Dopo la vittoria di Joe Biden gli Stati Uniti appaiono più divisi che mai. E cresce ancora la voglia di secessione, che per altro non è mai passata del tutto. Molte minacce, subito prima o subito dopo le elezioni, restano poi lettera morta. L’attore Robert De Niro, ad esempio, ogni volta che i Repubblicani vincono o potrebbero vincere, minaccia di trasferirsi in Molise. Ma poi non lo fa mai. I cittadini (e compaesani) di Ferrazzano lo stanno aspettando ancora adesso. Gli Stati del Nord-Est statunitense, dopo la riconferma di George W. Bush nel 2004, chiedevano di farsi annettere al Canada, tornando dunque sotto la corona britannica dopo quasi tre secoli. Ma sono ancora lì. La polarizzazione politica negli Stati Uniti, comunque, è cresciuta molto nel corso delle ultime cinque amministrazioni ed è esplosa con la vittoria di Biden, nelle elezioni del 2020 con il maggior numero di elettori votanti degli ultimi decenni. Altro segno di grave disagio, peraltro, perché gli Stati Uniti sono un Paese in cui prevale tradizionalmente l’astensione per fiducia passiva.
I numeri della “secessione”
Vari sondaggi rilevano un grande senso di divisione nella società americana. In uno dei più inquietanti, pubblicato da Bright Line Watch ed effettuato l’estate scorsa assieme al noto istituto YouGov si individuano diversi sintomi di polarizzazione. Cresce la percezione di pericolo nei confronti del partito avverso, dunque aumenta il timore dei Repubblicani che i Democratici, una volta al governo, cambino le regole del gioco per restare al potere. E tra gli elettori più conservatori è diffusa di quanto si pensi la convinzione che le elezioni del 2020 siano state truccate. Fra i punti più controversi c’è anche la volontà di secessione. I sondaggisti avvertono: si tratta di uno scenario così estremo e improbabile che non si pretende una risposta “seria”, motivata da una riflessione profonda e razionale, da parte dei rispondenti. Si tratta dunque di dati che vanno presi con le molle. Ma in alcuni casi, i risultati sono talmente eclatanti che vanno tenuti seriamente in considerazione. Ad esempio nell’area “Sud” che raggruppa gli Stati della ex Confederazione (Texas, Oklahoma, Arkansas, Louisiana, Mississippi, Alabama, Georgia, Florida, South Carolina, North Carolina, Virginia, Kentucky, e Tennessee) la voglia di secessione arriva al 44%. E fra gli elettori repubblicani, tocca un impressionante 66% (ma anche il 50% fra gli “indipendenti” che non si identificano in nessuno dei due grandi partiti).
Anche nel 2012, quando Barack Obama era stato rieletto presidente, negli Stati del Sud, privati cittadini avevano promosso delle petizioni online per chiedere la secessione. Le firme raccolte avevano superato, anche allora, ogni aspettativa. Louisiana, Alabama, Florida, Tennessee, Georgia e Texas avevano sfondato il tetto delle 25mila firme, necessarie per inoltrare la domanda alla Casa Bianca e ottenere una risposta dal presidente. In Texas ne erano state raccolte 126mila in poche settimane, subito dopo l’esito del voto. L’amministrazione Obama non si scompose: rispose semplicemente che una richiesta di secessione fosse incompatibile con la Costituzione americana.
Se gli esempi più recenti riguardano soprattutto Stati repubblicani che non accettano come legittimo un presidente democratico, la questione secessionista è però bipartisan. Anche negli Stati della costa del Pacifico (Alaska, California, Oregon, Washington), infatti, i Democratici sono più favorevoli ad un divorzio: si dice a favore il 47% dei simpatizzanti del partito dell’asinello, non una maggioranza, ma una minoranza abbastanza grande da far notizia.
La fiducia nella democrazia
Questi dati sono più significativi ancora se li si confronta con un altro sondaggio, sempre di Bright Line Watch in cui si misura la fiducia nella democrazia dei simpatizzanti dei due partiti. I Repubblicani hanno posto maggiormente fiducia nel sistema democratico dal 2017 al 2020, molto più della media dell’opinione pubblica presa nel suo insieme e certamente molto più dei Democratici. Ma all’improvviso: ecco che le elezioni del novembre 2020 ribaltano di colpo la situazione, con i Democratici fiduciosi nel sistema e i Repubblicani scettici. Ovviamente se non si crede più alla tenuta del sistema democratico nazionale, ci si rivolge, per reazione, alla propria democrazia territoriale: con una crescente richiesta di secessione.
Contrariamente al mainstream di media e centri studi, il libertario Mises Institute prende sul serio l’ipotesi della secessione. E non ci trova neppure nulla di male. I libertari, d’altra parte, sono fedeli allo spirito originario della Rivoluzione Americana, cioè della secessione delle colonie americane dalla corona britannica. Dopo le elezioni del 2020, il Mises Institute ha ribadito il suo punto: “Lungi dall’essere un fattore unificante, lo Stato centralista serve solo a creare blocchi di elettorato gli uni contro gli altri armati. Le divisioni crescono man mano che il potere federale aumenta inesorabile e le elezioni presidenziali del 2020 sono un mero sintomo di quanto tale divisione si sia accentuata. Quanto potrebbe peggiorare? È ancora tutto da vedere. Dopo la vittoria contestata di Joe Biden, il Paese potrebbe doversi dividere in più unità politiche indipendenti, se volesse evitare un’ulteriore disintegrazione sociale”. I libertari del Mises, dunque, propongono la secessione come strumento per calmare gli animi e riportare l’ordine, non come una forma di disordine sociale.
Sarà comunque difficile che questa prospettiva prevalga, perché la Guerra Civile (1861-65), con i suoi 600mila morti, ha lanciato una maledizione duratura su ogni idea di separazione. Una secessione pacifica potrebbe essere solo “di fatto”, con leggi separate da territorio a territorio, molto più di quel pluralismo che il sistema federale americano già consente. E ci sono sempre più argomenti politici che possono far scattare la violenza: sull’aborto, sulle nozze gay, sul diritto di portare armi, prossimamente anche sulle energie rinnovabili (e conseguente de-carbonizzazione) e, in tutti questi venti mesi di pandemia, anche sulle misure sanitarie contro il Covid, le due Americhe sono sempre più distanti. Una separazione territoriale, anche se solo di fatto e non di diritto, potrebbe diventare un’alternativa più allettante di una guerra tra vicini di casa e di strada.