Quella tra Angela Merkel Vladimir Putin è stata una relazione complessa, profonda e strategica. Non potremmo definirla un’amicizia, perchè eccetto rari casi i rapporti interpersonali tra i leader difficilmente possono cambiare radicalmente il corso delle relazioni internazionali, ma è certo che nei sedici anni di convivenza i due leader più longevi dell’Europa moderna abbiano sviluppato un rapporto in grado di andare oltre la mera convivenza politica. Merkel e Putin si sono cercati, si sono in alcuni casi sfidati, hanno trovato infine un modus vivendi e, in nome del mutuo interesse, hanno consolidato contatti, affari, scambi di idee in un’interlocuzione istituzionale continua. Dando nuova linfa alla relazione speciale tra Germania e Russia, nel corso della storia profonda, a tratti tragica ma indispensabile per entrambi i Paesi, plasmando il contesto geopolitico dell’Europa orientale e condizionando i rapporti tra Unione Europea e Russia.

Una relazione di mutuo interesse

Più europea che occidentale, ma al tempo stesso autenticamente tedesca, la Merkel ha posto i rapporti con la Russia al sicuro dalle conseguenze più problematiche della contrapposizione geopolitica, militare, strategica tra il blocco a guida statunitense e Mosca. E con il suo filo diretto con Putin ha provato a plasmare a sua immagine il rapporto tra Bruxelles e la Russia in nome degli obiettivi dell’interesse nazionale di Berlino, depotenziando la frangia più radicalmente ostile a Mosca dei Paesi del blocco euroatlantico, guidata dalla Polonia e dai Paesi baltici.

Indubbiamente parliamo di un fattore di moderazione e equilibrio che lascerà un vuoto nel quadro dei rapporti euro-russi in futuro fino a che non si riuscirà a consolidare a livello continentale un’agenda rivolta alla Russia paragonabile a quella imbastita dalla Merkel e, soprattutto, a trovare una capacità eguale di sintesi tra i vari pesi e contrappesi che riguardano l’approccio veterocontinentale a  Mosca.

Del resto, dopo i rapporti molto franchi tra Helmuth Kohl e Boris Eltsin e l’inizio della sinergia economica ed energetica tra Gerhard Schroeder e Putin, non era scontato che dopo il 2005 la Cancelliera consolidasse, partendo da una visione ben più aperta all’atlantismo e al liberalismo dell’era globalizzata, un rapporto tanto franco con la Russia.

Merkel e Putin, “figli” della Ddr

La Merkel porta del resto con sé un’altra storia rispetto ai suoi predecessori, quella della Germania orientale socialista in cui affonda le radici la sua traiettoria politica. Lungi dal focalizzarsi sull’oppressione comunista del passato, è possibile che la Merkel abbia trovato in questa sua origine un fattore di contatto con Putin, che nell’ex Ddr ha costruito buona parte della sua carriera da spia del Kgb.

Il pragmatismo tedesco ha fatto il resto contribuendo a consolidare l’asse di “GeRussia”, per usare il nome dell’omonimo libro dell’analista Salvatore Santangelo, un sodalizio nato dall’attestazione della complementarietà sistemica tra Berlino e Mosca in diversi campi economici e strategici che ha il suo massimo baluardo nel presidente della Repubblica federale Steinmeier, già Ministro degli Esteri della Grande coalizione. Un sodalizio che ha il suo punto di riferimento chiaro nel gasdotto Nord Stream 2 e che per volontà delle parti ha retto dopo il 2014 in seguito all’imposizione delle sanzioni alla Russia dopo i fatti di Maidan e della Crimea.

