Quando non era certo della sua posizione interna, Giuseppe Conte ha spesso fatto affidamento sulla credibilità internazionale e sui suoi alleati. Una mossa non certo unica nel panorama mondiale, tutti i leader usano la politica estera come un viatico per le crisi all’interno del proprio Paese o per dimostrare ai propri sostenitori (base e vertici) di aver fatto bene a dargli fiducia. Perché nessuno, di norma, attacca troppo un presidente del Consiglio o un presidente della Repubblica apprezzato all’estero. Specie se l’apprezzamento arriva da chi detta, in un modo o nell’altro, l’agenda dell’Italia: ovvero Germania, Stati Uniti e in parte Francia.
Fino ad ora, Conte ha potuto contare più o meno sempre sull’appoggio di questi tre elementi. Donald Trump lo aveva “benedetto” dalla loro prima conoscenza, con quel famoso tweet su “Giuseppi” che aveva poi certificato la convergenza di interessi e di simpatia fra i due leader. Angela Merkel, sin dai tempi del primo governo (quello giallo-vedere) aveva individuato in lui lì’uomo con cui tutelarsi di fronte all’ascesa spasmodica della Lega e del fronte euroscettico. E lo ha confermato e sostenuto nella svolta giallorossa, soprattutto perché l’abbandono della lega ha di fatto spostato l’asse italiano verso una più placida conferma delle volontà europee. E infine Emmanuel Macron, un tempo nemico del governo giallo-verde con cui sia i Cinque Stelle che la lega avevano ingaggiato una battaglia durissima, si è ritrovato di punto in bianco ad avere un Conte a guida di un esecutivo in cui l’altra parte, ovvero il Pd, è in larga parte considerata la quinta colonna degli interessi francesi in Italia.
Tutto andava per il meglio per Conte, finché qualcosa si è incrinato. Specialmente con i primi due: Angela e Donald. Suoi vecchi amici con cui però inizia ormai ad avere più di una frizione. Trump, ma in generale l’amministrazione americana, sembrano essere sempre più delusi dalla posizione italiana nello scacchiere internazionale, in particolare sul fronte della nuova Guerra freddo sino-americana. Avevano chiesto a Palazzo Chigi garanzie molto serie sulla penetrazione cinese nel sistema infrastrutturale e economico italiano e invece si sono ritrovati un’Italia profondamente orientata verso le logiche di Pechino, titubante sulle richieste Nato per il 5G e gli investimenti asiatici nelle infrastrutture strategiche italiane e fin troppo compiacente verso un Paese che ora per Trump è soltanto un nemico. Anche solo per pura propaganda. Una delusione che, come riportato da Affari italiani, sembra essere arrivata anche alle orecchie dei “quadri” del governo giallo-rosso, perché pare che più di qualcuno in America e nelle sedi diplomatiche in Italia stia sondando il terreno per un eventuale cambio di vertice al governo. Del resto non è un caso che in molti, specialmente Lorenzo Guerini e il presidente Sergio Mattarella, stiano continuamente inviando segnali a Washington su una forte sinergia tra i due Paesi. I vertici della Difesa sanno che quello che pensano in America dell’Italia conta e anche parecchio per il futuro dell’esecutivo e per i piani da seguire anche in Europa e nel Mediterraneo. E inimicarsi Washington non è esattamente una mossa astuta se si vuole averla alleata in Libia e nel fronte mediterraneo.
Il problema è che Conte e il suo governo hanno commesso un duplice errore. Perché se è vero che i rapporti con gli Stati Uniti non sono più gli stessi di prima, questo non è stato paradossalmente legato a un rafforzamento reale dell’asse con la Germania. Molti ritenevano che Conte abbandonasse la Casa Bianca per concedersi al suo avversario europeo per eccellenza, Berlino. Invece il governo giallo-rosso sembra che non piaccia più nemmeno a quella Merkel che ha fatto metaforicamente i salti di gioia per un governo Pd-5S che abbandonasse le derive euroscettiche. La Cancelliera, ora guida politica formale (oltre che sostanziale) dell’Unione europea, ha da tempo chiesto a Conte delle certezze. Anche lei, proprio come il suo nemico Trump. Eppure da Palazzo Chigi arrivano solo delle dilazioni, proposte non concrete e mancati accordi. Anche il fatto che il Mes non sia stato accettato dall’Italia è un tema che brucia a Berlino, considerato che per la Merkel è quella la chiave che metterebbe a tacere i cosiddetti “frugali” e potrebbe dare il semaforo verde definitivo all’accordo sul Recovery. E questa irritazione tedesca è ormai talmente chiara che l’impressione è che la Germania non decida di staccare la spina a Conte solo per paura: elezioni con un possibile boom dei sovranisti complicherebbero non poco i piani dell’Ue a trazione franco-tedesca.
Conte ora rischia di essere sempre più solo. Trump, concentrato sulle elezioni, sulla sfida alla Cina e sull’epidemia dilagante nel suo Paese, non sembra intenzionato a dare troppo credito all’Italia, mentre i funzionari Usa ritengono che sia essenziale che l’Italia torni pienamente nell’orbita di Washington per evitare di trovarsi altri problemi nel cuore del Mediterraneo e della Nato. La Francia, con cui Conte sperava di ottenere sconti sui piani europei, alla fine (come sempre) torna all’ovile tedesco una volta ricevute garanzie strategiche dalla Germania dell’amica Merkel. Mentre la cancelliera sopporta tutto questo solo per evitare che il collasso italiano incrini tutto quello che lei ha fato in questo periodo. Nel frattempo, però, l’Italia non ha più nessuno su cui fare affidamento.