Presentando il budget federale tedesco, che alloca risorse per 356 miliardi di euro per il 2019, Angela Merkel ha deviato, sotto alcuni punti di vista, dalla linea del più deciso rigore che ha caratterizzato la sua leadership negli ultimi anni aprendo ad alcune concessioni a categorie vulnerabili. Un disegno di legge approvato l’8 novembre scorso al Bundestag, in particolare, contiene le linee guida per un progetto di riforma delle pensioni, i cui costi sono stimati in 31 miliardi di euro da qui al 2025.

Con la riforma delle pensioni la Merkel prova a rispondere a Afd

La Merkel, ricorda il Washington Postha presentato un paniere notevolmente arricchito che comprende il rafforzamento del welfare sotto il profilo dei servizi all’infanzia, l’aumento degli investimenti in energia rinnovabile e, appunto, un allentamento delle restrizioni del sistema pensionistico.

Forse fuori tempo massimo, la Cancelliera si rende conto dei limiti delle sue politiche che hanno progressivamente scollato il tessuto connettivo tra la sua coalizione di governo e il Paese reale. E favorito un malessere in cui è maturata l’ascesa della destra ultranazionalista di Afd. Partito che, prima ancora che “sovranista”, è un fedele interprete dell’ortodossia neoliberista e, non a caso, ha criticato per voce della leader Alice Weidel la riforma, accusando la Merkel di spendere “senza pensare al domani”.

I contenuti della riforma delle pensioni

Ma cosa cambierà per le pensioni dei tedeschi? Molti saranno, secondo La Veritài vantaggi. “Tra questi, la garanzia che il tasso di sostituzione (il rapporto tra la pensione e l’ ultimo reddito percepito) non scenda sotto il 48% da qui al 2025, l’introduzione di una soglia massima (20%) per la contribuzione, nonché trattamenti più generosi per le pensioni erogate alle madri che si occupano dei figli. Solo quest’ultima misura interessa dieci milioni di cittadini, che vedranno aumentare l’ assegno mensile di circa 15 euro al mese per ciascun figlio, per una spesa complessiva di 3,8 miliardi di euro”.

Ciò comporterebbe una spesa aggiuntiva per i contribuenti pari a 19 miliardi di euro entro il 2025; secondo esponenti del partito liberale Fdp la spesa complessiva potrebbe salire fino a 50 miliardi di euro, e la Germania vedrebbe la sostenibilità dei suoi conti pubblici messa a repentaglio.

Tuttavia, non c’è dubbio che la mossa del governo Merkel risponda a un bisogno sociale considerato impellente in Germania: l’aumento sensibile dei tassi di povertà tra le persone che escono dal mercato del lavoro a causa della stagnazione delle pensioni negli ultimi anni e il basso livello medio di tasso di sostituzione, pari al 51% su scala nazionale (in Italia è l’83%). Uno studio del giugno 2017 targato Deutsche Welle segnalava proprio questa problematica, ricordando come il tasso di povertà tra i pensionati, pari al 16% nel 2015, fosse destinato a salire al 20% nel 2036 (28% tra le donne), un aumento da raffrontare con un deciso incremento quantitativo legato all’invecchiamento demografico del Paese.

Ma l’Ue concentra il fuoco sulle pensioni italiane

Vi è un’ulteriore considerazione da fare. La Merkel può avventurarsi in quella che è da ritenersi una riforma delle pensioni doverosa, per quanto finanziariamente considerevole, in virtù della posizione di rendita che caratterizza la Germania in Europa. Nella manovra italiana bocciata dalla Commissione, invece, uno degli appunti più importanti segnalati al governo di Roma è proprio sul nodo pensioni.

Certo, la manovra italiana ha diversi punti deboli riguardo al mancato aumento degli investimenti. Ma la percezione del Paese è favorevole al superamento della legge Fornero, del resto portata avanti in un contesto di governo tecnico che si può considerare oramai superato. L’Italia è messa all’angolo, sulla Germania si tace. Ma tanto il superamento della legge Fornero quanto la riforma delle pensioni della Merkel superano un paradigma che ha portato milioni di pensionati europei a soffrire povertà e indigenza. E sul tema si sviluppa un nuovo cortocircuito comunitario.

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