A Washington è il falco anti cinese per antonomasia. Mike Gallagher in pochi mesi è diventato il collettore di tutte le istanze americane che vedono nella Repubblica popolare un nemico, un rischio per la sopravvivenza stessa degli Stati Uniti. 39 anni, un passato nel corpo dei Marines, è il responsabile di un comitato della Camera che indaga la minaccia cinese.
In una fase in cui tutti a Washington sembrano a fare a gara su chi ricopra posizioni più anti-cinesi, il deputato del Wisconsin si sta dimostrando uno dei più pragmatici. Eletto per la prima volta al Congresso nel 2016, ha prestato servizio nel corpo dei Marines per sette anni e servito due volte in Iraq. A differenza di quello che ci si potrebbe aspettare, nel curriculum di Gallagher non sono presenti studi asiatici, ma anzi, i suoi campi sarebbero ben diversi. Con un dottorato in relazioni internazionali, il deputato si è occupato sia di Guerra Fredda che di terrorismo islamico. Un buon cv ma niente di “asiatico”. La svolta arriva dopo il dottorato quando si candida al Congresso e diventa un giovane deputato per il Badger State.
Dopo circa quattro anni di apprendistato, incassa la rielezione alle midterm del 2022 e inizia a farsi notare. Prima come membro del comitato di intelligence permanente della Camera e poi come capo della nuova task force anti Cina. Tra la fine dell’anno e l’inizio del 2023, Gallagher diventa la voce di tutti i falchi di Washington preoccupati di come Pechino stia minacciando gli Usa e proprio per questo ha rilasciato dichiarazioni e interviste quasi a ciclo continuo. Ma quali sono i suoi veri obiettivi?
I suoi obiettivi: fare capire la minaccia cinese
Come detto tutto passa dalla sua creatura: il comitato sulle attività partito comunista cinese. Per Gallagher il gruppo bipartisan sarà chiamato a lavorare su come rapportarsi alla Pechino. “Sarà un incubatore”, ha detto qualche mese fa a Politico, “Uno strumento per sfornare buone policy sulla Cina”. Il punto secondo il deputato è quello di rendere sempre più chiaro agli americani che discutere della Repubblica popolare non è un capriccio dei politici di Washington lontani dall’America profonda, ma che deve essere chiaro come il pericolo vada percepito allo stesso modo sia tra i corridoi del Congresso che nel suo distretto in Wisconsin.
A febbraio parlando con il Washington Post ha spiegato in poche parole il suo approccio. “Tutti hanno fatto la stessa scommessa sulla Cina. Era una scommessa che poteva avere senso, era logica. Ma è stata un fallimento. Per questo ora dobbiamo trovare un modo per uscire da questa situazione”. Ma quale “scommessa” si riferisce il deputato? Sostanzialmente a quella di inizio anni ’90, simboleggiata dal progetto dell’amministrazione Clinton di inglobare la Cina nel sistema economico mondiale. Se Pechino si apre al mondo globale, era il ragionamento, passerà attraverso le stesse dinamiche di altri Paesi, diventerà più liberale, avvierà riforme e alla fine sceglierà la democrazia. Ovviamente la storia, e soprattutto la Cina, ha preso una direzione molto diversa. E dall’assunto di questo “fallimento” bisogna ricominciare da capo, secondo il giovane falco repubblicano.

La sua visione: cosa vuole dal Congresso
Il punto di vista di Gallagher è quello di una Cina esclusivamente minacciosa. E in questo solco si inserisce anche il progressivo deterioramento delle relazioni diplomatiche tra Usa e Repubblica popolare. Un deterioramento culminato con la vicenda del presunto pallone spia cinese che ha sorvolato i cieli americani tra la fine di gennaio e febbraio.
“L’episodio del pallone”, ha detto a Politico, “è in realtà un modello studiato da Pechino per mettere in imbarazzo i leader globali prima di importanti incontri diplomatici”. Per Gallagher è Pechino a voler sistematicamente sabotare le missioni diplomatiche. Sarebbe successo nel 2021, in Alaska in occasione del vertice di Anchorage cui presero parte il segretario di Stato Antony Blinken e il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e nel caotico arrivo di Barack Obama al G20 a Hangzhou del 2016. Sabotaggi perfettamente in linea con “il Dna del partito comunista cinese”.
Fatti come la guerra dei palloni, però, non rappresenterebbero il cuore principale dell’attività di Gallagher e del suo comitato, anzi sul piatto c’è molto di più. Mettendo insieme le varie interviste del deputato si può individuare una lunga lista di temi cari al falco. “Il pallone spia”, ha detto a Semafor, “non sarà la nostra area di interesse principale”. Il piano è quello di inserire questi fenomeni in un quadro più ampio, un quadro che dipinge una Cina sempre più audace.
Quello di Pechino, ha spiegato ancora, è un modello aggressivo che ritroviamo in diversi ambiti: nello spionaggio nelle università americane, nell’acquisto di terreni agricoli vicini alle basi militari in territorio statunitense, nelle stazioni di polizia segrete presenti sul suolo americano. Ovviamente il terreno di scontro è più ampio e chiama in causa aspetti militari e geopolitici. Preoccupa la partnership tra Cina e Russia che lo stesso Gallagher ha definito come “un’alleanza contro l’Occidente”. In più gli Usa dovrebbero lavorare attivamente con l’Australia per installare batterie di missili a medio-lungo raggio nelle isole a nord. Ma sopra ogni cosa, l’attività dovrebbe essere concentrata su Taiwan.
