“Nuove opportunità emergeranno nella nostra cooperazione con l’Iran dopo che il regime speciale imposto dalla risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite scadrà il 18 ottobre”, ha detto il vice ministro degli esteri Sergei Ryabkov, a cui ha fatto eco il primo vice capo del Comitato per gli affari esteri Vladimir Dzhabarov aggiungendo, come riporta Interfax, che la Russia continuerà la cooperazione tecnico-militare con Teheran nonostante l’ordine esecutivo del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che sanziona quegli Stati che forniscono armi all’Iran.
“Quindi, lasciamo che impongano sanzioni, una in meno, una in più. Credo che la nostra cooperazione tecnico-militare con l’Iran continuerà, e spero che queste sanzioni non la influenzeranno”, ha concluso Dzhabarov nella sua dichiarazione di lunedì scorso in occasione delle nuove sanzioni emesse dagli Stati Uniti verso il regime degli ayatollah.
Sanzioni che vanno a colpire con più peso il settore dello sviluppo missilistico, che recentemente ha fatto un discreto balzo in avanti con la messa in orbita del primo satellite della Repubblica Islamica e che quindi dimostra la possibilità per Teheran di avere a disposizione vettori di tipo intercontinentale entro breve tempo. Tale capacità, con ogni probabilità, sta per essere acquisita grazie alla rinnovata collaborazione con la Corea del Nord, che da sempre è stata “sponsor” del settore missilistico iraniano e che negli ultimi anni ha messo in campo alcuni Icbm (Intercontinental Ballistic Missile) in grado di raggiungere e il territorio degli Stati Uniti continentali.
Mosca pertanto, nonostante le sanzioni Usa, intende collaborare con Teheran e fa sapere, dopo la visita del ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif di giovedì, che non baserà in alcun modo la sua politica sulla considerazione delle richieste di sanzioni che ritiene aggressive e illegali, e che pertanto non hanno valore. L’auspicio, come affermato direttamente da Sergej Lavrov, è che anche altri paesi, che cooperano con l’Iran, prendano una posizione di principio lasciandosi guidare dai loro interessi nazionali invece che dalla necessità di obbedire al diktat che proviene “dall’altra parte dell’oceano”.
La fine dell’embargo sulle armi, che dura da ben tredici anni, sembra quindi aprire nuove prospettive di collaborazione militare tra Mosca e Teheran: proprio Zarif, durante il suo recente discorso alle Nazioni Unite, ha elogiato i membri del Consiglio di Sicurezza per aver respinto la richiesta dell’amministrazione Trump di estenderlo. Il Consiglio ha anche respinto l’offerta di Washington di reimporre le sanzioni dell’Onu contro l’Iran che erano state revocate in base all’accordo nucleare Jcpoa del 2015, ricusato unilateralmente dagli Stati Uniti nel 2018.
La decisione di Mosca peserà molto nei futuri rapporti con Washington: il Cremlino ha fatto sapere, infatti, che siccome gli Stati Uniti sono usciti dal Jcpoa in modo del tutto arbitrario, non hanno alcun diritto di reimporre sanzioni. Punto di vista che sembra anche essere condiviso dagli “alleati” di Washington nel Consiglio di Sicurezza, che sembrano faticare a seguire la linea della Casa Bianca e hanno bocciato la richiesta americana.
In pochi giorni si è delineata una nuova frattura tra Russia e Stati Uniti, che stanno colpendo direttamente gli interessi di Mosca grazie alle sanzioni del Caatsa sugli armamenti, come il caso degli S-400 alla Turchia ha ampiamente dimostrato. Il Cremlino già martedì, subito dopo la decisione americana di colpire l’Iran con un nuovo regime sanzionatorio, aveva fatto sapere che non ci sarebbero state conseguenze politiche o pratiche rispetto a questa decisione sulla collaborazione con Teheran, facendo presagire, quindi, le dichiarazioni di Lavrov e Ryabkov delle ultime ore.
In effetti i rapporti tra Russia e Iran, che sono stati sempre ondivaghi e caratterizzati dal non avere una strategia ben definita ma piuttosto dall’essere determinati dalla medesima avversione per gli Stati Uniti – avversione che quindi, storicamente, non è sempre stata costantemente presente da parte russa – stanno avendo un rilancio proprio grazie alle attuali contingenze che vedono Washington aver rimesso nel mirino Teheran e Mosca.
Non è infatti un caso che navi della marina iraniana abbiano partecipato a un’esercitazione di artiglieria nel Mar Caspio durante le complesse manovre congiunte Kavkaz-2020 (Caucaso 2020) quando originariamente era solo prevista la presenza di osservatori militari di Teheran. Kavkaz-2020 che ha visto partecipare anche la Cina oltre ad Armenia, Bielorussia, Myanmar e Pakistan e l’assenza dell’ultimo momento dell’India, per le ben note ragioni legate alle tensioni per il Kashmir.
Agli Stati Uniti non resta che mettere pressione sull’Europa per cercare di isolare l’Iran, dopo che l’Onu ha rispedito al mittente le richieste per il prolungamento dell’embargo sugli armamenti, con la consapevolezza, però, che potrebbero non trovare terreno fertile per le proprie istanze soprattutto dalla Germania e dalla Francia, che hanno dimostrato, nella storia recente del Jcpoa, di non adeguarsi pedissequamente alle decisioni della Casa Bianca, ma di cercare delle “scappatoie” per non esacerbare le tensioni e non spingere gli Ayatollah ulteriormente tra le braccia della Cina e della Russia.