Nella giornata del 2 aprile, l’Ecuador torna alle urne per il decisivo ballottaggio delle elezioni presidenziali che sceglieranno chi, tra Lenin Moreno e Guillermo Lasso, succederà a Rafael Correa alla guida del Paese. Il primo turno, tenutosi lo scorso 19 febbraio, ha visto Moreno, candidato della formazione di governo Aliancia PAIS e delfino designato del leader della Revolucion Ciudadana, andare molto vicino ad una vittoria immediata: l’ex vicepresidente, infatti, ha sfiorato la soglia del 40%, conquistando il 39,36% dei suffragi, pari a oltre 3,7 milioni di voti. Dal canto suo Lasso, con 2,6 milioni di voti e il suo 28,09%, ha notevolmente migliorato la performance fatta registrare nel voto del 2013, quando il candidato conservatore di Creando Oportunidades si fermò poco sopra il 22%, nettamente distanziato dal trionfante Correa. Il ridimensionamento dei consensi dei governativi, in un’elezione che ha visto per la seconda volta di fila un’affluenza elevatissima, con quattro ecuadoregni su cinque che si sono recati alle urne, ha offerto a Lasso l’opportunità di potersi giocare le sue carte nel ballottaggio finale. Al drenaggio di consensi subito da Aliancia PAIS hanno concorso l’ascesa della candidata del Partido Social Crstiano Cynthia Viteri e il rallentamento della crescita economica dell’Ecuador nel corso degli ultimi anni, dovuta principalmente al ridimensionamento dei prezzi del petrolio sui mercati internazionali. La dipendenza del Paese dalla sua piattaforma economica “estrattivista” ha fatto segnare alcune difficoltà a un processo riformista che, nel corso degli anni, è tuttavia proceduto in maniera impetuosa, portando a una crescita del PIL del 3,9% medio annuo nell’ultimo decennio e a una consistente riduzione della povertà.È opportuno ricordare come lo stesso Moreno, in partenza, fosse ben cosciente delle scarse possibilità di una vittoria al primo turno: il risultato conseguito dall’ex vicepresidente va valutato nel contesto generale della politica ecuadoregna che, in primo luogo, ha visto nel recente voto presentarsi, per la prima volta, due forze di opposizione determinate e favorite dal recente trend elettorale dell’America Latina, che dal Venezuela all’Argentina ha visto l’insorgenza di numerose difficoltà per i movimenti politici del “socialismo del XXI secolo”. Visto in quest’ottica, il 39,36% conquistato al primo turno rappresenta una piattaforma di partenza abbastanza solida in vista della più che probabile confluenza dei suffragi della Viteri su Lasso, che a sua volta punta a fermare l’esperimento del “socialismo del XXI secolo” ecuadoregno e propugna un diverso modello politico-economico. Lasso è decisamente critico delle politiche della Rivolucion Ciudadana e si dichiara favorevole a una riduzione delle elevate imposte doganali che colpiscono il commercio proveniente dall’estero, a una revisione della stringente relazione che lega Quito alla Repubblica Popolare Cinese, suo primo partner d’affari, e al Venezuela e alla negazione del diritto d’asilo a Julian Assange, attualmente ospitato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra.Il punto di forza della formazione di Moreno è rappresentata dalla sua solidità: essa è stata ampiamente testata in occasione dei due ulteriori appuntamenti elettorali che hanno caratterizzato la politica ecuadoregna lo scorso 19 febbraio. Alianza PAIS ha infatti conservato la sua maggioranza assoluta all’Asemblea Nacional, conquistando 73 seggi su 137 contro i 40 di Creando Oportunidades, e al tempo stesso ha ottenuto un importante successo nel referendum sull’imposizione del divieto di possedere conti e capitali in paradisi fiscali a tutti gli eletti e a tutti i funzionari pubblici, nel quale il “Sì” ha vinto con il 55,12% delle preferenze. Elezioni che, come segnalato dall’ultimo numero dell’Almanacco Latinoamericano, a detta del Presidente del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) Juan Pablo Pozo si sono svolte in maniera assolutamente chiara, pulita e trasparente.Alle urne, il 2 aprile, assieme al popolo ecuadoregno andrà un’intera concezione del futuro dell’America Latina; le forze politiche del “socialismo del XXI secolo” cercano un’affermazione elettorale e vedono in Moreno l’uomo del riscatto, il primo “delfino” potenzialmente in grado di portare avanti l’opera del predecessore. I loro avversari, invece, puntano a segnare un nuovo colpo a loro favore e ad aggravare la loro fase di crisi, che però al giorno d’oggi coincide con la fase interlocutoria in cui un continente intero si trova di fronte a numerose indecisioni circa il suo cammino futuro. L’Ecuador di Correa, tra i più attivi protagonisti dell’integrazione regionale dei Paesi dell’Alleanza Bolivariana per le Americhe (ALBA), giunge a sua volta di fronte a un bivio: a decidere il percorso del futuro governo di Quito sarà la volontà di un popolo che si appresta a partecipare al più cruciale voto della storia recente dell’Ecuador.

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