L’ossessione di Gallagher per Taiwan
Gallagher ha spiegato a più riprese che il popolo americano deve rendersi conto non solo dei rischi di una potenziale invasione dell’isola da parte di Pechino, ma soprattutto delle conseguenze. Parte del lavoro della commissione da lui presieduta, ha detto a Semafor, sarà quello di esporre agli elettori i pericoli di un colpo di mano cinese, delle ricadute militari per gli Stati Uniti e di tutti i contraccolpi economici.
Per il deputato la strategia principale è solo una: scoraggiare le mosse cinesi su Taiwan. “Dobbiamo imparare dalla lezione in Ucraina”, ha raccontato in un’intervista, “dobbiamo aumentare l’hard power occidentale e trasformare le dichiarazioni in un piano per armare fino ai denti Taipei”. “Solo così”, ha aggiunto, “possiamo prevenire la Terza guerra mondiale”.
Il dossier Taiwan è così centrale nei pensieri di Gallagher che tutto ruota intorno alla questione dell’isola. A fine febbraio il deputato è volato con un gruppo di colleghi direttamente a Taipei. Una visita di quattro giorni quasi invisibile “per non attirare l’attenzione”, ma con un’agenda fittissima. Incontri con deputati e con la presidente Tsai Ing-wen, tutti volti allo stesso obiettivo: come trasformare l’isola in un porcospino difficile da attaccare.
“La gran parte dei funzionari taiwanesi che ho incontrato hanno parlato dell’invasione russa dell’ucraina come di un campanello d’allarme”, ha raccontato al Washington Post dopo il suo rientro. “Quello che li preoccupa di più”, ha aggiunto, “sono i ritardi nelle forniture”. Forniture ovviamente militari. Taipei aspetta un pacchetto di armi (dai missili anti nave ai caccia F-16) da circa 19 miliardi di dollari che gli Usa dovrebbero fornire ma che risulta ancora in parte bloccato proprio perché le forniture a Kiev hanno di fatto rallentato tutta la filiera bellica.
Il comitato: lo strumento per contenere Pechino
La creatura attraverso cui Gallagher vuol far passare la linea di contenimento di Pechino è il nuovo comitato del Congresso che presiede. Un organo composto da 13 repubblicani e 11 democratici nominato con un voto quasi bipartisan alla Camera. Al fianco del deputato del Wisconsin siede un collega democratico dell’Illinois, Raja Krishnamoorthi, che con lui condivide un approccio critico a Pechino.
Gallagher e Krishnamoorthi paradossalmente sono divisi solo dall’appartenenza partitica, perché per il resto sono molto simili. Entrati entrambi al Congresso nel gennaio del 2017, hanno lavorato su disegni di legge per l’occupazione nel Mid West, ed entrambi fanno parte del comitato d’Intelligence della Camera che è stato tra i più battaglieri nel pungolare il Pentagono sulla vicenda dei presunti palloni spia cinesi.
Ufficialmente i settori di indagine del comitato sono molteplici: il focus sulle violazioni dei diritti umani in Cina; la ricerca di una strategia per ridurre la dipendenza degli Usa dalla Repubblica popolare; individuare forme di investimento nel campo dell’intelligenza artificiale e della robotica per competere con i ricercatori dell’impero di mezzo; studiare come si struttura la partnership lungo l’asse Pechino-Mosca; e ovviamente difendere Taiwan.
Il nodo dell’isola ribelle, come la definisce Pechino, secondo Gallagher può essere sciolto anche grazie alla sua esperienza come ex marine, portando tra i deputati simulazioni e wargames. Parlando sempre con Semafor, Gallagher ha raccontato che la sua intenzione è quella di far lavorare il comitato con “wargame creativi che integrino scenari di guerra tradizionale con scontri di tipo finanziario ed economico. Il tutto per far capire l’importanza di Taiwan”. E il 19 aprile si è tenuto uno di questi “giochi di guerra”. Un test ad ampio spettro per capire come rispondere a un colpo di mano cinese nello Stretto.
I risultati della simulazione sono trapelati con il contagocce ma quello che è emerso è che gli Usa hanno ancora molto lavoro da fare. “Esaurire i missili a lungo raggio è un male”, ha commentato laconico il deputato Dusty Johnson, tra i partecipanti al wargame. Il punto evidenziato da Johnson è uno di quelli più ovvi e più delicati: in caso di guerra nello stretto di Taiwan gli Stati Uniti esaurirebbero molto velocemente i missili anti nave a lungo raggio. Una voce del comitato, che ha chiesto di restare anonima, ha raccontato al Washington Post che l’America deve migliorare molto in fretta la capacità bellica del Paese. Non solo. L’esito della simulazione sarebbe stato senza appello: l’economia globale ne uscirebbe completamente a brandelli. E per questo urgono correttivi, fanno sapere fonti del comitato.
Gallagher e soci proseguono il lavoro, anche grazie al sostegno di gran parte dell’establishment di Washington anche se qualche piccola voce si alza dubbiosa. È il caso ad esempio di Andy Kim, deputato ed ex responsabile del dossier afghano al dipartimento di Stato e consigliere per la sicurezza nazionale durante l’amministrazione Obama. Per Kim persone come Gallagher che parlano apertamente di “nuova guerra fredda” e di una Cina come nemico non aiuteranno l’American nel lungo termine. “C’è una linea sottile tra la deterrenza e la provocazione”, ha detto a Nbc News, “il modo in cui Gallagher si muove rischia di infiammare ancora di più gli animi e creare occasioni per nuove escalation”.