Le nuove sfide alla sicurezza in Europa richiedono nuove risposte e maggiore presenza da parte della Nato. A dirlo è il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg, che ha sottolineato come “la linea tra conflitto e competizione” con la Russia sta diventando sempre più labile e sottile. Stoltenberg ha affermato che al momento non c’è “alcuna minaccia imminente” da parte di Mosca o di qualsiasi altro avversario “contro i nostri alleati” ma occorre prestare attenzione alla Russia che ha “modernizzato le sue forze armate e usato la forza militare contro i Paesi vicini, come l’Ucraina”.

“Per garantire che nulla di simile a quanto accaduto in Ucraina nel 2014 possa ripetersi a qualsiasi alleato della Nato, abbiamo aumentato la nostra presenza militare nella parte orientale dell’alleanza”, ha aggiunto, riferendosi ai militari  schierati in Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania.

La Nato ai confini orientali con la Russia

“Abbiamo gruppi pronti a combattere nella parte orientale dell’alleanza, nei Paesi baltici e in Polonia, per la prima volta nella storia della Nato per inviare un messaggio molto chiaro: non c’è alcuna possibilità che quanto successo in Ucraina possa ripetersi in quei Paesi”, ha ribadito Stoltenberg, aggiungendo che la Nato ha anche aumentato la propria presenza in Bulgaria, Romania e Mar Nero.

Le forze della Nato, infatti, hanno notevolmente ampliato la portata delle loro esercitazioni nell’Europa dell’Est negli ultimi anni, avvicinandosi pericolosamente ai confini con la Russia. “Questa è una sfida, il che significa che dobbiamo adattarci a un ambiente di sicurezza nuovo e più esigente in cui vi è anche una linea più sfocata tra pace e guerra”, ha aggiunto il segretario generale. Ad accrescere le tensioni tra Nato e Mosca c’è la richiesta da parte di Varsavia di installare una base militare statunitense in Polonia. E nei giorni scorsi, i funzionari militari statunitensi hanno ispezionato l’area disponibile per la futura e possibile base. “Al momento siamo nella fase esplorativa” ha detto il Segretario alla Difesa James Mattis. “Non abbiamo preso alcuna decisione definitiva”.

“Queste azioni espansionistiche della Nato – ha commentato in merito il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov -portano inevitabilmente a contromisure da parte russa per bilanciare l’equilibrio che si rompe ogni volta”. 

Quella promessa fatta ai russi e non mantenuta

Per ricostruire il difficile rapporto tra Russia e Alleanza Atlantica è bene fare un passo indietro con una testimonianza importante. “Quando ebbe luogo la riunificazione tedesca, noi promettemmo al leader sovietico Gorbačëv – io ero presente – che se la nuova Germania fosse entrata nella Nato non avremmo allargato l’Alleanza agli ex Stati satelliti dell’Urss nell’Europa dell’Est. Non mantenemmo la parola. Peggio: promettemmo anche che la Nato sarebbe intervenuta solo in difesa di uno Stato membro, e invece bombardammo la Serbia per liberare il Kosovo che non faceva parte dell’Alleanza”.  A testimoniarlo è Jack Matlock, ambasciatore americano a Mosca dal 1987 al 1991 in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera del 15 luglio 2007 e citata nel libro dell’ex ambasciatore Sergio Romano “Atlante delle crisi mondiali” (Rizzoli, 2018).

La versione di Sergio Romano

Lo stesso ambasciatore nel suo libro ricorda come Occidente e Nato abbiano provocato la Russia, contrariamente a quanto sostenuto dal segretario generale della Nato nelle sue recenti dichiarazioni: “La goccia che ha traboccare il vaso della rabbia russa è stata la seconda crisi ucraina. Per i russi l’Ucraina non è un Paese straniero. È la terra in cui sono depositate le radici culturali e religiose della loro storia; e ha con la Russia, per molti aspetti, un rapporto simile a quello della Scozia con l’Inghilterra” afferma Romano.

“Nelle manifestazioni di piazza contro le elezioni del dicembre 2004 e nella nuova occupazione di piazza Maidan dieci anni dopo, Mosca ha visto il denaro di George Soros e la mano organizzativa dell’Open Society, la sua rete di fondazioni culturali. Nei ripetuti viaggi a Kiev del presidente polacco Aleksander Kwaśniewski, durante la crisi, ha visto le ambizioni e lo spirito revanscista di Varsavia. Nelle dichiarazioni degli Stati Uniti, ha visto l’intenzione di spingere verso oriente la loro frontiera politico-militare”. Sono sciocche e imprudenti, afferma l’ambasciatore, “le potenze che credono di potere fare politica estera senza tenere conto di questi fattori. Gli americani invece hanno preferito ignorarli”.

“L’allargamento della Nato è la radice del problema”

Secondo John J. Mearsheimer, professore di relazioni internazionali presso l’Università di Chicago, il resoconto di Stoltenberg sulla crisi in Ucraina è sbagliato e l’allargamento a est della Nato la radice dei problemi: “Gli Stati Uniti e i suoi alleati europei condividono la maggior parte della responsabilità di questa crisi” spiegò il professore in un articolo pubblicato nel 2014 su Foreign Affairs. “La radice del problema è l’allargamento della Nato, elemento centrale di una più ampia strategia volta ad estromettere l’Ucraina dall’orbita russa ed integrarla nell’Occidente. Allo stesso tempo, l’espansione dell’Unione Europea verso est e il supporto dell’Occidente a un movimento pro-democrazia in Ucraina – iniziato con la Rivoluzione Arancione nel 2004 – erano altresì elementi critici”.

Dopotutto, scrive Mearsheimer, “l’Occidente si è mosso nelle vicinanze della Russia minacciando i suoi centrali interessi strategici, punto questo enfatizzato ripetutamente da Putin. Le élite negli Stati Uniti e in Europa sono state prese alla sprovvista dagli eventi solo a causa del fatto che aderiscono a una distorta visone della politica internazionale”.

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