Dopo la crisi diplomatica causata dall’asilo momentaneo concesso all’ex presidente della Bolivia Evo Morales le scorse settimane, la tensione tra Messico e Bolivia è aumentata ulteriormente nelle ultime ore. Le forze armate Boliviane stanno presidiando l’ambasciata messicana nella capitale sudamericana in modo importante, anche con l’ausilio di droni. Un duro atto di sfida da parte di La Paz, che ha provocato le proteste da parte del Messico che ha ritenuto eccessiva la misura presa nei suoi confronti. Per il momento non sembra che la questione si possa mobilitare, con i Paesi fermi sulle proprie posizioni e gli ambasciatori messicani spiazzati dalla decisione della Bolivia, nonostante la richiesta di contatti da parte del ministero degli esteri messicano.

Le pressioni americane

Dopo le dimissioni da parte di Morales lo scorso novembre a cui è seguita la promessa di non abbandonare l’idea di tornare un giorno alla guida del Paese, l’ex premier boliviano è fuggito in Messico, trovando l’ospitalità del governo di Andres Manuel Lopez Obrador. Nonostante durante i primi giorni di permanenza sia stato concesso l’asilo politico, la riapertura dei trattati commerciali con gli Stati Uniti hanno messo il presidente messicano in una difficile posizione: garantire la propria lealtà a Morales o ascoltare le richieste di Donald Trump di estradizione dell’alleato. Benché una decisione non fosse ancora stata presa, tanto è bastato per convincere Morales a fuggire.

Non è chiaro se il presidente messicano Lopez Obrador avesse avuto intenzione di ascoltare la controparte americana oppure se avesse continuato a garantire l’asilo all’alleato di sinistra sudamericano. L’apertura dei nuovi accordi commerciali con Usa e Canada sono però molto importanti nel Paese, che nel 2019 ha affrontato una durissima recessione ed una perdita di posti occupazionali a causa dei dazi imposti da Trump. Rischiare di compromettere il risultato commerciale di Città del Messico per un dubbio impegno sociale avrebbe facilmente sollevato la popolazione locale, mettendo a rischio la vita del suo esecutivo. In questa situazione, Morales ha preferito sparire nuovamente, alla volta di un Paese dove Washington non potesse interferire con l’operato politico: Cuba.

L’asilo a Morales è stato interpretato come una sfida

La mancata presa di posizione ha però messo sull’attenti la Bolivia di Jeanine Añez, convinta che le ambasciate messicane possano ancora essere utilizzate per garantire gli spostamenti dell’ex presidente, attualmente sotto inchiesta nello Stato messicano. La decisione di circondare l’ambasciata messicana è stata necessaria, secondo la posizione boliviana, per garantire la sicurezza del Paese. Data la folta parte di popolazione che ancora lo supporta, un ritorno di Morales sul territorio nazionale potrebbe acuire le rivolte di protesta già in atto, portando il Paese in una deriva di governabilità. Allo stato attuale, tutt’altro che necessaria a garantire la salvaguardia dell’apparato democratico, con Anez come semplice traghettatrice alle nuove consultazioni popolari.

Inoltre, secondo indiscrezioni l’ambasciata del Messico ospiterebbe altri 9 cittadini boliviani vicini all’ex presidente e che avrebbero trovato rifugio all’interno dell’istituzione messicana nel Paese. Quest’altro fattore, assieme alle tensioni create dall’aver dato asilo a Morales, ha convinto il governo di Anez a intensificare i controlli nei pressi della struttura, per evitare una nuova escalation di tensioni nella Bolivia.