Alternative fur Deutschland (Afd) svolge un ruolo peculiare nella galassia “sovranista” europea, in quanto primo movimento apertamente populista e antisistema a fare breccia nel cuore dell’impero, in quella Germania di Angela Merkel che la vulgata europeista non manca di incensare ma che al suo interno cela numerose contraddizioni e debolezze, troppo spesso appiattite e livellate in nome della difesa acritica di un modello che ha nella valorizzazione delle esportazioni e nello sfruttamento della loro rendita politica il suo punto focale.

Fondata nel 2013 da un gruppo di economisti tedeschi vicini all’area di centrodestra che chiedevano l’uscita della Germania dal mercato comune e la riappropriazione nazionale di diverse competenze comunitarie, capeggiati da Bernd Lucke, l’Afd ha svoltato verso posizioni identitarie, sovraniste e nazionaliste dopo lo scoppio della crisi dei rifugiati nel 2015. Da allora è iniziato un lungo percorso che ha portato Afd a far eleggere i suoi rappresentanti in tutti i parlamenti regionali e nel 2017 a uscire dalle elezioni politiche con il 12,6% dei consensi (quasi 6 milioni di voti), che hanno fruttato al partito 94 deputati e il titolo di prima forza d’opposizione.

A permettere l’ascesa della formazione ha concorso, in larga misura, la capacità dei due leader candidati alle elezioni politiche del 2017 come capilista, Alice Weidele Alexander Gauland, di intercettare nella retorica e nella proposta politica i delusi dai partiti tradizionali di centro e centrodestra (Fdp, Cdu, Csu) e l’elettorato tradizionalmente di sinistra delle classi lavoratrici, formato da individui fortemente critici dei processi di globalizzazione e delle debolezze consolidate del sistema previdenziale Hartz (la cosiddetta “povertà per legge”), abitanti in larga misura le regioni dell’ex Ddr in cui l’Afd ha sfondato con consensi superiori al 20% in tutti i Lander.

Le basi culturali dell’Afd

Spesso semplicisticamente associato ai nostalgici dell’era nazista o ai revisionisti storici, il substrato culturale dell’Afd è invece ben più complesso. A delinearlo con precisione ci ha pensato Luca Steinmann in un articolo comparso sul recente numero di Limes dedicato alla Germania. Tra i riferimenti culturali citati da Steinmann il più radicato è sicuramente quello che fa riferimento alle Burschenschaften, le confraternite studentesche di orientamento conservatore e tradizionalista che raccolgono oltre 7mila aderenti in tutto il Paese e sono l’erede diretto delle confraternite fondate ai tempi della caduta del Sacro Romano Impero in età napoleonica.

A ciò si aggiungono i teorizzatori della “Rivoluzione Conservatrice” di inizio XX secolo (Carl Schmitt, Ernst Junger, Oswald Spengler), la cui critica alla civiltà moderna “si spinse fino alla tesi che il liberalismo significasse la morte dei popoli”, e i membri della resistenza antinazista stanziati negli apparati di potere della Wehrmacht, tra i quali il Pantheon dell’Afd assegna un posto d’onore a Claus von Stauffenberg, fautore del fallito attentato a Hitler del 1994 il cui gesto “viene letto dai conservatori di oggi come l’assunzione di responsabilità dei crimini nazisti e il riscatto col sangue dello spirito tedesco”.

La grande cesura tra la lettura della storia da parte dell’Afd e la vulgata tedesca del dopoguerra è rappresentata proprio dall’interpretazione del ruolo del Paese dopo la catastrofe del 1945: secondo i conservatori di destra, Berlino dovrebbe superare il senso di colpa e la sindrome di Paese sconfitto riportando al centro una lettura identitaria della sua condizione attuale per rafforzare la sua azione politica nei tempi odierni.

L’ideologo dell’Afd

Nella sistematizzazione di questo grande retroterra culturale in una proposta politica ha svolto un ruolo importante Bjorn Hocke, forse la personalità più interessante nel panorama Afd.Intervistato dall’Huffington Post, il 46enne parlamentare ha spiegato le motivazioni che spingono Afd sul suo cammino politico: “Ritengo che per definire la nostra identità sia un errore non prendere come riferimenti gli aspetti positivi della nostra storia. È molto importante sviluppare un patriottismo che crei un senso di appartenenza in assenza del quale nessuna società civile libera può esistere. Ciò non comporta la rimozione degli anni bui della nostra storia, perché è proprio la consapevolezza di ciò che avvenne in quella oscurità che permette di riconoscere la luce”.

Inoltre, Hocke ha usato parole al vetriolo per commentare la subordinazione europea agli Stati Uniti, dimostrando in questo senso un’affinità a un’altra proposta politico-filosofica di destra, la Nuovelle Droite di Alain de Benoist: “Da europeo non mi identifico nell’ideologia del consumo. Naturalmente il benessere economico è necessario ma non è il cuore dell’esistenza. Questo è invece composto dalla nostra cultura e dalla possibilità di trasmetterla ai nostri figli preservando così le tradizioni, la filosofia, la musica, la vita di comunità. Ritengo che gli americani non abbiano nessuna giustificazione per esportare il loro american way of life e men che mai attraverso i mezzi militari con cui hanno generato milioni di morti dal 1945 a oggi. Naturalmente non mi riferisco al popolo americano, che è a sua volta vittima del proprio regime. Se l’Europa vuole determinare in autonomia il proprio modo di vivere deve liberarsi dall’influenza americana”.

L’Afd verso le elezioni europee

Dopo aver criticato sul piano politico alcune proposte di alleati del campo della destra sovranista, come la manovra del governo italiano di cui fa parte la Lega, a gennaio l’Afd ha sorpassato in durezza le altre formazioni del continente sul terreno della sfida a Bruxelles. Il congresso del partito tenutosi il 12 e il 13 gennaio scorsi ha visto i delegati Afd votare un manifesto che menziona esplicitamente l’appoggio alla proposta di uscita di Berlino dall’Ue.

Come ha spiegato Il Sole 24 Ore, i delegati del partito “hanno votato un manifesto elettorale per le europee di maggio che prevede di fare campagna per il divorzio tra Berlino e la Ue. La “Dexit” (Deutschland exit, ndr’), come è già stata ribattezzata dai media tedeschi, dovrebbe entrare in agenda se la Ue non avvierà un piano di riforme che tenga conto delle linee guida avanzate dalla Afd. Una prima bozza fissava al 2024 il termine massimo per la ‘risposta dell’Europa’, poi ammorbidita in una scadenza più elastica (ora si parla di ‘entro tempi ragionevoli’)”.

Una vera e propria dichiarazione di guerra ai partiti tedeschi e, in prospettiva, una forte dichiarazione ai partiti alleati nel campo sovranista: Afd è al suo interno per contare e influenzare l’agenda. E i sondaggi, in vista del voto di maggio, assegnando percentuali vicine al 15% al partito sembrano avallare la sua svolta.





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