere come la Clinton e l’intera famiglia Obama abbiano perso così male le passate presidenziali. Il New York Times – come riporta sempre Italia Oggi – ha sottolineato che “i motivi vanno dall’ aumento del numero di americani neri che hanno la laurea al crescente bisogno da parte dei datori di lavoro, in un mercato del lavoro molto ristretto, di allargare il bacino da cui traggono le persone da assumere”. Le citate esigenze del mercato del lavoro, però, vengono spesso correlate alla riforma fiscale del Tycoon. La creazione di surplus aziendali derivanti dall’intervento sulla corporate tax ha generato – e gli investimenti annunciati da Marchionne in Michigan ne sono una prova – un rinnovato fermento industriale. Una cosa è certa: sotto la presidenza che avrebbe dovuto facilitare la vita all’America profonda, ai bianchi “razzisti” e “incazzati” per via della crisi economica, i neri statunitensi trovano facilmente lavoro. La narrazione dominante, insomma, è falsata anche relativamente a questo punto. La retorica progressista, tralasciando per un attimo le cause di questi miglioramenti, non parla di un fenomeno che sarebbe finito su tutte le prime pagine se il presidente fosse eletto fosse stato quello precedente a questo.
Negli anni settanta, cioè dal periodo in cui si è cominciato a studiare statisticamente il fenomeno, il tasso di disoccupazione dei neri era compreso tra l’11,2 e il 9,4%. Un dato che non era mai sceso sotto al 7% per i 45 anni successivi. Poi, a dicembre del 2017, il citato record: verso la fine dell’anno scorso “si è raggiunto il discostamento più basso di tutti i tempi fra la disoccupazione dei lavoratori neri e quella dei bianchi, attestato al 3,7%”, scrive ancora Italia Oggi. Horace Cooper, attivista di Project 21 e sindacalista nero, ha dichiarato in un’intervista all’Heritage Foundation: “La disoccupazione fra i neri americani è tipicamente dal 40 al 100% più alto di quella fra i lavoratori bianchi” ha sottolineato, “mentre il divario di oggi è il più piccolo mai riscontrato”. Ma qual è l’opinione di Cooper sulle amministrazioni precedenti? “Le politiche del presidente Obama erano focalizzate sulla distribuzione di tessere alimentari, di sussidi e di aiuti di Stato, non sull’ assicurare che il diritto civile più importanti di tutti, il diritto ad essere autosufficienti, fosse onorato con politiche di restrizione alle ingerenze dello Stato”. E ancora, ha detto il sindacalista riferendosi al primo anno da presidente di Donald Trump: “Due milioni di persone in meno hanno fatto ricorso alle tessere alimentari”. Gli “esclusi”, quindi, adesso lavorano nonostante l’evidente mancanza di buonismo nel carattere del presidente degli States. Trump, insomma, non saprà giocare a basket e non guarderà l’Nba tutte le sere, ma sembra essere più attento ai diritti degli afroamericani di quanto si dica correntemente in giro.