I primi giorni del cruciale Diciannovesimo Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese hanno riservato importantissime novità che permettono di capire, sin dalle prime battute, la portata storica di un appuntamento politico che è destinato a essere ricordato come una pietra miliare della lunga marcia della Repubblica Popolare verso lo status di potenza mondiale: il discorso fiume di 3 ore e 23 minuti con cui il Presidente Xi Jinping ha introdotto il meeting quinquennale del Partito ha rappresentato, in tal senso, un vero e proprio manifesto della nuova postura del governo di Pechino verso le sfide, interne ed esterne, che attendono il Paese.
Xi, che nelle prime battute del Congresso ha visto la sua dottrina inserita ufficialmente nel canone del Partito a fianco del pensiero di Mao Tse-Tung e Deng Xiaoping, ha annunciato nel corso del suo torrenziale discorso il manifesto strategico di una Cina oramai pienamente cosciente del suo potenziale geopolitico ed economico: in tal senso, Xi ha espanso in maniera esponenziale le istanze promosse nel corso del meeting di Davos di gennaio, nel corso del quale aveva promosso i capisaldi economici della Repubblica Popolare.
Xi ha esordito rivendicando con forza il diritto della Cina a assumere le sue responsabilità e ricercare il soddisfacimento dei propri interessi sulla sfera planetaria, affermando che “nessun Paese può ritirarsi nella propria isola privata”: la crescente proiezione geostrategica cinese nel pianeta, in ogni caso, verrà curata da Pechino escludendo esplicitamente l’espansionismo militare. Jeff Pao di Asia Times ha analizzato con precisione i dettagliati riferimenti di Xi agli assetti securitari e alle dinamiche militari, sottolineando come la volontà della Cina di rafforzare il proprio posizionamento nel mondo vada di pari passo con la necessaria modernizzazione delle Forze Armate e la loro trasformazione in forza resiliente capace di difendere e tutelare la Repubblica Popolare da qualunque minaccia, ma al tempo stesso sottoposto a quello che il Presidente ha definito “il potere assoluto del Partito”. Il decisivo rafforzamento del potere dello stesso Xi Jinping, leader della Commissione Militare Centrale, sull’Armata di Liberazione Popolare si inserisce nel quadro della nuova dottrina di Pechino: il possesso di una forza militare in grado di raggiungere, come segnalato da Charlotte Gao del The Diplomat, “la completa meccanizzazione e un grande balzo in avanti tecnologico entro il 2020 […] e un sistema modernizzato di difesa nazionale entro il 2035” risulta precondizione necessaria per l’effettiva capacità di tutela di una gamma di interessi che, con il progredire del grande progetto della Belt and Road Initiative, si ramificherà parallelamente all’espansione della “Nuova Via della Seta”.
La Cina è pronta a giocare le sue carte per poter far sentire la sua voce quale futura portavoce della leadership planetaria: una leadership indiretta, dato che nell’elaborazione strategica cinese mancano la retorica dell’eccezionalismo e la sindrome del “Numero Uno” che tradizionalmente influenzano gli Stati Uniti e sono presenti, al tempo stesso, elementi di soft power e sinocentrismo. L’ascesa della Cina, infatti, dovrà necessariamente accompagnarsi, per risultare fruttifera, alla realizzazione di quello che Xi ha definito il Chinese dream, “un sogno riguardante la Storia, il presente e il futuro”. Traspare, dalle parole di Xi Jinping, la mole della sfida: bilanciare le necessarie conseguenze del crescente interventismo nelle dinamiche planetarie con le cogenti sfide interne legate, principalmente, a potenziali problematiche economiche capaci di destabilizzare il percorso della Repubblica Popolare. La grande disuguaglianza tra l’entroterra e le regioni rivierasche, la volontà di bilanciare la crescita economica a favore del consumo interno, il tema delle cicliche bolle finanziarie e grandi sfide come l’inquinamento delle metropoli e l’approvvigionamento energetico rappresentano altrettante incognite a cui Pechino dovrà prestare attenzione al fine di poter premunirsi da eventuali, gravi incidenti di percorso.
In ogni caso, come riportato da Benjamin Haas del Guardian, la volontà cinese è improntata sulla continuità con la precedente strategia basata sull’elaborazione di un’autonoma via allo sviluppo: Xi Jinping, ribadendo espressamente la volontà di evitare la penetrazione di influenze politiche provenienti dai sistemi di altri Paesi nella struttura monopartitica nazionale, ha messo il modello cinese espressamente in parallelo e in velata competizione con il traballante ordine delle democrazie liberali occidentali. Il messaggio del Presidente è stato chiaro, netto e preciso: la Cina potrà, e dovrà, giocare un ruolo di primissimo piano nelle dinamiche planetarie dei prossimi anni e al tempo stesso risulta un Paese dotato di un sistema politico, di una visione economica e di una proiezione economica sufficientemente maturi per poter far fronte alle pressioni connesse al conseguimento del ruolo di superpotenza globale.