Angela Merkel ha un chiodo fisso e si chiama Italia. Non c’è niente da fare: volenti o nolenti è a Roma che Berlino guarda ogni giorno per decidere e definire il destino dell’Europa. Purtroppo però non come referente né come interlocutore privilegiato. Quello è la Francia ed è un ruolo che non verrà certo scalfito dalle pur non così infrequenti frizioni tra i due Stati. L’Italia invece è più che altro il partner necessario ma dispettoso che in un modo o nell’altro va rimesso in riga. Frau Merkel ha provato a farle con le buone assecondando anche Giuseppe Conte in un momento di estrema difficoltà interna facendo capire che Berlino avrebbe sostenuto il premier prima gialloverde e ora giallorosso. Ma adesso sembra decisa ad alzare il ritiro: sa che in Italia le cose non vanno per il verso giusto e quindi inizia a correre ai ripari iniziando a far comprendere a Palazzo Chigi che deve iniziare a dare risposte certe, chiare e soprattutto in linea con quanto richiesto dalla Commissione europea.

Questo si traduce in due cose: da una parte l’accettazione e utilizzo del Mes – lo ha detto chiaramente la Cancelliera a La Stampa quando ha ribadito come gli strumenti creati dall’Ue sono fatti per essere usati – ma lo ha fatto intendere anche tra le righe in queste settimane di trattative tra Paesi “frugali” e quelli mediterranei, per definizione tacciati di essere le “cicale” del continente. L’idea è che in Germania inizino a essere stanchi delle attese e che dall’Italia si aspettino garanzie molto chiare sulle riforme e sull’uso del Recovery. Per Berlino è una condizione necessaria per convincere Olanda, Austria e altri rigoristi a dire definitivamente di sì al piano europeo. Ma è chiaro a tutti che non è certo Mark Rutte a decidere da solo le sorti dell’Europa, né può esserlo Sebastian Kurz. I due primi ministri sono pedine di un gioco più grande di loro e tutti ruotano intorno alla vera e forse unica superpotenza europea: la Germania., Potenza che sfrutta abilmente lo scontro tra Sud e Nord Europa per muovere le fila e mantenere il controllo dell’Unione europea, ma che conosce anche i limiti di questa strategia, col rischio che prima o poi da qualche parte la corda si spezzi. E la Brexit, in questo senso, è stato un avvertimento più che chiaro.

L’assedio a Conte e all’Italia sembra comunque iniziato ed è chiaro che il passaggio tra giugno e luglio potrà essere un periodo cruciale anche per le scelte dell’esecutivo in ambito economico ed europeo. La Merkel ha parlato molto chiaro a La Stampa, ha utilizzato le altre forze in campo (come dimostrato dalle parole di Stef Blok a Roma) per indicare la via al governo italiano. E adesso che si incontrerà con Emmanuel Macron a Meseberg per suggellare il patto di ferro tra Francia e Germania. L’incontro avverrà lunedì e l’impressione è che sia la Merkel che Macron vogliano chiudere la partita con tutta l’Europa, specialmente con i più recalcitranti. Berlino si farà promotrice delle garanzie per i Paesi del Nord Europa. Parigi farà di tutto per ottenere il via libera su un allentamento delle rigidità economiche – interesse primario di Macron – sfruttando le necessità dei mediterranei.

Ma nelle segrete stanze della residenza del Brandeburgo il patto sarà cementato soprattutto con uno sguardo all’Italia, unica vera preoccupazione per l’Eurozona. E quindi per Berlino. Tanto è vero che, come riporta Dagospia, pare che nella sua visita ufficiale a Roma il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas abbia incontrato personalità di altissimo livello della politica italiana per manifestare tutta la contrarietà del governo tedesco all’ipotesi di elezioni anticipate: il rischio di avere Matteo Salvini e Giorgia Meloni, questo trapela dalle fonti di Dagospia, è troppo elevato per permettere al popolo italiano un ritorno alle urne a stretto giro di posta. Sono ovviamente voci che non trovano per ora né conferme né smentite, ma le indiscrezioni hanno sempre un senso. E questo senso potrebbe essere che la Germania ha effettivamente messo nel mirino l’Italia e Conte. E da un premier che discuteva con la cancelliera tedesca dei rischi di un eccesso di consenso per il vecchio alleato di governo, è possibile che arrivi un nuovo semaforo verde. Berlino, Parigi e Bruxelles non aspettano altro che un “sì”.