Divisa a livello politico ma unita a livello militare: qual è oggi il senso della Nato? La domanda riecheggia ciclicamente da molti anni sul tavolo delle cancellerie europee e in quella statunitense. E adesso ritorna, in un momento di alta tensione fra Washington e i partner europei.
L’amministrazione di Donald Trump sembra stia facendo evaporare l’eredità del Novecento. I Paesi amici e quelli nemici si calcolano in base ad altri parametri. L’Europa, di fondo, non serve più. Nella sfida fra grandi superpotenze, in cui è aggiunta la Cina rispetto al Secondo Novecento, l’Europa rappresenta un problema per gli Stati Uniti.
Trump, la Nato e la frattura Usa-Europa
A Washington non sanno se considerarla alleata o avversaria. Ogni singolo Stato ha la sua propria agenda politica. E il rapporto con Cina e Russia, così come sui dossier mediorientali, è emblematico di uno iato sempre più ampio fra le logiche americane e quelle del Vecchio Continente.
In questa divisione, che si riconferma anche sul piano economico con la guerra dei dazi, l’unico collante che riesce ancora a imprimere una forma unitaria all’Occidente, è proprio l’Alleanza atlantica. Che però si fonda su presupposti politici ormai del tutto assenti. Se gli Stati, al suo interno, sono divisi, non si capisce come possa essere ancora utile a uno scopo.
In questi ultimi mesi, quello che si capisce dalle mosse della Nato è che c’è la volontà di compattare il blocco scostandosi, il più possibile, dalla supremazia degli Stati Uniti. L’idea del comando di Bruxelles è che la Nato, per continuare a vivere (e non a sopravvivere) debba necessariamente fare in modo di rendersi completamente autonoma da Washington.
Il problema è che, realisticamente, ciò non può avvenire. A livello strategico, il Patto atlantico si fonda sugli obiettivi a lungo termini espressi dagli Stati Uniti. Ne è un esempio il fronte orientale, che corre dal Baltico al Mar Nero. Lì, alle porte di Mosca, dove il confine viene costantemente rafforzato dalla presenza di truppe occidentali, è difficile capire dove finiscono gli interessi di tutta l’Alleanza e dove iniziano quelli esclusivi dell’America e viceversa.
Se non c’è una chiara presa di posizione collettiva sull’interesse strategico, il rischio di aumentare questa spaccatura diventa ancora più grande. Perché l’aumento degli sforzi militari, parallelo a una crescente disaffezione verso un blocco unico dell’occidente, di fatto crea una situazione del tutto fuorviante. Si chiedono maggiori impegni per un’alleanza che è sempre meno capita e apprezzata, sia dai governi che dalle opinioni pubbliche.
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La Difesa comune europea
In questo quadro di assoluta opacità degli interessi dietro la persistenza della Nato, l’idea di una difesa comune europea preoccupa, non a caso, sia gli Stati Uniti che la stessa Nato. Se l’Alleanza militare già esiste, perché crearne un’altra di livello europeo? Nato e Usa sono molto inquieti.
È chiaro che una difesa comune di matrice europea, con propri armamenti, propri comandi e proprie strategie, non avrebbe motivo di continuare a rimanere ancorata all’ombrello Nato e a quello di Washington. Sarebbe una convivenza formale, ma sostanzialmente inutile.
In questo, si aggiunge il rischio (per gli Stati Uniti) di una centrale unica d’appalto per l’Unione europea e gli investimenti da parte degli Stati membri sulle aziende di armi e di mezzi esclusivamente europee o con sede in Europa. L’apparato militare-industriale americano ne risulterebbe sensibilmente compromesso, anche alla luce della recente espansione dell’industria russa nel mondo. E questo creerebbe un secondo grande polo industriale che farebbe concorrenza alle grandi aziende made in Usa.
Una sfida che avrebbe anche un grande impatto nella capacità di Washington di controllare i mezzi utilizzati dagli eserciti della Nato. Avere i piani di costruzione di un qualsiasi mezzo o di qualsiasi sistema d’arma presuppone che spesso solo l’azienda produttrice, quindi americana, possa avere tutta la tecnologia a disposizione o la conoscenza completa. È il motivo per cui negli Stati Uniti il Pentagono è preoccupato dalla quantità di componenti cinesi presenti nelle armi utilizzate dall’esercito.
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Il fattore Russia
In questa difficile fase di ripensamento del ruolo della Nato, il rischio che essa abbia come unico collante e obiettivo la Russia, è molto elevato. Come detto sopra, il fronte dell’Europa orientale è l’unico dove sembra esserci una reale unità d’intenti fra i partner dell’Alleanza.
Ma ha senso avere come unico nemico per tutti la Russia? In realtà, anche in questo frangente si notano le grandi differenze fra i Paesi membri. Stati Uniti, Gran Bretagna e Stati del Baltico sono tutti profondamente allineati a una forte componente anti-russa. Stessa cosa per i partner non membri scandinavi. Vogliono che il baricentro si sposti a Est.
Ma da parte di altri Stati, non c’è la stessa sensazione. L’Italia, in questo senso, è emblematica. La partecipazione a un blocco che si contrappone alla Russia va contro gli interessi strategici di Roma, ma anche, in particolare, a quelli del nuovo esecutivo di Giuseppe Conte. Stessa cosa si può dire della Germania che, nella guerra commerciale con gli Stati Uniti, sa di poter guadagnare molto dea un riavvicinamento a Mosca, soprattutto in chiave energetica.
La Russia, ovviamente, ha tutto da guadagnare da questa spaccatura. Per Vladimir Putin, che sta cercando di riequilibrare le posizioni europee in favore di Mosca, avere una Nato che comincia a interrogarsi sulla sua importanza, può essere molto utile. Una convergenza di interessi che può aiutare a capire quale possa essere, almeno in Europa, il futuro dell’Alleanza. Con gli Stati Uniti che si sganciano dai partner storici, conviene a tutti rivedere le proprie posizioni.