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Giuseppe Conte arriva all’Eurosummit a Bruxelles con ben poche certezze: sia dal punto di vista interno che internazionale. Il Movimento Cinque Stelle è in piena fase di ribellione per la riforma del Mes, e i partiti d’opposizione sono sul piede di guerra, con Lega e Fratelli d’Italia che agitano lo spettro del “tradimento” e che cavalcano l’ondata di protesta verso una riforma di cui solo ora si iniziano a conoscere tutti gli ingranaggi.

Il premier è sulla graticola. Sa perfettamente che la situazione politica è incandescente e sa anche che sul Mes e sulla sua riforma si gioca tantissimo. Il Movimento che l’ha prescelto come premier è in continua emorragia di consensi e di rappresentanti in parlamento, le opposizioni sono in crescita e marciano compatte. E Conte adesso ha solo un vero alleato sulla riforma del Mes: il Partito democratico, che, come sempre, conferma la sua linea pienamente europeista. Una condizione di difficoltà estrema in cui è chiaro che Conte si veda scivolare il trono di Palazzo Chigi proprio a causa di quelle trattative con l’Europa accusate di essere state realizzate nel pieno silenzio e senza rispettare il mandato di Carroccio e M5s.

Adesso, forse più per timore di perdere il posto che per chiara strategia politica ed economica, Conte arriva all’Eurosummit battendo i pugni. O almeno, provando a farlo. Dopo aver approvato in estate una riforma del Meccanismo europeo di stabilità su cui il Consiglio europeo e l’Eurogruppo si sono già espressi in termini definitivi (“la riforma non si tocca”), il premier prova a ricompattare il fronte giallorosso con una strana trattativa sulle conclusioni del vertice europeo. Una trattativa che ha il vago sapore di una supercazzola degna del conte Raffaello Mascetti perché, come riporta AdnKronos, fonti di Palazzo Chigi riferiscono che il presidente del Consiglio abbia chiesto “una modifica del punto 2 delle conclusioni in modo da dare atto che c’è ancora da lavorare per la revisione del Mes”. La richiesta italiana, in buona sostanza, sarebbe quella di chiedere “all’Eurogruppo di continuare a lavorare al pacchetto di riforme del’Esm”, invece di “chiedere all’Eurogruppo di finalizzare il lavoro tecnico riguardante il pacchetto di riforme”. Una frase che sembra voler dire tutto o niente, ma che dimostra perfettamente la strana politica di Conte per quanto riguarda il nuovo fondo salva-Stati, sempre più misteriosa e soprattutto sempre più incoerente. Non si comprende bene, infatti, quale sia la reale volontà di un premier che viene continuamente smentito nelle sue dichiarazioni sia da parte dell’Europa che da parte dei suoi nuovi e vecchi ministri. E da parte europea è arrivata una netta chiusura a qualsiasi possibilità di proroga o di modifica di carattere sostanziale.

Possibilità che sono negate anche oggi dal presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno, il quale a margine del summit di Bruxelles ribadisce quanto espresso da tempo in sede Ue. Secondo il presidente Centeno, sulla riforma del Mes “sono in sospeso questioni giuridiche minori”. e conta di chiudere tutto all’inizio del 2020. E di fronte alle perplessità dei Paesi del Sud Europa, terrorizzati dall’idea che questo Meccanismo possa consistere in un cappio che prevede una ristrutturazione forzata dei debiti in base a quanto richiesto dalla nuova “super Troika” su modello della Grecia, Centeno ribadisce che la riforma è fatta in modo da “rendere tutti i nostri debiti più sicuri e rafforzare il ruolo dell’Esm come una barriera contro il contagio nelle crisi, che alcuni anni fa non eravamo pronti ad affrontare”. Parole che ricordano molto quelle dette da Conte in parlamento per difendere il suo semaforo verde alla riforma, ma che non valgono a diradare la nebbia su una riforma che, nei fatti, è una nuova cessione di sovranità a un meccanismo sovranazionale allo scopo di cedere prerogative in ambito di politica economica e finanziaria.

Conte ci prova: chiede all’Europa una riforma che sa di poter ottenere perché di fatto è senza effetti. Come scritto oggi su il Giornale, “l’impressione diffusa è che l’Italia in questa fase possa al massimo prendere tempo in attesa che possa aprirsi uno spiraglio”. Ma questo spiraglio sembra estremamente difficile che si apra. Del resto chi conta in Europa non è certo Roma che, in pochi mesi, è riuscita a perdere ogni tipo di credibilità o leva contrattuale. La Germania punta alla riforma come è stata impostata dall’Europa a trazione franco-tedesca. La Francia ha alcune perplessità, ma Emmanuel Macron non farà certo un favore all’Italia. I Paesi del Sud Europa sono deboli, mentre a Nord sono tutti d’accordo con la necessità della rigidità sul bilancio. Conte ha strappato un cavillo: una modifica della dichiarazione che di fatto non cambia nulla né nella tabella di marcia né nella sostanza. Centeno ha parlato chiaro: non c’è possibile di modifica sostanziale. È solo una boccata d’ossigeno per un premier che ha bisogno di prolungare la sua permanenza a Palazzo Chigi.