Quando il 26 maggio 2014 Narendra Modi, dopo la vittoria del suo Partito popolare indiano (Bjp) nelle elezioni generali tenutesi nel Paese, assunse la carica di Primo ministro, la politica domestica ed internazionale dell’India ha conosciuto un repentino cambio di marcia.
Con Modi, nelle stanze del potere entrava, assieme all’ex governatore del Gujarat, una concezione del mondo incentrata sull’esaltazione del nazionalismo religioso hindu, sul cosiddetto principio dell’Hindutva che vede proprio nella cultura sociale, religiosa e linguistica maggioritaria nel subcontinente il punto focale di una nuova “religione civile” che si punta a espandere, potenzialmente, in tutto il subcontinente. Assieme a questi principi fortemente nazionalisti, Modi ha imposto uno stile di governance privilegiante l’apertura economica del Paese agli scambi e ai mercati internazionali e la concentrazione dello sviluppo nelle aree più produttive del Paese al welfare sociale proprio dell’azione del Partito del Congresso.
Mentre la marcia verso le elezioni del 2019 è oramai pienamente avviata, il Primo ministro ha celebrato i quattro anni di mandato e si prepara ad affrontare la sfida per la riconferma. Modi appare largamente favorito, ma recenti notizie provenienti dal Sud-Est del Paese hanno incrinato le sue certezze.
Lo “schiaffo di Bangalore” che preoccupa Modi
Lo scorso 12 maggio nello stato dell’India sud-occidentale del Karnataka si sono svolte le elezioni legislative per il rinnovo dell’assemblea locale e l’elezione del governatore; il Bjp si è affermato come primo partito con 104 seggi su 222 ma non ha potuto formare un governo autonomo in quanto superato, in tal senso, dalla coalizione tra il Congresso (78 seggi) e i socialdemocratici del Janata Dal (38), di cui è espressione il nuovo governatore H.D. Kumaraswamy.
Nello Stato da 65 milioni di abitanti con capitale Bangalore è andata in scena la prima, seria sconfitta politica di Modi. Come ha dichiarato all’agenzia Fides il gesuita indiano Cedric Prakash, “Tutta la nazione segue questo dramma politico del Karnataka. Il governo appoggiato da due forze politiche deve lavorare in cooperazione e restare unito, nonostante le differenze; in secondo luogo dovrebbe allontanarsi dalla logica di corruzione, comunitarismo, e difesa della casta, basandosi sulla competenza e trasparenza”. Secondo Prakash, da quattro anni ad oggi il governo del Bjp sta “distruggendo l’idea e lo spirito dell’India” attraverso l’esaltazione di un nazionalismo a suo parere esasperato, le cui conseguenze spiacevoli si possono osservare nel preoccupante aumento delle violenze contro i cristiani.
Modi rimane ancora il punto di riferimento della politica indiana
La rivista Open ha collegato il voto nel Karnataka con il futuro politico dell’India con due editoriali dalle conclusioni diverse ma, fondamentalmente, complementari: se nel primo si sottolinea come la prima frenata di Modi segnali un cambio culturale nel Paese e una prima sfida a un leader che ha trasformato “la spiritualità politica gandhiana in un nazionalismo assertivo e aggressivo”, nel secondo si ricorda come fondamentalmente il Primo ministro sia ancora privo di reali sfidanti a livello nazionale.
P. R. Ramesh ha sottolineato come questo sia dovuta alla capacità di leadership di Modi, a suo parere senza eguali dai tempi di Nehru e della figlia Indira Gandhi, che si formalizzano principalmente nell’abilità di comunicare “ai cittadini più poveri l’immagine di un uomo con la missione di cambiare e modernizzare l’India”, fonte di un radicamento trasversale geograficamente ma socialmente parziale a cui si contrappone una politica roboante negli annunci, da ultimo quello controverso sulla completa elettrificazione dei comuni del Paese, ma discutibile negli esiti, come dimostrato dalla controproducente manovra di taglio della circolazione monetaria.
Modi rimane, allo stato attuale delle cose, il front runner per le future elezioni: il sistema maggioritario favorisce la simbiosi tra gli hindu conservatori e il Bjp, ma la recente sfida partita dal Karnataka testimonia la presenza di rivali per lui pericolosi. Nel voto del 2019 si sfideranno due diverse idee dell’India: testimonianza dell’estrema instabilità di un Paese sempre più assertivo sulla scena mondiale ma ancora intento a elaborare la sua precisa identità.