Le prospettive di “GeRussia”

“Gerussia” è quel filo elastico che lega la Russia all’Europa e quindi all’Occidente. Rappresenta l’assicurazione per la Germania di un’espansione della sua grande potenzialità economica in senso strategico e geopolitico, ma anche un pragmatico punto di partenza per evitare che una Russia scacciata a Oriente cada nelle braccia della Cina, ritenuta partner indispensabile sul fronte commerciale e rivale strategico in ambito industriale e tecnologico. Per Mosca, invece, ha detto Santangelo, GeRussia “significa l’apertura di una porta verso l’Occidente, verso la modernizzazione. Siamo”, ha aggiunto, “di fronte al rapporto profondo, intimo e contrastato di un Paese che, come dice anche Putin, ha una “lunga storia” di relazione con l’Europa, mentre, a detta del Presidente russo,“tra Europa e Stati Uniti c’è un grande oceano”.

L’ex presidente Usa Donald Trump, nel 2018, è arrivato a parlare di una Germania “prigioniera della Russia” al summit Nato per la sua ostilità a chiudere la porta ai progetti di collaborazione con Mosca in ambito energetico e ha, anche per questo motivo, promosso la sua sotterranea guerra economica a Berlino. Ma la situazione è ben più complessa.

La Merkel ha potuto promuovere la massima libertà d’azione, godere di una vera e propria autonomia dalle sanzioni che ha più volte confermato per i fatti ucraini, giocato sul filo dell’ipocrisia in nome dell’interesse nazionale tedesco. La Russia è stata un suo obiettivo, e la Germania un punto di riferimento per Putin. Nonostante le sanzioni, le critiche tedesche sui diritti umani, le accuse della Germania a Mosca per presunte infiltrazioni spionistiche, diversi momenti di tensione il canale tra Berlino e Mosca non è mai gelato. “Merkel è stata l’unica a mantenere sempre un filo diretto con lo zar”, sottolinea Formiche. Entrambi diventati adulti nella Ddr, parlano benissimo le rispettive lingue, hanno imparato a leggersi nel profondo in “una frequentazione di alti e bassi, giunta all’ultima fermata con la visita di Merkel a Mosca lo scorso 20 agosto, fra un bicchiere di vodka e un salmone affumicato offerti al Cremlino” come saluto e come evento terminale di un rapporto politico lungo più di tre lustri.

Il dopo Merkel

Che succederà ora? In Germania ci si prepara alle elezioni e bisognerà vedere se nel governo nascituro peseranno con più forza le componenti tradizionalmente più occidentaliste ed atlantiste della politica, facenti capo ai liberali Fdp, e le nuove frange liberal legate ai Verdi, che rappresentano il punto di riferimento dei progressisti di oltre Oceano. Un’ascesa di Fdp e Verdi come membri di un governo guidati dalla Cdu post-merkeliana o dalla Spd complicherebbe le prospettive di espansione della relazione speciale costruita nei governi della larga coalizione Cdu-Spd. Mentre su scala europea l’Unione avrà bisogno di un leader capace di farsi portavoce di fronte a Putin delle istanze del Vecchio Continente e capace di agire con scaltrezza sul fronte politico, diplomatico, economico, energetico.

Possibile che anche su questo fronte l’erede di Angela Merkel possa essere italiano e rispondere al nome di Mario Draghi? L’Italia è, dopo la Germania, la nazione europea con cui la Russia ha il rapporto più intenso, sentimentale, approfondito. Trarre dei dividendi strategici e rafforzare un dialogo franco con Mosca nella fase di vuoto di leadership in Germania non sarebbe per Roma un obiettivo utopistico Specie se su molti temi (dalle forniture energetiche alla Libia, dall’Afghanistan alla lotta al Covid) l’interlocuzione con Mosca si farà, nei mesi a venire, sempre più fondamentale sarà meglio trovarsi nel ruolo di ponte diplomatico che la Germania ha negli ultimi anni interpretato. E come ha ricordato Gianni Bessi parlando con Inside Over dell’eredità della Merkel, l’inquilino di Palazzo Chigi appare come l’unico leader europeo che può nei prossimi mesi raccogliere il testimone della donna più potente d’Europa, sulla Russia e non solo.

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